Palio del Viccio fra storia, tradizione e sviluppo (prima parte)

Un palio per l’arte antica di cavalcare

Vito Tricarico

Si avvicina l’ultimo giorno di carnevale e con esso, il tradizionale Palio del Viccio di Palo del Colle. Il Palio è una gara fra provetti cavalieri abbinati ai rioni del paese, che galoppando per il centralissimo corso Garibaldi e forniti di asta acuminata, cercano di bucare una vescica piena d’acqua. Per premio, al vincitore, oltre ad una somma in denaro, viene donato il viccio, ovvero un grande tacchino.

Il Palio del Viccio é una gara che si può ascrivere agli inizi del ‘900, iniziata come gara carnevalesca fra trainieri (carrettieri) e vaccari. Correvano il loro palio fra il Campo degli spari oggi piazza Lenoci e piazza Diaz per divertimento e vestiti a maschera. Si è poi andata consolidando nel secondo dopoguerra, a cominciare dall’anno 1945, col trasferimento della manifestazione lungo corso Garibaldi, mantenendo sempre la caratteristica di gara carnevalesca. I cavalieri partecipanti si presentavano vestiti da indiano o da cowboy, molti in abiti da donna o comunque in travestimenti carnevaleschi, poi negli anni successivi indossando panni di personaggi storici come Garibaldi o Ercole. Ricordo una edizione in cui faceva particolarmente freddo e il cavaliere Leonardo Colasuonno, vestito da Ercole, cioè seminudo, risultò vincitore del Palio. Su proposta della locale Pro Loco, negli anni ’90 si iniziò a gareggiare con la divisa dai colori bianco celeste palesi e l’abbinamento dei cavalieri ai rioni della città. Il viccio veniva sistemato in una cesta e appeso a poca distanza dalla vescica piena d’acqua da forare. In seguito per le presunte sofferenze della povera bestia che soffriva di vertigini e a quell’altezza pativa maggiormente il freddo, è stato disposto che il viccio rimanesse al calduccio in attesa di essere donato al vincitore del Palio e finire, è purtroppo il suo destino, sul banco del sacrificio. In pratica, nell’attuale Palio del Viccio, il soggetto principale risulta assente.

In aggiunta a tutto questo, si deve riconoscere che i cavalieri che partecipano al Palio, sono di una abilità eccezionale. Galoppano quasi tutti con le staffe alzate al massimo, andando al galoppo lungo la salita di corso Garibaldi, cercando di rimanere in equilibrio e alzando il braccio cercando di forare la vescica con l’asta acuminata. Al contrario nelle edizioni precedenti e fino alla fine degli anni ’60 i cavalli venivano portati al lavoro, per lo più ad arare la terra per evitare che andassero ad una andatura troppo veloce e i cavalieri portavano le staffe cavalcando per lo più seduti in sella. Unica eccezione, il pluripremiato Pasquale Carnevale, che si può dire l’iniziatore del modo di cavalcare odierno. Anzi, in una edizione, montò un cavallo destinato successivamente al macello, dal nome Cannone, che era un pachiderma dalla schiena larga e piatta come un armadio. Pasquale, che non era alto di statura, nel giro decisivo salì a piedi nudi sulla groppa dell’animale e zac … vinse ancora una volta l’ambito trofeo.

Cavaliere Leonardo Colasuonno (Ercole)

Questo nostro importante palio meriterebbe certamente più attenzioni per entrare in un più ampio circuito di manifestazioni a livello nazionale. Tanti sono i suggerimenti e le proposte, ma fino ad ora non è stato trovato il progetto idoneo a dare al Palio del Viccio il disegno per essere lanciato nell’olimpo delle manifestazioni nazionali importanti e suggestive. Qualche anno fa, alla manifestazione sono stati assegnati sei secoli di storia, cercando di abbinarlo alla regina Bona Sforza. Qualche cronista gli ha attribuito, almeno fino allo scorso anno, una origine ancor più antica, portando le sue origini al periodo medievale. Tutto questo non è veritiero e nell’introduzione sono state descritte le sue origini.

Cavaliere Leandro Carnevale

E’ pur vero però, che i presupposti di quello che è diventato il Palio del Viccio, come riferisce nella sua Per la storia di Palo lo storico Francesco Polito, si trovano nella nostra storia locale e si perdono nei secoli, basta ricordare che è sempre viva nel popolo palese, la frase “correre al palio” che può ricordare la vecchia passione degli abitanti. Da sempre, comunque, il cavallo ha supportato i nostri antenati agricoltori nel lavoro dei campi, nel trasporto dei prodotti della terra e nello svago. Il cavallo portava il calesse per il diletto dei signori, la carrozza degli sposi o le famiglie al mare di Santo Spirito per trovare refrigerio nelle afose giornate agostane. Certamente i puledri sono serviti anche per organizzare occasionali tornei per mostrare la qualità dei cavalli e la destrezza dei cavalieri.

Cavaliere marco Molfetta (Garibaldi)

(continua)

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