Giorno 580

Argomentazioni puntuali come sempre che portano a concludere che lo sfondamento non c’è ancora, ma le condizioni perché si verifichi ormai ci sono quasi tutte.

Orio Giorgio Stirpe

Intuisco che è tempo di un aggiornamento.

Seguendo tanto i media mainstream che i social, soprattutto nazionali ma anche internazionali, mi sembra di capire che la maggior parte dei commentatori non abbia afferrato una cosa. La situazione sembra più o meno la stessa di un mese fa, ma non è così: quella che appare da tempo, una lenta azione di logoramento, sembra proseguire perché il ritmo di avanzata rimane bassissimo, ma i meccanismi alla base delle dinamiche in atto sul terreno sono cambiati.

Ricapitoliamo quello che stava accadendo fino a poco tempo fa.

Posti di fronte alle conseguenze operative delle perdite catastrofiche subite in un anno e mezzo di offensiva a testa bassa, correlate più che alla quantità delle perdite in uomini e mezzi alla loro qualità (professionalità e rango dei caduti e modernità dei mezzi disabilitati), e che hanno portato alla perdita dell’iniziativa, i russi si sono concentrati sul compito di impedire l’inevitabile controffensiva di un avversario incattivito e altamente motivato, che oltre ad aver subito perdite quantitativamente minori, ha anche acquisito grazie agli aiuti internazionali un crescente vantaggio qualitativo che gli ha consentito di assumere l’iniziativa. Questa iniziativa per fortuna dei russi, non si concretizza in un elevato ritmo operativo a causa della perdurante inferiorità numerica e dell’assenza di potere aereo effettivo.

In queste condizioni i russi hanno compensato con l’immissione in combattimento di grandi quantitativi di forze (uomini e mezzi) di bassa qualità e la ricostituzione di un certo numero di Unità relativamente professionali e ancora bene equipaggiate attraverso la procedura di raggruppamento. Con tali strumenti, hanno adottato una forma di difesa statica a livello operativo (cioè basata largamente sulla costituzione di difese fisse ancorate al terreno) ed estremamente dinamica a livello tattico (cioè prevedendo il contrattacco quale azione tattica di preferenza per respingere la manovra avversaria). In questo modo si massimizza il valore della disponibilità di vaste masse di mobilitati e si esalta quello delle Unità di manovra rimaste.

Tutto questo si basava sulla fiducia riposta nella propria artiglieria, ancora largamente professionale e superiore tanto in numero che in capacità rispetto a quella nemica, e sulla disponibilità di una quantità immensa di mine terrestri, disposte frettolosamente sul terreno in grandi fasce profonde diversi chilometri e comprendenti le aree aperte e i campi coltivati della zona difensiva. L’idea era che i campi minati avrebbero impedito la manovra delle unità meccanizzate ucraine e la combinazione di fuoco diretto dei mobilitati nelle trincee e di fuoco indiretto delle artiglierie avrebbe reso impossibile lo sminamento e quindi il forzamento delle fasce minate. Laddove gli ucraini fossero riusciti a penetrare ugualmente, le Unità di manovra avrebbero contrattaccato immediatamente attraverso i corridoi lasciati appositamente liberi dalle mine per ricacciare gli ucraini dalla loro parte dei campi minati. Era imperativo impedire agli ucraini di arrivare a ridosso delle linee fortificate gestite dai mobilitati perché questi, male addestrati, malissimo equipaggiati e praticamente non comandati, non sarebbero stati in grado di resistere ad un assalto diretto delle forze meccanizzate avversarie.

Per superare questo tipo di difese, gli ucraini hanno rapidamente adattato le loro procedure tecnico-tattiche alla nuova situazione operativa (non hanno “cambiato il piano”, bensì le procedure per eseguirlo sul terreno).

Innanzitutto, hanno fatto tesoro della nuova artiglieria occidentale, distruggendo rapidamente il complesso di superiorità dei russi in tale campo: con obici di maggior calibro e precisione hanno cominciato a battere non solo i depositi di munizioni, ma direttamente gli schieramenti di artiglieria nemici, colpendoli ad una distanza tale che questi non potessero rispondere: in tale modo hanno rapidamente ottenuto un vantaggio locale in termini di fuoco terrestre, assolutamente indispensabile in una guerra di posizione in cui non si dispone né di superiorità numerica né di potere aereo.

In secondo luogo, invece di impiegare le unità meccanizzate della massa di manovra per attaccare in campo aperto, hanno impiegato le unità di fanteria leggera per attaccare le aree boschive che delimitano i campi coltivati minati e in cui si schierano gli avamposti russi destinati a prevenire lo sminamento: tali aree boschive – e i piccoli centri urbani – corrispondono ai corridoi di manovra per i contrattacchi, e sono naturalmente più difficili da minare e più facili da difendere per la fanteria appiedata, sia questa fanteria leggera ucraina o mobilitati russi.

In questo modo gli ucraini avanzavano lentamente, filare d’alberi dopo filare d’alberi, villaggio dopo villaggio, aggirando i campi coltivati pieni di mine uno alla volta e creando così un minimo di sicurezza per consentire ai genieri di aprire corridoi nei campi stessi: l’artiglieria russa come visto era stata soppressa in larga parte (anche grazie ai suoi problemi logistici), e il tiro diretto era eliminato dalla lenta infiltrazione della fanteria leggera ai danni dei mobilitati russi.

