Anche l’OMS conferma: “Fare tamponi a tappeto”

Il massimo organismo mondiale della Sanità ha confermato che, prima o dopo, bisognerà fare tamponi a tappeto per isolare il contagio

Vito Longo

Nel momento in cui l’Italia si preparava ad entrare nel c.d. “lockdown” (lett. “blocco”, ossia un’interruzione o sospensione di grossa parte delle attività economiche non necessarie), in molti abbiamo capito che non sarebbe potuto bastare chiudersi in casa fino al 3 Aprile.

Tanto per iniziare, la quarantena forzata dovrebbe estendersi, probabilmente, fino alla settimana successiva a quella pasquale, interrompendosi, quindi, il 20 di Aprile, a più di un mese di distanza dall’emanazione del decreto.

Una volta interrotta la reclusione domiciliare non potremo certo ricominciare come prima facendo finta che non sia successo nulla o che, peggio, non possa risuccedere. Occorrerà, almeno per un altro po’ di tempo, continuare a tenere alta la guardia, a partire dal mantenere il distanziamento sociale e all’evitare luoghi affollati.

Ma dopo? Dopo come si farà ad impedire che il virus torni a diffondersi e, nel contempo, a salvaguardare l’economia?

La risposta iniziava ad essere avanzata soprattutto negli ambienti economici, ma ora è confermata anche da virologi e medici: tamponi agli asintomatici, cura dei sintomatici e tracciamento.

Questo è il sistema utilizzato dalla Corea del Sud, da Singapore e da Taiwan.
Il metodo prende il nome di “metodo delle tre T”, dall’inglese: Test (“testare”), treat (“curare”), track (“tracciare”).

Su questo stesso modello si è mosso anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha dichiarato di non voler badare al bilancio. “Il Veneto è pronto a fare fino a undicimila tamponi al giorno su base volontaria. I nostri operatori sono dislocati vicino alle farmacie o ai supermercati” parole del presidente leghista.

È un sistema che può reggere? Sembra di sì e pare esserne convinto anche Roberto Burioni, uno dei frontman nella lotta alla diffusione da Covid-19. Certo, non in questa situazione di saturazione degli ospedali, ma una volta che si tornerà a respirare e ad essere meno affannati nella cura dei malati, sarà fondamentale isolare i contagiati asintomatici, straordinario vettore di diffusione del contagio. Una volta rilevata la loro positività, andranno isolati e andrà ricostruita la filiera dei loro rapporti nei due, tre giorni antecedenti per limitare la capacità di contagio anche di chi entrato in contatto coi soggetti.

È costoso farlo? Sì, abbastanza.
È difficile farlo? Sì, abbastanza.
È necessario farlo? Sì, assolutamente.

Come? Sfruttando big e smart data (tecnologie utili a rilevare posizioni e spostamenti, n.d.r.) come fatto in Asia.

Dovremo rinunciare ad una fetta della nostra privacy? Sì, ma d’altronde stiamo già rinunciando ad un diritto costituzionalmente garantito come la libertà di movimento. In questo momento è fondamentale spezzare la catena di contagio ed evitare che il problema si ripresenti tra poco tempo, con le inevitabili conseguenze del caso (neanche proviamo ad immaginare la situazione che si verificherebbe se dovessimo essere costretti a prendere misure identiche a quelle già prese adesso in piena estate), o, quantomeno, arrivare preparati se si dovesse riverificare una situazione del genere in autunno.

La strada sembra, dunque, tracciata. Dal 3 aprile in poi bisognerà farsi trovare pronti a “testare, testare, testare” come suggerito anche dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), perché è impensabile far ripartire il Paese senza porre adeguato argine alla diffusione di questo male.