Guerra e spionaggio

Dalle parole di Liliana Segre al clamore sospetto per liste di proscrizione che tali non sono.

Gianvito Pugliese

“La resistenza del popolo invaso rappresenta l’esercizio di quel diritto fondamentale di difendere la propria patria che l’art. 52 (ndr. della Costituzione italiana) prescrive addirittura come sacro dovere. Dunque, non è concepibile alcuna equidistanza, se vogliamo essere fedeli ai nostri valori dobbiamo sostenere il popolo ucraino che lotta per non soccombere all’invasione, per non perdere la propria libertà. Questo sostegno non può e non deve significare inimicizia nei confronti del grande popolo russo, anzi, anche questo popolo subisce le conseguenze nefaste delle scelte e della condotta disumana dei suoi governanti”.

Al video, per il quale ringrazio l’Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev, ho fatto seguire la fedele trascrizione per chi, per qualsivoglia ragione la preferisse o ne avesse necessità.

Perché aprire questo editoriale con le parole della Senatrice a vita Liliana Segre? Superfluo ricordare che la Segre è miracolosamente scampata ai lagher nazisti, in ricordo dei quali porta ancora impresso sul suo braccio il suo numero di matricola, imposto dalle belve naziste agli internati nei lager, per privarli finanche del proprio nome e cognome e facendone, così, meri numeri.

Per mettere un minimo di chiarezza in questo nostro, come sempre, disgraziatissimo Paese, che non ha mai sotterrato l’ascia di guerra tra guelfi e ghibellini, tant’è che allorchè i guelfi (dopo un sanguinosissimo conflitto fratricida) prevalsero sui ghibellini, si divisero in guelfi bianchi e neri, giusto per non perdere l’abitudine al conflitto. E se ci siamo divisi tra tifosi di Bartali o Coppi e Mazzola o Rivera, nello sport le tifoserie sono endemiche, siamo riusciti a dividerci in partigianerie tra l’immensa Carla Fracci e la brava Liliana Cosi, e siamo arrivati finanche a creare dualismi tra due eccelsi direttori d’orchestra: Riccardo Muti e Claudio Abbado.

Dove non ha funzionato il dualismo è in politica, ma giudicando dall’astensionismo, in quel campo funziona poco o nulla. Piaccia o no il partito, prima di maggioranza relativa ed ora, superata la soglia del 50%, di maggioranza assoluta è quello di chi ha perso totalmente fiducia nella totalità della politica, conscio purtroppo che il suo voto conta poco o nulla e che la sovranità che “appartiene al popolo”, ai sensi della nostra Carta costituzionale, gli è stata usurpata e trasferita nelle mani dei segretari di partito.

Fu una battaglia politica di valori, forse l’ultima, quella che si disputò con il referendum che vide prevalere il maggioritario sul proporzionale. I promotori del maggioritario s’immaginavano un’Italia proiettata in un sistema anglo-americano con due grandi partiti: i conservatori ed i laburisti in Inghilterra, i repubblicani ed i democratici in Usa. A sinistra l’Ulivo, mise insieme la Margherita e la Quercia, ma rimasero fuori Rifondazione ed altri partiti minori, a destra da Berlusconi furono tentate aggregazioni con il Pdl, che unì Forza Italia ad Alleanza Nazionale, mentre la Lega nord rimaneva fuori. Al centro rimaneva solo l’Udc, sempre speranzosa di fare da ago della bilancia, ma in realtà quasi sempre ininfluente. Poi mentre nasce un dirompente soggetto terzo il Movimento cinque stelle, che cresce fino a raggiungere il 40% dei voti, i due maggiori partiti implodono, l’Ulivo si frammenta in Pd, Sinistra italiana e Art.1-Leu ed il Pdl perde gran parte degli ex del Movimento Sociale che danno vita a Fratelli d’Italia.

