Il caffè con il lettore

Dagli Usa al Regno Unito, da Bruxelles a Roma i progressisti difendono i palestinesi massacrati

Gianvito Pugliese

La politica di Netanyahu su Gaza ed il massacro di trentamila palestinesi ad oggi, sia o meno genocidio lo deciderà la Corte penale internazionale dell’Aja, non piacciono in occidente ai progressisti, mentre sono difesi ad oltranza dai neo nazifascisti e dai conservatori.

Care/i ospiti del caffè… è la premessa da cui dobbiamo partire nel nostro ragionamento di oggi, e come di consueto non rimarrà un’affermazione apodittica, ma la supporterò con quanto avvenuto in Usa ieri ed subito dopo a Londra.

Biden rischia di non incassare il voto di buona parte dei democratici statunitensi a causa della sua politica, che recentemente sta prendendo le distanze da Netanyahu, con Antony Blinken inviato a trattare con i Paesi arabi ed islamici in genere, per una proposta di pace definitiva del conflitto tra Israele ed Hamas, che al momento ha mietuto oltre trentamila vittime tra i civili palestinesi. Biden subito dopo il 7 ottobre, data dell’attacco di Hamas che avrebbe provocato circa milleduecento morti e duecentoquaranta sequestrati israeliani, in un primo momento ha appoggiato Netanyahu senza se e senza ma, temendo diversamente di regalare il voto degli ebrei americani a Donald Trump. Poi si è accorto che la sua base era molto divisa sull’appoggio a Netanyahu e, man mano che il tempo passava ed i massacri di civili continuavano, i democratici disposti a condividere la politica attuale d’Israele diminuivano a vista d’occhio. Ed è di ieri la notizia che tra i democratici si sono formati corposi gruppi organizzati pronti a trasmigrare in altro partito se la politica di Biden non cambierà radicalmente e se il presidente Usa non fermerà una volta per tutte il massacro, imponendo all’alleato israeliano di accettare una Pace basata sul principio di sue popoli, due stati.

Quanto accaduto intorno alla White House non è molto diverso dalle agitazioni che hanno preoccupato il Palazzo di Westminster. Alcuni parlamentari laburisti si sono dichiarati preoccupati, ed alcuni di loro hanno chiesto di essere protetti, a causa delle reazioni di parte della loro base nei loro confronti, accusati di non essere incisivi e chiari nel condannare Netanyahu e la politica israeliana nei confronti dei Palestinesi.

Il trait d’union che unisce e connota i due episodi è che i democratici in America ed i Laburisti in Inghilterra se la prendono, e non scherzano mica, con i loro rappresentanti, con coloro eletti col loro voto e che si mostrano poco attenti alle istanze della base, in cui i movimenti pro Gaza crescono a dismisura ed a vista d’occhio, dimostrando, ancora una volta, che la base in entrambi i Paesi anglo-sassoni, come pure nel resto dell’Occidente e più ricettiva e pronta a reagire agli stimoli della realtà, di quanto non lo siano i loro rappresentanti politici, che sembrano, ovunque, percepire una realtà ovattata e molto diversa e lontana da quella vissuta dal popolo e dagli elettori.

Ovviamente nei due Paesi i repubblicani ed i conservatori sia in quanto base, che rappresentanti, non hanno mai speso una sola parola in favore di Gaza e per far cessare quei massacri.

In Italia i fattacci di Pisa e di Torino con la polizia mandata a manganellare gli studenti pacifisti pro Palestina, la raccontano lunga. Che ci piaccia o ci infastidisca non conta, perché la verità e che nel mondo le destre con tendenza totalitaria ed autoritaria, vedono in Netanyahu, che non è molto differente da Putin e compagnia cantante, un modello da emulare e difendere. In Italia, si è arrivati alla spudoratezza sui giornali della troika meloniana di accusare la sinistra di aver provocato quei disordini ed i prossimi, difendendo il diritto sacrosanto dei giovani pacifisti di manifestare, diritto garantito dall’art. 21 della Costituzione vigente.

Intendiamoci, Netanyahu non ha più nulla da perdere. il consenso suo e dei suoi alleati ultranazionalisti di destra in Israele è ormai irreversibilmente sotto il 15%. Con le elezioni si riattiveranno i processi interni sospesi per corruzione ed appropriazione indebita. La galera sembra inevitabile, senza contare i processi internazionali per crimini di guerra. Non è dunque Netanyahu l’uomo da convincere a comportamenti ragionevoli e ispirati all’umanità, ma il popolo israeliano che deve capire che così facendo Il Paese si chiama fuori dell’occidente e si allinea alla Russia di Putin, alla Corea del Nord di Kim Jong-un, al Myanmar (ex Birmania) del generale golpista Htin Kyaw. Se Netanyahu ripeto non ha nulla da perdere, gli israeliani ne hanno e parecchio. Proseguire sulla strada intrapresa è da folli suicidi. Poi, ciascuno che possiede una corda è libero d’impiccarsi come e quando vuole.

A domani.

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