Non diminuiscono gli sbarchi di migranti dal nord Africa

Questa notte sbarcati 249 a Lampedusa.

Gianvito Pugliese

In una notte a Lampedusa sono sbarcati quasi duecentocinquanta migranti e il centro di accoglienza della nostra isola nel Mediterraneo ospita attualmente millequarantatre migranti.

Dato parziale. Un quadro, sia pur appossimativo dei flussi migratori che si scaricano sulla sola Lampedusa, deve tener conto che trecentouno ospiti sono state trasferiti con un un traghetto a Porto Empedocle, sempre in Sicilia, mentre una nave militare si accinge ad operare il trasferimento di circa duecento a Reggio Calabria.

Dati ai quali vanno aggiunti quelli forniti da MSF (Medici Senza Frontiere) che ha annunciato di aver messo in salvo a bordo della sua nave Geo Barents centonovantasei naufraghi (tra cui quarantasei minorenni non accompagnati, sedici donne e un bimbo), strappati alla morte in mare in quattro differenti operazioni di salvataggio.

Ieri Lampedusa ha ospitato anche la visita della commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson, accompagnata dal Ministro degli Interni Piantedosi. Dalla Johansson parole di solidarietà e di plauso: la migrazione non è “solo una sfida italiana, ma europea. Non siete da soli“… “Sono colpita dal lavoro, svolto  quotidianamente da tutti coloro che sono qui. Voglio ringraziare, in particolare, la Guardia costiera e la Polizia”.

Un problema di enorme entità, tra guerre tribali e di confine che insanguinano buona parte del continente africano e crisi climatica con siccità assolutamente catastrofiche. Entrambe ragioni, egualmente valide, anche se norme assurde ed inique continuano a distinguere tra migranti politici ed economici, come se sfuggire alla morte per fame sia meno rilevante di sfuggire a bombardamenti. Certi “legislatori” forse dovrebbero provare sulla propria pelle cosa vuol dire morire di fame o di mancanza di medicine essenziali o, peggio, veder morire i propri figli per le medesime cause.

Ma forse non servirebbe a nulla neanche questo. Papa Francesco sperava e prevedeva che dalla pandemia di Covid-19 saremmo usciti “migliori”. Registro che, purtroppo, non è così. Gli egoismi sono arrivati alle stelle.

Non c’è dubbio alcuno che una seria soluzione vada ricercata nel risolvere i problemi nei Paesi d’origine. Ma, come spesso ci ricordava Emma Bonino, non sono problemi che si risolvono a breve termine. Il cosiddetto “Piano Marshall” per l’Africa é di complessità immane e richiede un intervento economico di dimensioni tali, che nessuna grande potenza può affrontare da solo. Né Usa, né Unione europea, né Cina, sono in grado di mettere in campo sa sole sufficienti mezzi. Occorre la cooperazione mondiale. Ma se do uno sguardo alla situazione del mondo ed ai leader dei vari Paesi, francamente, mi cadono le braccia.

Tutta gente che si limita a vantare grossi successi e progressi, che i fatti smentiscono regolarmente. Da ultimo l’accordo sulle politiche migratorie, per superare gli obsoleti e superati accordi di Dublino (5 giugno 1990). Abbiamo illustrato in dettaglio i contenuti. Ebbene al momento di varare il documento di approvazione Polonia ed Ungheria si sono messe di traverso, hanno fatto ostruzionismo e per il momento tutto all’aria.

Meloni e Morawiecki

Reazione, “dobbiamo ancora lavorare“, della Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, che oggi ha cominciato con l’incontrare il presidente del Consiglio polacco, Mateusz Morawiecki, più morbido dell’ostico ungherese Orban. Ma non sarebbe stato meglio incontrare e tentare di convincere il leader polacco Andrzej Sebastian Duda?

Comunque, aldilà dell’ostentato successo ottimistico le dichiarazioni finali congiunte dei due parlano chiaramente di fallimento della missione Meloni. Morawiecki: “Organizzeremo un referendum perché i polacchi possano dare il loro parere sull’immigrazione irregolare, su chi è il padrone: l’Ue o un Paese sovrano”. Meloni: “Non mi potrei mai lamentare di chi difende gli interessi nazionali, sono ammirata di come Morawiecki dimostra forza nel difendere l’interesse della Polonia ma non c’è divisione perché lavoriamo su come fermare la migrazione illegale, non su come gestirla”. Segue solita tiritera, che finge d’ignorare i tempi di realizzazione e l’immensità dei mezzi necessari: “Finché l’Europa pensa di risolvere il problema discutendo su come gestire i migranti quando arrivano sul territorio europeo, non troverà mai soluzioni reali, perché gli interessi delle nostre nazioni, anche banalmente per ragioni geografiche, sono diversi. Quello che mette insieme gli interessi di tutti gli Stati membri è fermare l’immigrazione illegale prima che arrivi da noi, con un lavoro completamente diverso che va fatto con l’Africa, di cooperazione non predatoria, di sostegno a quelle nazioni che a loro volta molto spesso sono vittime della tratta degli esseri umani, dei trafficanti della mafia del terzo millennio”.

I non pochi tifosi della Meloni mi vorranno perdonare, ma questa è demagogia a gogò. Si risolvono così i problemi epocali? Non credo.

Credo, invece, che la Meloni abbia avviato la sua campagna elettorale europea per cercare di ottenere il riconoscimento di leader europea della destra nazionalista e conservatrice, che spera che nel prossimo consiglio europeo divenga determinante per le alleanze in maggioranza e accesso nella Commissione europea.

Tradotti i fatti e non le chiacchiere, che continuano a stare a zero, questa è la sola vera chiave di lettura della missione in Polonia della Meloni, interpretata da un analista politico non di parte. A riprova è la politica interna nel nostro Paese. L’appello: “Remiamo tutti nella stessa direzione”, i fatti: “Decreti legge e apposizione della fiducia a qualunque provvedimento, per impedire finanche il dibattito parlamentare. D’altronde. Mediaset più occupazione Rai permettono quel gioco impunemente.

Unica remota speranza è che se ne accorga “il Popolo sovrano”, in realtà troppo impegnato a cazzeggiare sui social per seguire e preoccuparsi della politica del Paese, con buona pace dei gongolanti politicanti.

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