Le Brigate pesanti restavano in riserva, ma nel frattempo ruotavano i propri battaglioni inviandoli uno alla volta per brevi periodi a combattere quali riserve tattiche delle Brigate leggere, in modo da fornire loro supporto e fare esperienza con i nuovi mezzi e tattiche occidentali.

Di fronte a questa tattica, i russi erano costretti a lanciare i previsti contrattacchi con frequenza crescente per cercare di impedire agli ucraini di arrivare a contatto con le difese statiche tenute dai mobilitati. Questo significava che le unità di manovra russe contrattaccavano per forza di cose frontalmente le posizioni appena occupate dagli ucraini, e lo facevano senza l’abituale superiorità di artiglieria e senza vantaggio numerico, bensì con un rapporto raramente superiore all’1,5:1. Il problema però era soprattutto che invece di scontrarsi con la fanteria leggera ucraina che aveva preso la posizione da riconquistare, si scontravano con le riserve pesanti avanzate alle loro spalle.

Di qui le gravi perdite subite dalle riserve russe nei loro contrattacchi, e l’apparente incongruenza con l’assioma che di massima chi attacca subisce perdite più gravi: di fatto, gli ucraini conducevano operazioni controffensive, ma a livello tattico erano quasi sempre i russi ad attaccare, senza però la superiorità numerica e di fuoco di cui si dovrebbe disporre attaccando.

Bene: se questo era ciò che accadeva da fine giugno all’ inizio di settembre, cosa è cambiato adesso, visto che continua lo stillicidio dei supposti sfondamenti e delle avanzate di poche centinaia di metri?

È cambiato che anche la fascia minata più profonda, prima o poi finisce. Con perseveranza, tenacia e spirito di sacrificio frutto di un’elevatissima motivazione al combattimento che dovrà essere accuratamente analizzata in futuro, gli ucraini sembra abbiano aperto una breccia: non tanto nella famosa “Linea Surovikin” che tanto eccita molti commentatori innamorati delle foto via satellite che mostrano le trincee scavate mesi fa dai russi, quanto nella complessa, profonda e densissima fascia dei campi minati d’interdizione che si trovano sul davanti di tali trincee e che nelle foto satellitari disponibili al pubblico non si vedono.

Per fare un parallelo esplicativo: la fascia minata rappresenta il muro di mattoni; i “denti di drago” sono la vernice sulla parete interna. Il fatto che in un piccolo settore la vernice sia venuta giù non è tanto importante: lo è che siano caduti i mattoni che gli stanno dietro.

Quello che sta succedendo adesso è diverso: ora gli ucraini non stanno più grattando i mattoni con la fanteria leggera; non ci sono più semplici battaglioni delle Brigate pesanti ad affrontare i contrattacchi russi, e i contrattacchi non sono più eseguiti dalle Unità di riserva delle singole Armate russe. Ora che ritengono di aver aperto la breccia, gli ucraini hanno mandato avanti alcune delle famose Brigate pesanti della massa di manovra: sono quelle che combattono nella breccia fra Novoprokopivka e Verbove per allargarla e procedere oltre. E i contrattacchi russi sono effettuati dal meglio di ciò che resta delle forze di élite russe, su tutte la 76^ Divisione delle VDV e i marines della Flotta del mar Nero.

Quella che si sta svolgendo in questi giorni non è più una battaglia di logoramento, ma una battaglia di incontro, in cui si stanno scontrando frontalmente le migliori unità pesanti dei due eserciti: la 76^ VDV russa contro l’82^ aviotrasportata ucraina (entrambe “pesanti” come da dottrina sovietica). Il fatto che il fronte non si muova più di tanto non è dovuto alla staticità delle rispettive posizioni, ma allo sforzo offensivo-controffensivo delle rispettive azioni dinamiche.

Fra l’altro è cambiato anche lo scenario: prima si combatteva a stretto contatto, in ambienti compartimentati quali le aree boschive lineari e i piccoli centri abitati che delimitavano gli ampi campi coltivati intensamente minati; ora si combatte in campo aperto, soprattutto nei campi a sud-ovest di Verbove, che come si vede sulle innumerevoli cartine disponibili sui social, sono aperta campagna… Una campagna che evidentemente non è più intensamente minata come quella più a nord, visto che ci operano i carri armati Challenger II e i mezzi da combattimento Marder e Bradley dell’82^.

Otteniamo scarsi riscontri perché le Brigate e i reggimenti impegnati sono a contatto da diversi giorni e i soldati che fanno le riprese e poi le postano su internet al momento hanno altro da fare che giocare con i telefonini.

E non è un caso se proprio adesso Lavrov ha fatto qualche passo avanti con le sue proposte, e gli alleati occidentali hanno lanciato una nuova serie di aiuti all’Ucraina.

Siamo ancora lontani dal poter dire: “è fatta”… Ma di sicuro le cose si stanno muovendo: lo sfondamento non c’è ancora, ma le condizioni perché si verifichi ormai ci sono quasi tutte.

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