Il maggioritario, che necessita del bipolarismo, potrebbe continuare a vivere all’italiana, senza più Ulivo e Pdl (aggreganti dei due poli) ma con coalizioni più frammentate, ma di traverso si mette il Movimento cinque stelle, all’insegna del né con l’uno, né con l’altro, al quale ha tenuto fede fino alla vigilia del Conte I, meglio noto come governo giallo verde (pentastellati e leghisti).

Ed oggi in un’Italia divisa su tutto abbiamo una maggioranza arlecchino che mette insieme, si fa per dire, come ha appreso Draghi a sue spese, da Lega e Forza Italia, a Pd, Art.1-Leu, e Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Azione con +Europa e Verdi.

L’opposizione a destra è rappresentata dal partito di Giorgia Meloni, a sinistra da Sinistra italiana e dal partito di Paragone sbucato dal nulla in contemporanea all’invasione dell’Ucraina.

E quel 24 febbraio crea, come c’era da aspettarsi, una divisione tra coloro che si attestano sulla linea unitaria (con qualche distinguo) occidentale ed i putiniani, a loro volta distinti in dichiaratamente filo Putin e pacifisti all’occasione.

Chiariamolo siamo tutti (tranne qualche matto come Putin, appunto, amanti della Pace e tutti la vorremmo, ma la pace non è e non può essere una resa senza condizioni o alle condizioni dettate da uno solo dei contendenti. Mettiamo fa parte, cortesemente, le ipocrisie e le finzioni. Il Cremlino può definire finché vuole l’invasione dell’Ucraina “una operazione speciale militare per denazificare e smilitarizzare” l’Ucraina, sempre una guerra è per giunta criminale (oltre che per le note ragioni) proprio perché non dichiarata. Ricordiamo che chi in Russia usasse i termini guerra o invasione sarebbe giudicato da un tribunale speciale per un reato punibile fino a 15 anni di reclusione, giornalisti stranieri inclusi. Diciamolo subito l’adesione o meno dell’Ucraina alla Nato non incideva in nessun modo sulla sicurezza della Russia per il pericolo dell’alleanza atlantica ai confini russi, per il semplice palese motivo che confina con i seguenti Paesi della Nato Norvegia, Estonia, Lettonia, e per via della sovranità sull’oblast di Kaliningrad, anche con la Lituania e la Polonia. Cinque paesi aderenti alla Nato già confinavano, l’adesione alla Nato dunque avrebbe impedito alla Russia d’invadere l’Ucraina senza entrare contestualmente in conflitto con i trenta Paesi aderenti al patto atlantico. Di qui l’invasione predatoria di marca ottocentesca affrettata nonostante l’impreparazione dell’armata rossa che dopo tre mesi e mezzo di conflitto non ha raggiunto neanche uno degli obiettivi che la guerra lampo di tre-cinque giorni preventivata avrebbe dovuto conseguire.

E torniamo a noi, in Italia. Da un lato siamo letteralmente bombardati da una guerra ibrida, fatta di continue fake news, per convincere i tabtissini non informati che Putin è l’eroe candido e amorevole e che il criminale è Zelenskyi. Insomma l’invasore è buono e bravo, l’invaso cattivo ed ignobile.

Ed è questa la ragione per cui l’attacco ai media di spessore italiani è feroce. I manipolabili sono coloro che non sono adusi ad informarsi su giornali autorevoli o canali televisivi pubblici, ma credono e si fidano di quanto emerge sui social o su alcune trasmissioni di tv private che una parola di verità non la prevedono neanche per sbaglio.

