Il caffè con il lettore

Lo show di Donald Trump al Tribunale di New York dov’è imputato di truffe varie

Gianvito Pugliese

Trump litiga con il giudice e si lamenta del trattamento ricevuto al processo per frode a New York titola un interessantissimo articolo dell’Agenzia di stampa inglese Reuters a firma di Luc Cohen Jack Queen.

Sarebbe comico e lo è, anche se è una comicità assai amara, non appena si pensa che questo soggetto è in poll position per la candidatura repubblicana alla White Hause.

Donald Trump, infatti appena aperto il sipario, cioè chiamato a testimoniare, ha iniziato a lamentarsi ed inveire per un presunto trattamento ingiusto ricevuto dal Tribunale di New York, trasformando la testimonianza in un comizio sconclusionato e provocatorio dal banco dei testimoni, apparentemente improvvisato, ma in realtà ampiamente provato e riprovato. Il processo per frodi civili commesse nella sua attività a New York, in realtà lo preoccupa ed imbarazza parecchio. I suoi fedelissimi diventati testimoni dell’accusa lo inchiodano nell’angolo e Trump la butta in caciara, sperando di distrarre i futuri elettori.

Trump, come nel suo dna, è andato talmente fuori le righe che il giudice, stufo della buffonata arrogante e coatta, ad un certo momento lo ha minacciato di “abbreviare la sua testimonianza”.

Interrogato sulle attività contabili della sua azienda, il Tycoon non rispondeva e svicolava per introdurre il ritornello della persecuzione giudiziaria con fini politici, provocando l’ irritazione il giudice Arthur Engoron, Il momento è estremamente delicato, Engoron sta valutando se imporre multe e altre sanzioni per centinaia di milioni di dollari, Se comminate potrebbero, infatti, ostacolare seriamente l’impero immobiliare che Trump utilizza come bandiera nei suoi comizi.

Engoron ha dovuto minacciare Trump, evasivo e sfottente, di “rimuoverlo dal banco dei testimoni se non avesse risposto direttamente alle domande”. Ed ha poi chiesto a Christopher Kise. il legale dell’ex Presidente: “Puoi controllare il tuo cliente? Questa non è una manifestazione politica. Questa è un’aula di tribunale.”

Nonostante le mille intemperanze, finalizzate forse proprio ad indurre il giudice a sospendere l’audizione del testimone e la stessa seduta, Engoron ha portato in porto la testimonianza-farsa di Trump, che si è prolungata fino a metà del pomeriggio. Oggi sarà la volta della figlia Ivanka, non imputata in questo processo.

Sistematicamente Trump alle accuse rivolte ed ai fatti contestati rispondeva a picche facendo vanto delle sue proprietà e della sua ricchezza ed accusando Letitia James, procuratore generale di New York, di averlo preso di mira per motivi politici. Poi ha accusato il giudice Engoron di “sminuire il valore delle sue proprietà“, aggiungendo testualmente “Penso che questo caso sia una vergogna. Molte persone stanno lasciando New York proprio per questo genere di cose ,,, È un’interferenza elettorale perché vuoi tenermi in tribunale“.

Va chiarito che Engoron ha già giudicato responsabili di frode Trump ed i suoi figli maggiorenni per dieci delle sue società motivando con l’infedeltà delle valutazioni delle proprietà da parte degli imputati hanno elaborato le valutazioni. Un provvedimento, questo di Engoron, che potrebbe privare Trump del controllo di alcune delle sue proprietà più note. Trump è infatti ricorso in appello ottenendo una temporanea sospensione del provvedimento

Ma lo show ha funzionato solo parzialmente. Infatti Trump ha dovuto riconoscere di essere autore o coautore di alcuni documenti al centro del caso di frode. Secondo gli avvocati dello stato di New York “l’azienda di Trump ha aumentato il valore di torri di appartamenti, campi da golf e altri beni per ottenere condizioni di finanziamento migliori“. Conseguentemente valutando il suo patrimonio di oltre due miliardi di dollari, ha ottenuto finanziamenti non dovuti per oltre cento milioni di dollari.

