Scoperta sorgente deformativa sotto la caldera dei Campi Flegrei

Spiegazioni sul bradisismo e la sismicità, monitoraggio Intensificato nell’area a rischio per case e monumenti

Rocco Michele Renna

Tra scosse di terremoto, piani di evacuazione e paura, torna l’attenzione sui Campi Flegrei. Recentemente è emerso che ci sono case e siti archeologici a rischio: tra Bacoli e Monte di Procida è allarme per 3 mila residenti e monumenti, come ad esempio la Tomba di Agrippina. Il ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare Nello Musumeci ha spiegato che è stata definita la zona rossa legata al rischio bradisismo nell’area, che «coinvolge circa 85 mila persone e 15 mila edifici». Il governo ha anche spiegato di essere al lavoro per intensificare le esercitazioni di protezione civile e avviare nei prossimi giorni la ricognizione della vulnerabilità degli edifici pubblici e privati nell’area rossa, che comprende parte del comune di Pozzuoli, parte di Bacoli e parte della città metropolitana di Napoli, come la pianura di Posillipo. Anche se la zona rossa è cambiata, l’allerta nella zona rimane gialla.

Ma a questo punto viene da chiedersi: ci sono rischi? Il rischio zero non esiste, ma la prevenzione è un grande alleato, così come il monitoraggio dei luoghi. E proprio dagli studiosi arriva una novità importante.

Sotto la caldera dei Campi Flegrei, a circa due chilometri di profondità, c’è un volume cilindrico di roccia – alto 500 metri e del diametro di circa 5 chilometri – che sta giocando un ruolo importante nella fase di sollevamento dell’area. A suggerirlo è uno studio pubblicato sul Journal of Volcanology and Geothermal Research e realizzato da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Ingv. La ricerca è stata resa nota mercoledì 8 novembre dall’Ateneo bolognese. I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nordovest di Napoli. Non si tratta di un vulcano dalla forma di cono troncato ma una vasta depressione o caldera.

«Questa sorgente di deformazione era già nota per aver contribuito al sollevamento del suolo che si è verificato nell’area dei Campi Flegrei tra il 1982 e il 1984», spiega Massimo Nespoli, ricercatore al Dipartimento di Fisica e Astronomia Augusto Righi dell’Università di Bologna e primo autore dello studio. «I risultati dell’indagine mostrano come le serie temporali di sollevamento del suolo osservate negli ultimi 18 anni possano essere riprodotte assumendo la riattivazione di quella stessa sorgente deformativa, localizzata a circa due chilometri di profondità». In questi episodi di sollevamento – suggeriscono gli studiosi – il ruolo del movimento di magma sarebbe quindi secondario rispetto a quello di fluidi caldi e pressurizzati che si muovono all’interno delle rocce del sistema idrotermale della caldera.

Anche se il contributo magmatico non può essere escluso, «i risultati ottenuti – aggiunge Nespoli – con la modellazione fisica di questa sorgente di deformazione, legata all’arrivo di fluidi caldi e pressurizzati, consentono di spiegare efficacemente sia il tasso di sollevamento che l’andamento della sismicità, senza il bisogno di invocare la risalita di magma negli strati superficiali della caldera dei Campi Flegrei».

Si ritiene che in questa zona l’attività vulcanica sia presente da almeno 47 mila anni. I due principali episodi eruttivi, che hanno dato forma al golfo di Pozzuoli così come lo conosciamo oggi, si sono verificati circa 39 mila e 15 mila anni fa, mentre l’ultima eruzione è avvenuta nel 1538. A partire dalla metà del secolo scorso la caldera ha subito diversi episodi di sollevamento e abbassamento del suolo, noti con il nome di bradisismo. Negli ultimi decenni ci sono state due importanti fasi di sollevamento del suolo: tra il 1969 e il 1972 e tra il 1982 e il 1984. Durante quest’ultima crisi bradisismica, il sollevamento massimo del suolo, misurato a Pozzuoli, fu di quasi 1,8 metri, e fu accompagnato da più di 16 mila terremoti di bassa magnitudo.

Dopo il 1984, la caldera dei Campi Flegrei ha vissuto una fase di subsidenza durata vent’anni, interrotta di tanto in tanto da piccoli e brevi episodi di sollevamento. Fino al 2000, quando il tasso di abbassamento si è leggermente invertito.

Dal 2005 è iniziata una nuova fase di sollevamento del suolo, con un progressivo aumento del tasso di sismicità, soprattutto al di sotto del cratere Solfatara: un’area a circa 3 chilometri dal centro di Pozzuoli, nota per le sue fumarole, emissioni gassose ad alta temperatura.

I recenti eventi sismici, gli ultimi di notevole intensità lo scorso ottobre (con uno che ha raggiunto una magnitudo di 4.0.), hanno riacceso le luci sulla caldera flegrea. Lo scorso 3 ottobre la Commissione nazionale Grandi Rischi – Settore rischio vulcanico, su richiesta di parere da parte del Dipartimento della protezione civile, ha confermato il livello di allerta giallo, evidenziando tuttavia la necessità di approfondire l’analisi con specifiche riunioni, in considerazione della complessità del tema e della possibile evoluzione delle dinamiche del vulcano.

La Commissione si è riunita lo scorso 27 e 28 ottobre, coinvolgendo anche diversi esperti nazionali e internazionali per avere a disposizione maggiori elementi di valutazione. All’esito di queste riunioni – si legge sul sito della Protezione civile – la Commissione rileva che l’insieme dei risultati scientifici rafforza l’evidenza del coinvolgimento di magma nell’attuale processo bradisismico di sollevamento del suolo.

La Commissione, alla luce di quanto emerso, ritiene opportuno che le attività di monitoraggio, da parte dei centri di competenza, e le attività di prevenzione, da parte delle varie componenti del servizio nazionale di Protezione Civile, si intensifichino ulteriormente. Bisogna essere pronti, sottolineano gli esperti, prepararsi all’eventuale necessità di passare rapidamente dall’attuale livello di allerta giallo a un livello di allerta superiore. Allerta che cambierebbe la percezione della situazione e che darebbe forza agli amministratori locali, che continuano a chiedere al governo risposte più efficaci. I sindaci, in particolare, chiedono lo stanziamento di più risorse. La caldera dei Campi Flegrei, a ovest della città di Napoli, è, infatti, una delle aree vulcaniche più popolate al mondo.

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