No vax e no mask in piazza a Roma.

Manifestazione dei negazionisti a Roma. Più le sigle che le persone. Fra le prime Forza nuova, tra le seconde la Brigliadori.

GP

Volevano Piazza del popolo, fortunatamente per loro, che erano poco meno di millecinquecento, secondo la Questura di Roma, hanno avuto a Roma, altezza Bocca della Verità. Piazza del Popolo per le sue dimensioni, seconda solo a San Giovanni in Laterano, fa tremare i polsi a qualsiasi organizzatore. Si sarebbero dispersi. Magari speravano di spacciare per #noqualcosa curiosi e turisti che i Piazza del Popolo, che mi ricordi, non mancano mai.

C’era dal “popolo della mamme” a “Forza Nuova” ma i numeri erano quelli e per Roma sono praticamente nulla. Certo c’è chi, con un consenso virtuale di un ottavo degli aventi diritto al voto, parla sempre in nome degli Italiani, e siccome sono italiano anch’io lo diffido da queste pagine a parlare a nome mio. E’ normale, allora -quante saranno state le mamme “no mask” in piazza? un centinaio- che si arroghino il titolo di “il popolo della mamme”: colpisce la fantasia, fa “numeroso ed onnipotente, ma povere creatura nelle mani di certe incoscienti: altro che Bibbiano, non so che male abbiano fatto quei bimbi per dover subire certi genitori.

Il cartello: “Noi siamo il popolo” troneggiava. L’Italia per fortuna non è questo scampolo di dabbenaggine.

Hanno iniziato con dare una medaglia al Direttore dei servizi giornalistici de La7, Enrico Mentana. I loro fischi per la gente perbene sono medaglie infatti. Tanto dissenso si scatena dopo che sono riprodotte le parole del giornalista utilizzate in un post: “Erano decenni che non sentivo così tante boiate insieme come quelle che ho ascoltato in pochi minuti al raduno negazionista“. E fin qua poco male. Ma i manifestanti, prevalentemente assemblati e senza mascherina -ma qualcuno prudentemente la indossava- sono andati oltre. Passi il dissenso su Conte, ma poi il vilipendio indirizzato a Sergio Mattarella e Papa Francesco sono andati oltre i limiti del lecito. Una specie di santone ha bruciato le foto ed i cori sconci e volgari sovrabbondavano. La Digos sicuramente c’era ed ha ripreso. Ora tocca alla magistratura. Non per impedire la manifestazione di dissenzo, per carità, ma per prevenire crimini che non vanno sottovalutati.

Nella mia Bari ci fu il tempo delle sottovalutazioni e delle tolleranze, un po’ complici da parte di forze dell’ordine ed investigatori non proprio equidistanti, come dovrebbero essere. Finì con l’omicidio in piazza di Benedetto Petrone era il 27 novembre del 1977 e l’omicidio avvenne praticamente sotto gli occhi dei poliziotti incaricati di piantonare l’ingresso della Prefettura di Bari.

Riproduco qui di seguito la testimonianza di Franco Intranò, ferito nell’agguato, da L’Unità del 30 novembre 1977: “L’altra sera eravamo un gruppetto di compagni, abbiamo lasciato Bari Vecchia e ci siamo affacciati su corso Vittorio Emanuele. Erano le 20:30 o poco più, forse, e sapevamo che poco prima una banda fascista aveva intimidito e minacciato una ragazza. Improvvisamente ce li siamo visti venire incontro in tanti, sbucavano da via Piccinni, dove c’è la federazione missina, li abbiamo visti con le mazze chiodate in mano, siamo scappati, io verso la parte alta del corso, in direzione di piazza Garibaldi. Ma poi mi sono voltato, ho visto che Benedetto non ce la faceva per il difetto alla gamba, era rimasto all’angolo della prefettura. Uno degli squadristi gli stava di fronte, lo ha colpito con un coltello una prima volta, in basso: allora sono tornato indietro, mentre Benedetto cadeva e quello lo colpiva di nuovo, ho allungato il braccio per afferrarlo, e l’assassino mi ha ferito all’ascella.”

Mi piacerebbe intervistare Nicola Magrone, magistrato di turno all’epoca dei fatti, che indagò  sul rapimento di Enzo Marino, figlio di Angelo, presidente della Camera di Commercio di Bari e dirigente regionale della Democrazia Cristiana, avvenuto il 25 marzo 1977[8]: nel corso delle indagini, Magrone aveva svelato l’esistenza di legami profondi tra i militanti baresi del MSI, membri della criminalità organizzata ed esponenti della borghesia cittadina

Per carità non voglio creare inutili allarmismi -il Covid-19 ed i suoi morti bastano ed avanzazano- ma solo ricordare a chi ha il dovere di provvedere e che le sottovalutazioni di certe incitazioni alla violenza, se non fermate in tempo, possono portare a momenti da guerra civile ed a morti che fanno orrore. Perchè manifestare il dissenso è un diritto, costituzionalmente tutelato, e va difeso anche e soprattutto dai media, ma il vilipendio, l’incitazione alla violenza ed l’istigazione a commettere reati, non hanno nulla a che vedere con quella tutela: sono reati pericolosissimi e vanno perseguiti, non dico con severità, ma con fermezza sì e senza quella sottovalutazione che, talvolta, ha l’odore nauseabondo della complicità morale.

Care lettrici e lettori, capita in questo mestiere: parti dal riferire un fatto di cronaca, magari pure banale, e finisci per scrivere un editoriale. Spero di non averVi annoiato. Alla prossima.

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