Dopo 30 ore a Ravanusa si continua a scavare

Al momento sono sette le vittime estratte, si cercano due dispersi ancora sepolti dalle macerie

Gianvito Pugliese

Passa il tempo, sono più di trenta ore da quando un boato ha devastato a Ravanusa un’area di oltre diecimila metri. Ieri il nostro titolo, “Ravanusa come Beirut”, frase pronunciata da Salvo Cocina, il capo del dipartimento regionale della Protezione Civile, poteva apparire un’esagerazione. Oggi, alla luce di particolari che emergono e che fanno chiarezza sulle dimensioni del disastro, scopriamo che non si esagerava per nulla, anzi.

Intendiamoci, la tragedia maggiore sono i nove morti, sette estratti dalle macerie e due ancora sepolti sotto montagne di detriti, quanto resta di quattro palazzine crollate in pochi attimi. Stamane alle 6,30 circa il ritrovamento di altri quattro corpi, estratti privi di vita dalle macerie.

Insieme alla due donne ferite, ieri sono stati estratte tre vittime. Si tratta di Pietro Carmina, 68 anni, docente di storia e filosofia dell’istituto Foscolo di Canicattì, Maria Crescenza Zagarrio, 69 anni e di Calogera Gioachina Minacori, 59 anni. Si sta cercando di dare un nome alle altre quattro vittime.

Le parole di una donna di 79 anni, estratta viva per prima dalla macerie, dopo non più di una quarto d’ora dallo scoppio, rende più di qualsiasi commento il senso della tragedia: “In quella palazzina ci abitavano 9 miei familiari, sotto quelle macerie ci sono tutti i miei parenti, vi prego: aiutateci”.

Abbiamo anticipato che l’esplosione di un tratto della condotta cittadina del metano è la causa più probabile della devastazione di un’area di diecimila metri quadrati. Quattro palazzine sono crollate, tra cui quella dove al terzo piano dello stabile, occupato da diversi nuclei familiari imparentati fra loro, andato completamente distrutto, si trovavano le vittime.

La procura di Agrigento ha aperto una inchiesta per omicidio e disastro colposi. Lo ha reso noto il procuratore Luigi Patronaggio, alla conclusione di un incontro con Protezione civile, Vigili del fuoco, Comune e Forze dell’ordine. “L’ipotesi privilegiata è quella di una fuga di metano. Abbiamo posto sotto sequestro al termine di un primo sopralluogo un’area di 10 mila metri quadri, ma dopo un ulteriore sopralluogo potremmo decidere di mettere in sicurezza altre aree”.

Sempre per quanto attiene le indagini, diverse persone riferiscono che da alcuni giorni si avvertiva puzza di gas. Italgas fa sapere che nessun tipo di segnalazione di perdite di gas è mai stata fatta al suo Pronto intervento nell’ultima settimana, Esclude, altresì, che vi fossero loro cantieri.

Sono circa quaranta gli edifici che sono stati coinvolti nell’esplosione. Di questi, quattro sono crollati e tutti gli altri hanno subito gravi danni strutturali. Un intero isolato – il quartiere Mastro Dominici – è stato devastato. Confermato che gli sfollati, i più ospitati in strutture comunali, sono un centinaio.

La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, fa sapere il Viminale, è in costante “contatto con i vertici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa Civile per seguire le ricerche dei dispersi”.

Il Capo della Protezione civile Fabrizio Curzio: “Il nostro sistema si è mobilitato sin dai momenti iniziali che sono quelli più difficili. Abbiamo centinaia di operatori, professionisti, i cani molecolari, le tecnologie. Stiamo facendo il massimo in questa prima fase. è stato un evento importante con una forte onda d’urto. Le operazioni di soccorso sono ancora in atto per cercare e soccorrere le persone e mettere in sicurezza l’area. Tutta la catena di è mossa per soccorrere la gente e ci siamo accordati per dare risposte non solo in questa fase”.

Il comandante dei vigili del fuoco, Guido Parisi: “Fino all’ultimo lavoreremo per estrarre dalle macerie le persone coinvolte. Quando si fa squadra diamo il meglio e il nostro impegno proseguirà fino alla fine. Abbiamo messo in campo le migliori risorse disponibili, il meglio che si può offrire. Verificheremo le cause, è necessario farlo per realizzare prevenzione”.