Trump, messo alle corde, ha riconosciuto che tali stime non erano sempre accurate. Ma ha tentato di uscire dall’angolo sostenendo di aver precisato alla Deutsche Bank, che le stime potevano non essere adeguate.

Indispettito dall’aver dovuto ammettere parte dell’accusa ha attaccato: “Questo è un processo molto ingiusto, molto, molto ingiusto, e spero che il pubblico stia guardando”. Lui. in altri termini. si ritiene legibus solutus (ndr, non soggetto alle leggi).

Questo processo civile non è a rischio prigione, come i quattro casi penali che Trump sta affrontando, ma il procuratore generale James chiede multe da duecentocinquanta milioni di dollari, nonché restrizioni di somme indebitamente ottenute e tanto impedirebbe a Trump ed ai suoi figli Eric e Donald Jr. di proseguire a gestire affari nel loro stato d’origine.

Poi Trump ha dovuto accusare un brutto colpo: la testimonianza di Michael Cohen, ex avvocato e faccendiere dell’imputato. secondo il quale Trump gli ha ingiunto di “modificare i rendiconti finanziari per aumentare il suo patrimonio netto“. Ha poi provato che Eric e Donald Jr., che gestivano la Trump Organization durante il periodo del padre alla Casa Bianca nel 2017-2021, hanno manipolato il valore delle proprietà dei trofei, tra cui Mar-a-Lago. I due figli hanno tentato di scaricare la responsabilità sui loro contabili.

Stessa linea difensiva del padre che però ha dovuto ammettere “Forse ogni tanto avrò dato qualche suggerimento”. Ha dovuto ammettere che nelle sue aziende non erano stati nominati i responsabili delle frodi. In realtà ha risposto che lo erano: “Uhm, tutti”. Cioè nessuno.

Alla fine della testimonianza Trump si è ritrovato multato dal giudice Engoron di 15.000 dollari per aver violato due volte un ordine di silenzio limitato. 

Trump che, afferma Reuters per il suo “affollato calendario legale” rischia di non poter fare la campagna elettorale per gran parte del prossimo anno, nei sondaggi d’opinione “detiene un vantaggio dominante nella corsa per le nomine repubblicane“.

A dirvela tutta care lettrici e gentili lettori, confesso di aver molto criticato i repubblicani d’America capaci di provare simpatia ed ammirazione per un uomo così, manifestamente responsabile finanche di un tentato colpo di stato con l’assalto a Capitol Hill. Ho aggiunto, infervorato: “Solo un popolo di bovari, Voi chiamateli cowboy, ma sempre bovari sono e restano, può idolatrare un essere talmente abbietto“.

Ci ho ripensato, come sempre faccio a proposito delle mie affermazioni. Ed ho ripercorso la storia politica del nostro Paese, tornando indietro di una trentina d’anni. Ho dovuto prendere atto che sono comparsi e si sono affermati sulla scena politica di un Paese, con la nostra storia di civiltà democratica, sociale e giuridica, personaggi non molto diversi da Trump, con patrimoni immensi creati dal nulla chissà come, immagine pubblica costruita sulle qualità di furbacchione e di spregiudicato,

Mi sono chiesto come mai ero caduto in quell’errore, pensa e ripensa me lo sono spiegato. In Usa è tutto big. Ecco perchè non mi ero accorto che i trampini di casa nostra, in fondo in fondo, non erano poi tanto diversi dall’originale ed i pecorai ed i brambilla parvenu, tali e quali agli equivalenti bovari made in USA, salvo essere molto più piccoli.

Non ci crederete, ma la scoperta, che mi ha aperto gli occhi sul mio Paese, mi è alquanto dispiaciuta.

Per seguirci su Facebook mettete il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivetevi al gruppo lavocenews.it. Le email del quotidiano: direttore@lavocenews.it o info@lavocenews.it. Grazie.