Il caffè con il lettore

Quando leggeremo la novella Divina Commedia di Dante, pardon Sgarbi?

Gianvito Pugliese

Carissime/i ospiti del caffè del mattino, per me non è il primo a dire il vero, gli argomenti non mancano, ma nonostante le pressoché infinite novità tra cui selezionare, vorrei tornare sull’argomento già discusso delle dimissioni di Vittorio Sgarbi, per un approfondimento che, analizzando insieme, credo scoprirete decisamente utile alla comprensione del più vasto argomento di come si porge questo nostro governo.

Lo spunto ce l’offre il TGcom24 che annuncia una retromarcia del critico d’arte dalle dimissioni da sottosegretario alla Cultura del governo Meloni.

C’era da aspettarselo, le dimissioni annunciate per certe ed imminenti erano solo uno specchietto per allodole inteso ad ottenere un’attenzione mediatica fuori dell’ordinario. Bravo, ci siamo caduti. Chi in buona, chi in mala fede, ma ha avuto uno spazio unico, anche perché è l’unico di un governo con ministri e sottosegretari, non solo inquisiti ma rinviati a giudizio, a parlare di proprie dimissioni.

Il Tgcom24 ci ricorda che Sgarbi, sindaco di Arpino, è in difficoltà anche lì dove gli rimproverano la scarsa presenza ed attenzione ai problemi della Città e che l’Antitrust ritiene che abbia violato la legge Frattini, sul conflitto d’interesse tra “attività professionali in veste di critico d’arte in materie connesse con la carica di governo“.

Ospite di Giuseppe Brindisi a Zona Bianca su Rete 4 Sgarbi dichiara “A breve invio dimissioni a Meloni…La lettera di dimissioni sto finendo di scriverla ed entro oggi la invio a Giorgia Meloni, ringraziandola per essere stata estremamente sensibile e rispettosa“. Una minuscola chiosa: sta finendo di scrivere una lettera di dimissioni o la novella Divina commedia dantesca? Il tempo potrebbe essere pari e se Divina non è commedia lo è di certo. Ma dice pure che avendo deciso di ricorrere avverso la pronuncia dell’Antitrust valuterà se nel tempo necessario per il ricorso potrà continuare a fare il sottosegretario. Una decisione che Sbarbi afferma essere solo della “premier” in pectore.

Ed alla Bit di Milano ha dichiarato: “Non sono ancora un ex sottosegretario. Le dimissioni le ho solo annunciate ma le devo ancora negoziare con il governo. In questo momento sono ancora sottosegretario alla Cultura, sia pure con annuncio di dimissioni. La mia agonia sarà lunga“,

Ed è quest’ultima la dichiarazione la più importante e significativa a mio modesto avviso. Se da un lato chiarisce che le dimissioni annunciate come immediate erano solo un escamotage mediatico, e siamo tutti dei “fessi” ad esserci caduti, c’è un passaggio della dichiarazione davvero degno di analisi ed approfondimento.

Provate ad indovinare? Che ospiti che ho! Più d’uno, anzi più d’una ha risposto perfettamente, in maggioranza hanno azzeccato la risposta le signore, ma pure i maschi si sono difesi bene. Il passaggio è “e devo ancora negoziare con il governo“. Stiamo parlando di dimissioni da Sottosegretario di un Ministero. Qui non parliamo né dell’acquisto di un’auto, un abito, o un immobile, né di una transazione con la controparte per provare a chiudere un’annosa controversia giudiziaria irrisolta. Pare che in questo governo, e Sbargi lo afferma e lo dimostra senza ombra di dubbio, i ruoli di Ministro, Vice Ministro e Sottosegretario, non siano pubblici e come tali assegnati perché ritenuti idonei ed adatti ad assolvere ad un compito. Pare che siano invece proprietà private, legittimamente acquisite dai nominati e, pertanto, intoccabili.

E per la seconda volta, me ne sto un po’ vergognando, mi tocca dare ragione a Sgarbi. E’ il comportamento della Meloni che legittima tale visione degli incarichi governativi, che ti spettano in forza dell’apporto di voti del tuo partito, ed all’interno di questo del tuo peso correntizio. Del Mastro docet. Non lo si tocca né quando è rinviato a giudizio per violazione del segreto d’ufficio né quando ad un veglione organizzato da lui e dalla sorella, Sindaco di Rosazza, viene ferito il figlio del capo scorta del Sottosegretario alla Giustizia da un colpo di pistola esploso dall’arma dell’onorevole Pozzolo e nessuno dice chi è che avrebbe sparato quel colpo nel bel mezzo dei festeggiamenti. Se facciamo una gara di omertà tra affiliati a cosa nostra, alla ‘ndranheta, alla camorra ed ai Fratelli d’Italia, perlomeno quelli presenti a quel veglione, ma credo non solo a questo punto, chi dite che vince? Lasciamo perdere Salvini a giudizio per sequestro di persona o Santanchè, che tra evasioni e truffe all’Inps, sta pure più inguaiata. E si sono aggiunti di recente Urso e Lollobrigida, alla schiera d’impresentabili.

Sbarbi a questo punto si sente legittimato a chiedere alla Meloni di negoziare le sue dimissioni, cioè dargli in cambio incarichi che sommati abbiano più o meno lo stesso peso del sottosegretariato che lascia.

Cosa si può concludere se non che non siamo a Palazzo Chigi, sede del Governo, ma al mercato delle vacche, con tutto il dovuto rispetto agli allevatori di vacche, venditori, e macellai, acquirenti. Loro sono, comunque persone serie e lavoratori.

A domani.

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