Un toscano a zero ironia

Si dice che non ci sia toscano privo d’ironia. Forse perché l’Inferno, il maggior capolavoro di Dante, ne è infarcito fino all’inverosimile.

Gianvito Pugliese

Fra le persone più intrise d’ironia, che abbia mai conosciuto, il più alto gradino del podio spetta al grande regista teatrale Beppe Menegatti (Firenze 6 settembre 1929). Con alle spalle una formazione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” era, insieme a Franco Zeffirelli, grandissimo amico dei coniugi Menegatti-Fracci, fra i migliori allievi del grandissimo Luchino Visconti, di cui Beppe fu anche assistente. Poi l’incontro con la giovanissima danzatrice milanese Carla Fracci, che gli cambiò la vita. Il loro matrimonio è durato dal 1964 al 2021, anno della scomparsa di Carla. Un matrimonio intenso da cui è nato Francesco Menegatti, prestigioso architetto milanese, ma un matrimonio che rappresentò anche un sodalizio totale nel lavoro. Così Beppe, avviato verso una favolosa carriera di registra teatrale, si dedica prevalentemente a Carla ed agli spettacoli di danza. Nasce così in Italia la regia, e di livello eccelso nella danza, portando in Italia quella interpretazione che Isadora Duncan aveva introdotto nel resto d’Europa: invero un’autentica rivoluzione della danza. Carla e Beppe finiscono per creare una loro compagnia, su cui ho cose interessantissime da raccontarVi, ma sarà un’altra volta. La coppia (Beppe la mente) si dedica sia alla rivisitazione del repertorio classico, che alla creazione di nuovi spettacoli con Carla, sempre indiscussa protagonista. Beppe non ebbe esitazioni a sacrificare la sua carriera teatrale per dedicarsi anima e corpo a Carla, e ne fu artisticamente ripagato, realizzando spettacoli con Carla tutti di straordinario spessore artistico e di unanime successo strepitoso di pubblico e di critica.

Ebbene Beppe è stato sempre uomo tremendamente ironico e sfidarlo -sia pur amichevolmente- su quel piano significava per chiunque, me compreso, uscirne con le ossa rotte.

Ma cos’è l’ironia? Non si può essere ironici senza essere auto-ironici. Esercitare quell’arte (perché è un’arte) su se stessi è la sublimazione della stessa. A differenza del sarcasmo, l’ironia colpirà sempre il potente di turno. Mai oserà sfiorare il perdente, il battuto, quella è attività maramaldeggiante, cioè tipica di Maramaldo, che il condottiero fiorentino Francesco Ferrucci apostrofò con l’arci-famosa frase: “Vile, tu uccidi un uomo morto”. Maramaldo, condottiero napoletano, vendutosi allo straniero, come molti mercenari all’epoca -con appendici anche ai nostri giorni- divenne così, nell’immaginario collettivo toscano, con termine ormai desueto, una persona vile e meschina, qualcuno cioè che approfitta con vigliaccheria 

Se fino al 25 settembre in politica nazionale era giusto ironizzare su Draghi, i suoi ministri, i potentati all’ombra del governo, ce ne sono dietro qualsiasi governo del mondo e di qualunque tempo, dal giorno dopo, bersaglio dell’ironia è divenuto il centrodestra vincente (la Meloni in primis, indiscussa unica grande vincitrice dell’elezioni -partita il 1918 dal 4% ha incartato più del 26% che è più di tutto il resto dei suoi alleati della coalizione messa insieme).

Matteo Renzi, fiorentino classe 1975, di natura sarcastico, da molti, troppi è ritenuto dotato di fine ironia. E’ una convinzione che corrisponde al vero? Assolutamente no! Politico (qualcuno direbbe politicante) di lungo corso, ha iniziato la scalata al vertice da Presidente della Provincia e poi Primo Cittadino di Firenze. Poi la scalata alla segreteria del Pd che porterà ad oltre il 40% del consenso e la presidenza del consiglio, sostituendo quell’Enrico Letta al quale aveva assicurato con un famoso “Enrico stai tranquillo” di non aspirare a sostituirlo. Abile regista politico, forse il migliore nel nostro disastrato parlamento, è stato sempre dietro tutte le cosiddette congiure di palazzo, più in funzione demolitoria che altro.

Da ultimo ha fatto saltare l’alleanza di Carlo Calenda (leader di Azione) con +Europa, mandando a casa, salvo miracoli da riconteggio, un’icona dei diritti umani, che il mondo c’invidia, come Emma Bonino. Il Presidente Mattarella spero prenda in considerazione di farne nell’eventualità una Senatrice a vita.

