“Se io fossi un angelo”

Sono passati dieci anni dalla morte di Lucio Dalla

Cinzia Montedoro

Certo chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche
il pensiero è come l’oceano,
non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare.

(Lucio Dalla- Come è profondo il mare, 1977)

Sono passati dieci anni dalla sua morte, il primo marzo 2012 tre giorni prima del suo compleanno Lucio Dalla ci lasciò, la sua ultima esibizione a Montreux, uno dei festival jazz più importanti del mondo e per lui, che era nato jazzista, rappresentava il coronamento di un progetto di vita. Cantava, scriveva e suonava il pianoforte, il sassofono e il clarinetto numerosissime le canzoni esportate all’estero e tradotte. Dalla è stato un’artista che ha lasciato un’impronta profonda nel panorama artistico italiano e internazionale, la sua una carriera lunga cinquant’anni. Cinquant’anni trascorsi a intrecciare parole e melodie, a raccontare l’anima del bel paese tra memoria e musica leggera.

“Piazza Grande”, “4 marzo 1943”, “Caruso”, “Anna e Marco”, “L’anno che verrà” sono solo una piccolissima parte della produzione della sua lunga carriera, Dalla è stato un autodidatta e non aveva particolari conoscenze teoriche eppure da ragazzo ha suonato con grandi del jazz come Chet Baker. Lo ricordiamo a  Sanremo, quarant’anni dopo la mitica esibizione di “4/3/1943”. Era arrivato all’Ariston come padrino di PierDavide Carone nella doppia veste di direttore d’orchestra e cantante.

Lui profeta della musica, attraverso le parole ha regalato al mondo intero emozioni: oggi nel suo ricordo, quei testi sono più attuali che mai.

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