Il sindaco Carmelo D’Angelo, grato per “l’intervento sinergico e immediato che ha consentito e sta consentendo di soccorrere le persone. Tutto il Paese è con noi, il presidente Mattarella ha espresso vicinanza e solidarietà totali alla nostra comunità, ma l’attenzione per questa gente deve restare massima, anche dopo questi momenti: queste persone hanno perso tutto e meritano tutta l’attenzione possibile, di non essere lasciate sole”.

Dichiarazioni tutte ineccepibili. Ma due mi hanno colpito ed indotto a qualche riflessione.

La prima, “Verificheremo le cause, è necessario farlo per realizzare prevenzione” conclude il comandante dei Vigili del fuoco. Prevenzione, parola magica, quanto pressoché sconosciuta. Questa tragedia, di immani dimensione, che ha visto perdere vite umane, e che poteva anche andare assai peggio in termini di morti, considerata la vastità dell’area interessata allo scoppio, ci fa capire come, in realtà, siamo seduti su potenziali bombe, in tutte le città e paesi della nostra Italia. Il gas, bene prezioso in cucina di ciascuno di noi, come nel riscaldamento delle case, dove ha sostituito pressoché totalmente il petrolio, con vantaggi sia per l’ambiente che per l’economia, attesi i costi molto minori, richiede una rete sotterranea di distribuzione.

Siamo abituati a camminarci sopra tranquillamente non immaginando che qualcosa possa andare storto e che la tragedia e dietro l’angolo. Non lo scoderò mai, ero un bambino e mentre percorrevo stringendo la mano di mia madre la strada di casa mia, in pieno centro di Bari vedemmo a pochi metri da noi il centro della carreggiata prendere fuoco, che si estendeva per oltre un centinaio di metri. Era una dispersione dalle condotte del gas che una scintilla qualsiasi aveva trasformato in una visione da inferno dantesco. Per me, che non avevo l’età per comprendere a fondo il pericolo, fu motivo, non dico di divertimento, ma di grande curiosità e di velato orgoglio, perché mi permetteva di raccontare “la grande avventura” agli amichetti ed ai compagni di scuola.

Ora, gli anni non passano invano, mi rendo conto che siamo seduti su qualcosa che, finché tutto funziona perfettamente, non crea nessun problema, ma se qualcosa, come a Ravanusa, va storto, può innestare reazioni a catena e trasformare le nostre belle città ed i ridenti paesi in un cumulo di macerie e, peggio. in un cimitero all’aperto per gli abitanti.

Possibile che andiamo sulla Luna, su Marte. anche se solo con una sonda, i satelliti artificiali rendono le nostre comunicazioni intercontinentali un gioco da ragazzi e non siamo capaci di inventare e montare, sensori di perdite di gas collegabili a paratie di chiusura per isolare e mettere in sicurezza automaticamente il tratto difettoso?

Lo so, c’è un costo, soprattutto nell’impiantare una cosa del genere, ma la domanda è: “Quanto vale la vita umana?”

La seconda. Il Sindaco dice non lasciamoli soli. Credo che sia in perfetta buona fede, guidato dalla pietà e dall’orrore che certe scene non possono non suscitare. Ma il Sindaco di Ravanusa, al pari di me, ha ben chiare le immagini delle case dei terremotati, delle splendide cittadine umbre e non solo, dove a distanza di anni ci sono ancora macerie per le strade, palazzi lesionati. Paesi destinati all’abbandono, oltre che dalle Autorità preposte, anche dai cittadini, dal momento che non si possono più esercitare attività economiche e nemmeno viverci dignitosamente.

Per carità, non siamo talmente ingrati da non vedere quanto impegno si sta mettendo perché quelle vittime non rimangano un minuto più del necessario sepolte sotto le macerie, ma ha ragione il Sindaco che si preoccupa in questo momento anche del futuro dei suoi concittadini colpiti dalla sciagura. Troppe volte abbiamo visto che fine fanno gli sfollati, abbiamo registrato promesse non mantenute, abbiamo assistito alle passerelle dei politici, che poi, appena voltato l’angolo, hanno voltato anche le spalle.

E questa è forse la peggior tragedia nella tragedia.

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