Cinquant’anni dei Bronzi di Riace

A Ferragosto del 1972 un sub appassionato di archeologia marina li ritrovò nel mare di Riace. ……Poi nel Museo….ma 50 anni dopo?

Maria Catalano Fiore

Due capolavori dimenticati. Sono trascorsi 50 anni dal loro ritrovamento, ma adesso si sentono tutti i loro 2500 anni. Ormai non se li fila quasi nessuno.

Potevano diventare un simbolo, una icona per il Sud, ma niente.

A distanza di 50 anni il modo in cui sono stati realizzati è ancora un mistero: sono alti 1,98 e pesano 160 kg., hanno labbra e capezzoli in rame, per imitarne il colore naturale, occhi di calcite, uno ha anche denti in argento, ma spiegabili.

Il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, finalmente ha chiesto l’inserimento nel patrimonio dell’UNESCO, ma ci vorranno molti anni prima che…

Questi due colossi di bronzo hanno, senza dubbio un legame antropologico con la Calabria, con quel che resta della Magna Grecia calabra. Il loro più grande conoscitore è Daniele Castrizio professore di “Numismatica Greca e Romana” all’Università di Messina e membro del Comitato scientifico del Museo Archeologico di Reggio Calabria. L’unico che li conosce da sempre.

In origine i Bronzi erano biondi e dorati e furono realizzati ad Argos, nel Peloponneso greco, entrambi nella metà del V secolo a.C. Stessa bottega, ma maestranze diverse. Il racconto del professore è avvincente e ben documentato:

Erano originariamente in 5 ed erano biondi e dorati, il nero lucido lo hanno assunto quando dopo la conquista della Grecia e le varie spoliazioni del 146a.C. furono trasportati a Roma ed esposti. Lo conferma un epigramma della Antologia Palatina” che parla di “Eroi di Argos portati via… diventati neri per una pittura allo zolfo dopo che si erano rotti, poi fusi in parte e rimessi al loro posto posto.” Durante il restauro, infatti, sono riemerse tracce di rifacimenti e risarciture.

Uno dei documenti più interessanti parla di una bottega di Pytagoras di Reggio, ad Argos, un bronzista considerato da Plinio il Vecchio tra i più eccelsi con Fidia, Mirtone e Policleto.

La loro carta di identità può essere dedotta senza dubbio nella fattura dei loro occhi, sono Eteocle e Polinice, figli di Edipo re di Creta e fratelli di Antigone.

I DUE BRONZI ED I LORO PARTICOLARI

Secondo Castrizio facevano parte di un gruppo di statue che rappresentava il momento appena precedente al duello fratricida tra Eteocle e Polinice fratelli di Antigone collegato con il mito di Edipo a Tebe e con la figura di Giocasta, moglie di Edipo che aveva le braccia allargate per cercare di fermare i suoi figli, vicino a lei la figlia Antigone e l’indovino Tiresia. Una rivisitazione “buonista” della tragedia antica magnogreca. Nella tragedia greca ( Papiro di Lille) Giocasta si uccide quando capisce di aver sposato il suo primo figlio Edipo. In preparazione del duello una delle statue digrigna i denti preparandosi, ecco perché sono realizzati in argento.

Perché sono finiti in mare? Probabilmente i Bronzi viaggiavano insieme ad altre opere d’arte, da Roma verso Costantinopoli, quasi/nuova Capitale dell’ Impero ma una tempesta avrebbe affondato la nave.

Con il ritrovamento del 1972 le statue sono riemerse, ripulite e restaurate a dovere, ma molte incognite restano tutt’ora su uno scudo e una lancia, ritrovati e poi spariti. Il sub Stefano Mariottini ha intascato 125 milioni di lire quale ricompensa. Dopo l restauro una processione di curiosi fecero ben sperare, ma dopo poco tempo tutto si è esaurito. Nessun Ministro per i Beni Culturali si è degnato di una visita, tantomeno Dario Franceschini che aveva ipotizzato una restituzione ad Atene in vista delle Olimpiadi.

Recupero del 1972

Il museo di Reggio Calabria, ad oggi, guidato da Carmelo Malacrino, ha 33 addetti (sui 95 disponibili), lo stesso direttore, più che offrirsi personalmente per le visite guidate, prenotate per legge, non può. Maneggi strani? Chissà. I due Bronzi restano li e se la ridono…..

Per seguirci su Facebook potete mettere il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivervi al gruppo lavocenews.it. Grazie.