Masseria Mellini

Un capolavoro dell’architettura ottocentesca

Vito Tricarico

Un boschetto di pini dall’ombra fresca e protettiva ed una piscina (cisterna) in pietra per la raccolta di acqua piovana, sormontata da un gigantesco puteale, costituito da un monoblocco in pietra locale lavorato, posto a protezione della sua apertura e sicurezza, accolgono il visitatore giunto a Masseria Mellini in territorio di Palo del Colle, al confine con quello di Toritto.

Oltre, una imponente costruzione si staglia in direzione nord-sud per una lunghezza di circa 35 metri. Il massiccio fabbricato in pietra è costituito da diversi corpi di fabbrica, ognuno dei quali è fornito di ampi portali d’ingresso, per un totale di quattro. Il portale più ampio e più alto, il secondo da sinistra, é a dir poco monumentale, quasi una porta d’ingresso di un’antica città. Il perfetto arco a tutto sesto del portale è sormontato, sulla chiave dell’arco, da un blocco di pietra che porta scolpita la data 1883. Tutto questo fa di questo opificio un bene architettonico segnalato.

La muratura in blocchi lapidei perfettamente squadrati invita il visitatore a soffermarsi sull’architettura del manufatto ottocentesco. La meraviglia e il senso di stupore continuano subito dopo aver oltrepassato la soglia dell’ingresso principale: Impostato su una planimetria a pianta quadrata, lo spazio centrale è coperto da volte a crociera con archi a tutto sesto che si succedono armonicamente sia longitudinalmente che in senso verticale, creando una successione euritmica e modulata di vele e spicchi in successione multidimensionale. Il grandioso edificio, nei tempi passati utilizzato come frantoio, palmento e per il magazzinaggio dei prodotti della terra, si presenta con la pavimentazione, presente parzialmente con le antiche e spesse chianche, le lastre in pietra calcarea pugliese.

Nel primo stanzone del complesso, che guarda a nord, esiste una scala che porta al piano inferiore, perfettamente simile, nella sua disposizione planimetrica, a quello superiore. Anche qui, purtroppo, è visibile l’opera dei vandali e dei ladri, che hanno asportato le chianche lasciando solo rovine e polvere. Su questo livello inferiore, esistono diverse aperture sul piano di calpestio, che immettono nelle varie capienti cisterne. Queste dovevano servire, alcune come deposito di acqua piovana, altre, per lo stivaggio dei liquidi, come olio e vino, che venivano lavorati nel grande complesso.

Risalendo al piano superiore nel primo stanzone, si ha modo di osservare che il suo piano di calpestio è superiore al livello delle altre stanze e mette in comunicazione con una grande porta che guarda a nord. Essa doveva servire per effettuare il carico dei prodotti ad una altezza diversa rispetto alle porte che guardano a ovest. Si ha l’impressione che questo grandioso opificio in pietra della seconda metà dell’Ottocento situato ai confini di Palo, integro nelle sue parti essenziali, possa ancora essere utilizzato come nei desideri dei progettatori e dei proprietari, oltre che continuare ad essere ammirato come capolavoro di architettura.

A pochi metri di distanza da questo opificio datato 1883 esiste anche un altro complesso, senz’altro di epoca precedente. E’ costituito da vari ambienti per il ricovero e l’allevamento di ovini ed equini e l’alloggio del personale accudente. Un profondo pozzo per la raccolta delle acque piovane, ormai privo di puteale o di altra protezione, giace al bordo di questo fabbricato. Era la riserva preziosa di acqua, necessaria alla vita di persone e animali in un periodo in cui questa non veniva fornita dall’AQP.

Per seguirci su Facebook mettete il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivetevi al gruppo lavocenews.it. Le email del quotidiano: direttore@lavocenews.it o info@lavocenews.it. Grazie.