Divieto di esercitare il ministero al sacerdote che ha commemorato Navalny

La decisione del Patriarcato di Mosca sull’interdizione di un sacerdote scatena polemiche e disapprovazione.

Rocco Michele Renna

Il Patriarcato di Mosca ha scatenato un’ondata di disapprovazione e polemiche con la sua recente decisione di bandire un sacerdote dal ministero per aver celebrato la commemorazione di Alexei Navalny, l’oppositore politico deceduto. Il sacerdote Dimitri Safronov, della chiesa moscovita della Protezione della Beata Vergine Maria, è stato colpito da un divieto di tre anni, privato del diritto di impartire benedizioni, indossare la tonaca e la croce sacerdotale, e retrocesso al grado di salmista.

La scelta di punire Safronov ha sollevato domande sulla libertà religiosa e sui diritti umani in Russia. La sua unica colpa sembra essere stata quella di aver compiuto il suo dovere pastorale nei confronti di un membro della sua comunità, indipendentemente dalle sue opinioni politiche. La commemorazione di un defunto non dovrebbe essere motivo di censura o repressione da parte delle autorità religiose.

Safronov ha accompagnato la famiglia di Navalny durante il periodo di lutto e ha preso parte alle cerimonie funebri, come farebbe qualsiasi sacerdote per un membro della sua comunità. Il suo atto di compassione e sostegno umano è stato trasformato in un crimine, mettendo in discussione i principi fondamentali della libertà di culto e della separazione tra chiesa e stato.

Ciò che rende ancora più inquietante questa decisione è il fatto che le ragioni del divieto non siano state chiarite nel documento ufficiale del Patriarcato. Questo silenzio lascia spazio a speculazioni e timori sulle motivazioni dietro questa azione punitiva. È evidente che il gesto di Safronov sia stato considerato politicamente scomodo e che abbia scosso le sensibilità delle autorità religiose e politiche.

In un momento in cui la Russia è già oggetto di intense critiche internazionali per la sua politica interna e estera, la decisione del Patriarcato di Mosca non fa altro che alimentare ulteriormente la controversia. È un segnale preoccupante per tutti coloro che credono nei valori della libertà di espressione e della tolleranza religiosa.

In conclusione, il caso del sacerdote Safronov è un richiamo alla necessità di difendere i diritti umani e le libertà fondamentali in Russia e nel mondo. La sua interdizione rappresenta un passo indietro per la libertà religiosa nel Paese e dovrebbe essere condannata senza riserve da parte della comunità internazionale.

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