Kush: la sottile morte che si diffonde nelle vene dell’Africa Occidentale

Una droga sintetica, senza nome ma devastante, affligge le giovani vite in Sierra Leone, Guinea e Liberia, portando con sé dipendenza, piaghe e morte.

Rocco Michele Renna

Da qualche tempo, un’oscura ombra avvolge l’Africa occidentale, minando la salute e il benessere delle giovani generazioni in Sierra Leone, Guinea e Liberia. Non è una droga comune, bensì una sostanza sintetica senza nome, ma comunemente chiamata “kush”. La sua diffusione ha portato a un’epidemia di dipendenza, con decessi che si verificano settimanalmente, gettando nel terrore intere comunità.

Gli ingredienti che compongono il kush sono avvolti nel mistero, variando a seconda del produttore. Tuttavia, secondo gli operatori sanitari, molte formulazioni includono cannabis sintetica, fentanyl, tramadolo e formalina. Elementi apparentemente discordanti, ma che creano una miscela letale quando combinati con erbe e altre sostanze sintetiche.

C’è persino chi sostiene che il kush possa contenere ossa umane, saccheggiate da tombe, un crudele tocco di macabro nell’elaborazione di questa droga. Tuttavia, la veridicità di queste storie rimane sfuggente. Indipendentemente dalla presenza di ossa, la dipendenza dal kush ha portato a una serie di sintomi inquietanti, tra cui piedi ingrossati e piaghe sulle gambe, sfidando la comprensione medica.

Il kush induce una sensazione di euforia e sonnolenza, diventando una sorta di via di fuga per i giovani che cercano un sollievo temporaneo dai problemi di una vita difficile in un Paese segnato dalla povertà e dalla mancanza di opportunità. Ma questa ricerca di sollievo ha un prezzo elevato: non solo esiste il rischio di overdose, soprattutto a causa della presenza di fentanyl, ma anche la pericolosa distorsione della percezione della realtà, che ha portato a incidenti fatali.

La propagazione del kush non conosce confini, estendendosi anche in Liberia, dove oltre la metà della popolazione soffre di disturbi da stress post-traumatico a causa dei conflitti degli anni Novanta. La guerra civile ha lasciato cicatrici profonde, e il kush ha accentuato la sofferenza di una popolazione già provata. Dalla Sierra Leone, la droga ha poi iniziato a infiltrarsi anche nella vicina Guinea, senza che siano state identificate le sue fonti di produzione o i trafficanti coinvolti.

Sebbene alcune persone siano state arrestate per il consumo di kush, il suo status legale rimane oscuro, complicato dalla diversità delle sue formulazioni. Secondo il dottor Jusu Mattia, primario dell’ospedale psichiatrico universitario di Freetown, il problema va oltre la criminalità, affrontando questioni di salute e sociali.

La lotta contro il kush è complicata dalla mancanza di strutture di riabilitazione adeguate. In Sierra Leone, i centri di trattamento sono scarsi, e anche gli ospedali nazionali faticano a gestire l’ondata di dipendenza. Con soli cinque psichiatri in tutto il paese, la terapia si basa principalmente sull’astinenza forzata, un approccio che, seppur necessario, spesso non basta a trattare efficacemente la dipendenza.

Il kush si è rapidamente diffuso, passando da una presenza marginale nel 2020 a un aumento vertiginoso di casi di dipendenza nel 2022. Alcuni sostengono che ciò sia correlato a una diminuzione dello stigma associato alla richiesta di aiuto, segnalando una crescente consapevolezza del problema.

Uno degli elementi che ha contribuito alla diffusione del kush è il suo basso costo, rendendolo accessibile a chiunque. Tuttavia, questo “risparmio” si traduce in una spesa quotidiana significativa per i consumatori, che sacrificano una parte consistente del già esiguo reddito medio annuale del Paese.

Il kush rappresenta una minaccia crescente per la salute mentale e la stabilità sociale dell’Africa occidentale. La sua diffusione ha raggiunto proporzioni allarmanti, mettendo a dura prova un sistema sanitario già carente. La comunità internazionale deve unire le forze per combattere questo flagello, fornendo sostegno nella prevenzione, nel trattamento e nella riabilitazione, per porre fine alla diffusione di questa droga senza volto che mina il futuro di intere generazioni.

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