Morto Matteo Messina Denaro

Era detenuto da soli otto mesi, dopo trent’anni di latitanza,

Gianvito Pugliese

In concomitanza con la notizia della morte a causa del cancro di cui soffriva il boss mafioso superlatitante. si apprende nei dettagli il contenuto dell’interrogatorio del 13 febbraio dinanzi ai magistrati palermitani, meno di un mese dopo il suo arresto avvenuto il 16 gennaio 2023.

Tra le fasi più significative di Matteo Messina Denaro rivolte al Procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia, e all’aggiunto Paolo Guido. in apertura dell’interrogatorio: “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante“, “Non sono un mafioso” e “non mi pentirò mai, “Ora che ho la malattia non posso stare più fuori e debbo ritornare qua. Allora mi metto a fare una vita da albero piantato in mezzo alla foresta”

Ha quindi affermato che a Campobello di Mazara, dove viveva con un’altra identità trascorreva una vita, normale in cui “giocavo a poker, mangiavo al ristorante, andavo a giocare“. Poi arriva la sua autoassoluzione in quanto mafioso e criminale: “Io mi sento uomo d’onore, ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali… magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra“. Poi, contraddicendosi, da boss mafioso doc. nega tutto “Stragi e omicidi… non c’entro nella maniera più assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare“.

Accusa Brusca dell’omicidio del dodicenne Di Matteo rapito e sciolto nell’acido per punire il padre: “Una cosa fatemela dire: forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo, ma con l’omicidio del bambino non c’entro e io mi sento appioppare un omicidio, invece secondo me mi devono appioppare il sequestro di persona. Non lo faccio per una questione di 30 anni o ergastolo, per una questione di principio. E poi a tutti… cioè loro lo hanno ammazzato, lo hanno sciolto nell’acido e alla fine quello a pagare sono io? Ma ingiustizie quante ne devo subire”?

Alla domanda dei magistrati in merito all’audio in cui, dalla macchina in cui era bloccato dal traffico, insultava Giovanni Falcone in una telefonata con una ricoverata in ospedale, con cui intratteneva un rapporto sentimentale (Matteo Messina Denaro, anche da latitante, è risultatio essere un aitentico Don Giovanni) risponde: “Io non è che volevo offendere il giudice Falcone, non mi interessa… Il punto qual è? Che io ce l’avevo con quella metodologia di  commemorazione. Allora, se invece del giudice fosse stato Garibaldi,  la mia reazione sempre quella sarebbe stata, perché non si possono  permettere di bloccare un’autostrada per decine di chilometri: così vi fate odiare”.

Quando il Procuratore De Lucia gli mostra la corrispondenza con Bernardo Provenzano: “Perché quando si fa un certo tipo di vita poi arrivato ad un dato momento ci dobbiamo incontrare perché io latitante accusato di mafia, lui latitante accusato di mafia, dove si va?”. De Lucia insiste chiedendogli se ricorda quei pizzini e Messina Denaro: “Sì, pressappoco sì, io chiedevo favori a lui se me li poteva fare e lui chiedeva favori a me se glieli potevo fare. Omicidi non ce n’erano, questo è sicuro”.

Le indagini sulla latitanza di Matteo Messina Denaro e la conseguente cattura ebbero una decisa svolta il 6 dicembre  2022, allorchè i Ros quando, introdottisi in casa di Rosalia, la più grande delle quattro sorelle del boss e suo braccio destro, con l’intento di occultarvi alcune cimici trovarono vi trovarono nascosta nella fodera di una sedia un foglio con informazioni sanitarie, date, la progressione della malattia e le cure di una persona, risultata poi, il fratello latitante. 

Non è strano che la morte di Messina Denaro ci lasci tutti indifferenti. Messina Denaro è un uomo che ha avuto molta cura della sua immagine, non solo fisicamente. Non meraviglia, dunque il fatto che neghi il coinvolgimento nell’orribile omicidio del piccolo Di Matteo. Non è gesto da uomo d’onore. Peccato che sia costretto ad ammettere la sua partecipazione al rapimento del ragazzino. Che differenza fa se ha assistito alla turpe fine o lo ha consegnato ai sicari, sapendo che il suo destino era segnato.

In realtà la dice lunga il suo precisare che non sarà mai un pentito ed un collaboratore di giustizia, Lui è e resta un boss mafioso alla disperata ricerca di darsi una verginità morale che non sapeva neanche cosa fosse.

La sua onorabilità coincide col rispetto del codice mafioso e null’altro. Infatti, nell’interrogatorio fornisce ai magistrati solo notizie già note e scontate. Nulla di nuovo o rilevante, almeno a quanto è dato di sapere.

Alfonso Tumbarello

La procura ha chiesto la chiusura delle indagini per il medico Alfonso Tumbarello, accusato di avere favorito la sua latitanza ed è a quel fascicolo, ormai pubblico, che sono allegati quei verbali d’interrogatorio a Messina Denaro.

Personalmente non auspico alcuna caccia alle streghe, ma non credo ad una parola e certe dichiarazioni del boss sembrano decisamente finalizzare a proteggere, in qualche modo, i suoi picciotti ed i suoi complici. Ora occorre che procura ed investigatori li snidino, uno per uno, assicurandoli alla giustizia. Lo Stato deve riconquistare quel territorio che i fatti hanno dimostrato appartenere alla mafia e non alla Repubblica Italiana. Diversamente, trent’anni di latitanza, ma anche uno solo, non sarebbero stati possibili.

Per seguirci su Facebook mettete il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivetevi al gruppo lavocenews.it. Le email del quotidiano: direttore@lavocenews.it o info@lavocenews.it. Grazie.