E’ il caso per completezza d’informazione di ricordare (ma lo abbiamo fatto anche ieri) che “a Bergamo nel marzo 2020 in piena crisi Covid al seguito di due epidemiologi russi Natalia Y. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, vicedirettrice dell’Istituto centrale di ricerche epidemiologiche l’una e appartenente all’Istituto Pasteur di San Pietroburgo l’altro, arrivarono 102 militari, i cui incarichi non furono mai chiariti e di cui si sospettò fin dall’epoca una diffusa operazione di spionaggio, che oggi comprendiamo consistita nel reclutamento di “simpatizzanti” o se preferite spie, e forse entrambi.” Premesso che il famigerato KGB era militare, come i suoi eredi l’SVR (Servizio di intelligence estero) e l’FSB (Servizio di  sicurezza federale). E’ rimasto intatto il solo GRU (Direzione Centrale dell’Intelligence Militare). Centodue militari al seguito di due immunologi significa solo aver colto l’S.O.S. di Bergamo per il Covid per far operare indisturbate 102 militari con incarichi di spionaggio e proselitismo.

E la tecnica di distrazione di massa funziona alla perfezione, nonostante messa in atto da una Propaganda russa francamente ridicola e patetica (andate su tik tok ed ogni due video vi beccate un osanna al divino orso Vladimiro, il maschio più maschio che c’è, idem per il leader, lo stratega, lo statista, il judoka, il genio della lampada (chiedete, strofinate e vi sarà dato).

La presunta lista di proscrizione, che tale non è diventa il centro del dibattito, facendo passare in secondo piano il fatto che il viaggio aereo di Salvini a Mosca per incontrare Putin o un suo scagnozza lo aveva pagato l’ambasciata russa a Roma. Cosa che apprendiamo dallo stesso Ambasciatore che si lascia scappare non capendo le conseguenze che Salvini e compagnia cantante non essendo andato più a Mosca i soldi li ha restituiti all’Ambasciata.

Se è comprensibile l’odio e gli attacchi sistematici e pesanti a Mario Draghi, proprio per la sua autorevolezza in Europa, se non altro, per essere stato il Presidente della Bce che salvò l’euro e, conseguentemente, l’Ue, inspiegabile, ma solo fino ad un certo punto l’odio mortale contro Luigi Di Maio.

Non ho mai stravisto per il nostro Ministro degli Esteri, ma tanto livore m’insospettisce. Ebbene la Lega di Matteo Salvini, che tutto è mai stata fuorché pacifista, scopre appunto la sua vocazione al pacifismo, dichiarandosi contraria all’invio di armi all’Ucraina e favorevole alla sola diplomazia della pace. Encomiabile, ma Putin la pace non la vuole e l’ha rotta senza nessunissima provocazione, se non quelle patetiche inventate ad arte ma che sono di una pochezza disarmante. Intanto a Severodonietsk urgono armi agli ucraini per resistere ai russi e non permetter loro di conquistare l’intero Donbas (terra ucraina senza se e senza ma), E che, data la scelta tattica dei russi, confidando sul possesso di maggiori artiglierie sia numericamente che per gittata, di radere al suolo interi quartieri prima di lanciare un attacco, significa lasciar morire senza difese centinaia di vecchi, donne e bambini, ai quali non viene concesso il corridoio umanitario se non quello che prevede la deportazione in Russia, dove per inciso oltre 600 bambini sono stati portati dopo averli strappati ai genitori e dei quali non si sa più nulla e si presume siano stati fatti adottare illegalmente. Serve spiegarlo che Salvini cerca di ritardare l’invio dimezzi di difesa all’Ucraina. senza che si sia alcuno spiraglio per la pace, allo scopo di favorire gli stermini di Putin?

E di Maio, maggioritario nei pentastellati è l’unico allineato alla linea del governo e di Draghi, mentre Conte all’improvviso vuole che non si mandino armi offensive Conte, significa fionde e sanpietrini? O che lo spieghi lei, perchè in Italia non lo ha capito nessuno.

Ma la levata di scudi contro il governo che spia le opinioni degli italiani, quella si è davvero preoccupante perchè sembra preludere al timore che una rete di non si sa bene ancora cosa venga scoperchiata, ed il fetore di intimidazione a chi avrebbe il dovere di farlo si sente già da lontano.

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