L’assalto alla modernità: la saga del ponte sospeso sul Garigliano

Sfidando le critiche e l’incredulità, il regno di Napoli del XIX secolo realizza un’opera avveniristica

Rocco Michele Renna

In un pittoresco angolo della Campania, tra le verdi colline che si stagliano contro il cielo azzurro, sorge un’opera che sfida il tempo e testimonia la maestria ingegneristica e l’arte del XIX secolo: il Ponte Borbonico sul Garigliano, conosciuto anche come Real Ferdinando.

Nel cuore del Regno delle Due Sicilie, l’ingegnere Luigi Giura diede vita a un’audace visione, creando il primo ponte sospeso su catenarie in ferro dell’Europa continentale. Costruito tra il 1828 e il 1832, precisamente nel febbraio del 1828 il ponte divenne un simbolo della modernità del governo borbonico, abbracciando l’egittomania dell’epoca con colonne egittizzanti e sfingi che decoravano la sua struttura.

Luigi Giura

il re Francesco I di Borbone pose le basi per un’impresa che avrebbe segnato un’epoca nella storia delle costruzioni: la realizzazione del Ponte Sospeso sul fiume Garigliano. Questo progetto ambizioso fu affidato all’abile ingegnere di stato, Luigi Giura, con l’obiettivo di costruire un ponte innovativo in ferro.

S.M. Re Francesco I di Borbone Due Sicilie

La sua costruzione non fu solo un trionfo ingegneristico, ma anche una risposta alle esigenze del tempo. Nella prima metà del XIX secolo, il Ponte Borbonico fornì un attraversamento diretto del fiume Garigliano, sostituendo l’antica scafa, un barcone fluviale legato a una corda tra le due sponde. Questo ponte non solo semplificò i viaggi lungo la via Appia, ma fu anche testimone dell’inizio degli scavi archeologici nella città romana di Minturnae, arricchendo le collezioni reali con statue ed epigrafi.

Il 20 maggio 1828 segnò l’inizio dei lavori, ma ben presto il progetto suscitò preoccupazioni a livello internazionale. Il giornale inglese “The Illustrated London News” sollevò dubbi sulle capacità progettuali e costruttive dei napoletani, esprimendo vive preoccupazioni per i potenziali pericoli che questa nuova struttura avrebbe potuto causare ai sudditi. La flessibilità della lega ferrosa utilizzata all’epoca nei ponti sospesi presentava gravi problemi di oscillazione sotto il peso e l’azione del vento.

Le critiche si diffusero rapidamente in tutta Europa, raggiungendo persino il consiglio dei ministri del Re a Napoli, che si espresse a favore della sospensione dei lavori. Tuttavia, il sovrano, lontano dal cedere alle pressioni, rispose con fermezza: “Lassate fa o’ guaglione” (ndr. Lasciate fare al ragazzo).

Nonostante le avversità, i lavori proseguirono. Il 10 maggio 1832, Ferdinando II si presentò sul sito del ponte alla testa di squadroni di lancieri a cavallo e carri pesanti di artiglieria. Con la sciabola alzata, il sovrano ordinò una serie di prove: i soldati attraversarono il ponte al trotto, al galoppo e infine caricarono. Successivamente, carri e truppe completarono il passaggio.

Il “collaudo” fu un successo, e per celebrare l’impresa, il vescovo di Gaeta benedisse il ponte in una processione festante, seguito da un tripudio di fuochi d’artificio, danze e canti. Il Ponte Sospeso sul Garigliano, contro ogni previsione, aveva retto alla prova, diventando un’icona della capacità umana di abbracciare l’innovazione e di superare le sfide tecniche.

Il ponte era stato eretto sfruttando l’avanzata tecnologia delle acciaierie di Mongiana, situate nella suggestiva regione della Calabria. La sua struttura era plasmata dall'”acciaio elastico di Mongiana”, simbolo dell’innovazione e della perizia artigianale calabrese.

Questa saga del ponte sospeso rappresenta un capitolo affascinante nella storia dell’ingegneria e della determinazione umana, dimostrando che, anche di fronte alle critiche più severe, la visione e la perseveranza possono portare al successo delle imprese più audaci.

La storia del Ponte Borbonico si intreccia con gli eventi chiave della storia italiana. Durante la Battaglia del Garigliano nel 1860, il ponte fu il palcoscenico dell’ultimo atto dell’unificazione dell’Italia sotto il nuovo Regno sabaudo. La sua struttura maestosa assistette silenziosamente all’assedio di Gaeta e alla sua drammatica fine nel febbraio 1861.

Il ponte, tuttavia, non rimase immune dai dolori della guerra. Durante la Seconda Guerra Mondiale, le forze occupanti distrussero il suo impalcato il 14 ottobre 1943, ignorando la legge di tutela del 1939. Ciò dimostra come, nonostante la sua importanza culturale, il Ponte Borbonico fosse considerato un obiettivo strategico.

La sua resilienza, però, è un tributo alla sua grandezza. Nel 1998, dopo anni di abbandono, il Ponte Borbonico fu restaurato, e le sue colonne, catenarie e sfingi ritornarono a dominare il paesaggio. Ora, sotto la tutela dello Stato, il ponte si erge come un monumento vivente, una testimonianza del passato che continua a ispirare e a narrare la storia di un’epoca di cambiamenti e di un’opera che ha sfidato il tempo e la guerra, emergendo più forte di prima.

Una delle mille prove a sostegno del livello della civiltà e prosperità raggiunta dal Regno di Napoli e dal sud, al tempo della conquista sabauda, o se preferite Unità d’Italia, che vide i piemontesi sostenuti dalla Francia, che li aiutò a conquistare il sud Italia, unico modo per permetter loro di pagare l’ingente debito rimpinguando, a spese del sud, le loro casse vuote da tempo. In epoca di autonomia differenziata, un articolo storico assume veste di grande attualità.

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