Enrico Letta, segretario del Pd, auto proclamatosi colpevole della disfatta del centrosinistra, per non aver saputo o potuto realizzare “quel campo largo”, che propugnava da tempo, e che sarebbe stato competitivo e fors’anche vincente, almeno sulla carta, ed avendo perso circa quattro punti tra i pronostici della vigilia ed il risultato finale del Pd, ha annunciato le dimissioni irrevocabili da segretario (congresso pare a gennaio) per consentire al Pd un totale rinnovo. In realtà cosa difficilissima se non si tolgono di mezzo tutti i capi bastone, pardon i capi corrente, eterni ministri tessitori di perenni divisioni e sconfitte. Caro, Enrico Letta, da sempre, a memoria d’uomo, non il solo Pd ma tutta la sinistra è molto brava a suicidarsi con i veti incrociati; le divisioni di partiti e partitini in due e poi ancora quattro per una virgola in più o in meno nella relazione del congresso “inconcludente quanto inutile”, è la regola, la fisiologia non la patologia.

E così in un panorama politico disastrato, dove Salvini va dal 33% delle Europee ad un consenso elettorale ad una cifra, l’8 virgola qualcosa, Berlusconi perde qualcosetta, ma soprattutto i suoi storici colonnelli, Carfagna, Gelmini e Brunetta (prima le donne), ed i centristi si mettono in quattro (Lupi, Toti, Brugnato e Cesa) per non raggiungere il due per cento mentre dall’altro lato il Pd, perde qualcosa come accennato, Di Maio dato al 6%, insieme a Tabacci raggiunge solo l’1,5%, Frattoianni /Sin.It. e Bonelli /Federazione dei Verdi, superano la soglia di sbarramento, ma la sfiora +Europa senza raggiungerla. Andando al centro (i due centri), Azione + Italia Viva mantengono la sommatoria dei rispettivi voti incrementati di uno sputo, 4% Azione, 2% Italia Viva, 1% l’incremento per aver indicato come loro futuro presidente del Consiglio Draghi, che li aveva, peraltro, smentiti clamorosamente. Dall’altro i pentastellati recuperano tre quattro punti rispetto agli ultimi sondaggi, grazie ad una operazione spregiudicata del duo Grillo-Conte di esclusione dei parlamentari con due mandati. Conte giubila e si proclama vincente, ma di che? Nel 2018 il M5S aveva il 32/3% ora il 16 circa, ne esce più che dimezzato ed è gaudente? No comment, non si può sentire, è un oltraggio all’intelligenza, financo con un minimo sindacale di neuroni.

In questo sfacelo, l’unico che si fa da parte è Enrico Letta, e Matteo Renzi (colpevole con in suo Ettore Rosato, di questa schifosissima legge elettorale, in totale dispregio dei referendum costitutivi vinti dai cittadini e dalla società civile che volevano il proporzionale ed il voto di preferenza), non trova di meglio che maramaldeggiare nei confronti di Letta. Non pago di avergli sottratto la presidenza del consiglio, di aver distrutto un PD portato sì al 40% ma fatto finire più che dimezzato, tanto da essere tenuto a distanza da quel partito, di aver amoreggiato con Berlusconi per ottenere la regia della sua elezione a presidente della repubblica, ma rifiutato dal resto della destra, anche lì se l’è legata al dito. Non si è mai posto la domanda, se il suo isolamento non se lo sia cercato col lanternino? Eccolo, infatti, inveire, sbeffeggiare, insultare Letta e forte del suo potentissimo 2% decretare la fine irreversibile di quel Pd, che in quanto ex segretario dovrebbe amare, ma verso il quale trapela odio come come quello di uno stolker, rifiutato dall’ex compagna.

Se questa cara Boschi, Rosato e soci, è ironia, che vi affascina tanto, io sono un turcomanno. E’ sarcasmo ed anche della peggiore specie. Il livore non produce ironia, ma odio e sfacelo. Calenda, di cui parleremo domani, -oggi mi ha raggiunto un sua lettura sull’accaduto che ricorda i famosi “Fascisti su Marte”- è avvisato. A parlamentari e gruppi proclamati si vedrà la consistenza delle formazioni politiche in parlamento, peraltro ristretto. Come, solo ad incarico affidato, quasi certamente alla Meloni da parte del Capo dello Stato, si potrà cominciare a fare il poco appassionante toto-ministri, che oggi invece impazza.

Spaventoso, anzi terrificante, che il trentasei e passa per cento di astensionisti, crudamente da definire schifati e disgustati dalla pletora di politicanti all’orizzonte, e non solo in Italia, ma aver compagni al duol non scema la pena, è ormai un tema archiviato.

Non sarà facile governare col 36% di astensione, l’opposizione, in totale, maggioranza materiale, anche se non politica nelle elezioni, una guerra ed una pandemia che con buona pace del governo in pectore, molto sensibile alle istanze no vax, no gren pass, no-tutto, stasera segna oltre 58mila nuovi contagi. Sembra essere riesplosa alla grande non appena le cautele si sono abbassate. Evviva!

Se dico che non vorrei stare al posto loro, so che i miei lettori, che mi conoscono sincero fino al midollo, mi crederanno.

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