Giorno 541

Oggi analisi di quella “controffensiva ucraina” non ancora appariscente, ma che fa dormire preoccupato l’orso Vladimiro

Orio Giorgio Stirpe

Arriviamo così finalmente all’esame della pianificazione ucraina di oggi: per intenderci, quella della “controffensiva”; proviamo ad analizzarla alla luce di quanto discusso negli ultimi post a proposito dei Centri di Gravità (CoG) e degli obiettivi connessi.

L’”End State” della guerra per l’Ucraina ormai è noto anche ai pesci del Mar Nero: il ripristino totale dell’integrità territoriale all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti.

Quello relativo alla controffensiva in atto è quasi sicuramente lo stesso, oppure è in qualche modo direttamente funzionale ad esso. Quanto vi corrisponda esattamente o se ne discosti dipende da una serie di fattori che ovviamente a noi osservatori privi di accesso alle fonti riservate non possono essere noti: l’esatto rapporto di forze sul campo (reale o presunto da Kyiv e NATO), il materiale occidentale già realmente pervenuto e quello in arrivo a breve termine, e lo stato della logistica di sostegno. Tanto più questi fattori risulteranno positivi, quanto più prossimo all’End State” di campagna sarà quello della pianificazione.

Una volta ricevuto l’”End State” dell’autorità politica (cioè del governo Zelensky) corredato dai relativi vincoli, i vertici militari (cioè Zaluzhny) si saranno dedicati alla fase concettuale, cioè al disegno generale della manovra (definito in Occidente il “Concetto Operativo). In questo concetto – presumibilmente discusso anche con gli esperti della NATO – sarà stato definito se operare “orientati al nemico” oppure “al terreno”, e cioè se il CoG offensivo sarà posto su una specifica area del terreno (esempio: la Crimea) oppure su una specifica capacità avversaria (esempio: le forze nemiche dislocate nel “corridoio” sud).

I due esempi possono sembrare sovrapponibili, ma non è così, e infatti li ho scelti apposta per illustrare la differenza: nel primo caso la controffensiva sarebbe da considerarsi un successo nel momento in cui fosse liberata la penisola contesa, anche nel caso che i russi riuscissero a ritirare con successo le proprie forze colà dislocate (come avvenuto a Kherson). Nel secondo caso invece il successo consisterebbe nella resa o distruzione della capacità operativa delle forze russe schierate fra Mariupol e il Dnipro, anche se la Crimea restasse ancora sotto il controllo nemico.

Ora io non posso sapere esattamente quale opzione sia stata scelta, ma come già detto più volte mi aspetto che l’enfasi sia stata posta sul nemico più che sul terreno, come infatti sembrerebbe dall’andamento attuale delle operazioni, che appaiono volte a imporre un elevato tasso di attrito alle difese statiche e alle riserve mobili russe.

Un aspetto importante della pianificazione, oltre alla scelta del CoG su cui concentrare gli sforzi propri, consiste nell’individuazione del CoG avversario: quello da cui il nemico trae le proprie risorse per la specifica battaglia, e la cui perdita ne spezzerebbe la resistenza. In questo caso gli ucraini hanno un grosso problema, in qualche modo simile a quelli degli americani in Vietnam e in Afghanistan: il CoG avversario infatti si trova al di fuori del Teatro Operativo assegnato dall’autorità politica. In Vietnam era il Sentiero di Ho-chi-Minh in Laos e Cambogia (attraverso cui si rifornivano i Vietcong), in Afghanistan era la città di Quetta in Pakistan (sede della Shura Talebana), e adesso è il nodo logistico di Rostov, all’interno della Federazione Russa e quindi off-limits per ragioni politico-strategiche.

Non potendo attaccare direttamente il CoG nemico, lo si può però isolare, tagliando le comunicazioni stradali e ferroviarie e disturbando la catena di Comando e Controllo che lo collega alle forze russe dislocate in Ucraina meridionale; questo è invece semplice a causa della già ricordata posizione precaria di tali forze nel “corridoio” e in Crimea, che a Rostov sono connesse solo attraverso poche linee stradali e ferroviarie.

Gli obiettivi ucraini connessi all’attacco al CoG russo e al presumibile CoG dell’offensiva stessa saranno quelle località topografiche e quelle capacità militari russe che li proteggono e che si interpongono fra essi e le forze di manovra di Kyiv. Parliamo quindi degli snodi stradali e ferroviari che collegano le forze russe nel sud a Rostov, i campi minati e le fortificazioni che limitano i movimenti della Massa di Manovra ucraina, le riserve mobili in grado di contrattaccarla e la principale capacità di combattimento russa, costituita dall’artiglieria.

Ovviamente i vincoli imposti alla pianificazione non sono noti, ma sicuramente includono il divieto a violare – se non occasionalmente e in modo limitato – il territorio russo, l’obbligo di contenere le perdite proprie e di evitare il più possibile i combattimenti negli abitati (che oltre a moltiplicare le perdite portano alla distruzione degli abitati stessi, che appartengono all’Ucraina).

Fissato il Concetto d’Azione, la pianificazione di dettaglio si sarà concentrata sul COME porre in essere tale concetto, tenendo presenti le capacità e le limitazioni delle proprie forze. Fra le capacità ovviamente assume rilievo l’acquisita superiorità qualitativa in termini di forze di manovra e anche di fuoco, grazie ai mezzi occidentali ricevuti; fra le limitazioni, il numero relativamente ridotto di tali mezzi, la mancanza di supporto aereo e l’inesistenza di una superiorità numerica, che a sua volta riduce la possibilità di ottenere la necessaria superiorità di potenziale (almeno locale) di 3-4:1 richiesta per rompere lo schieramento nemico.

L’impiego delle proprie capacità e la mitigazione dei problemi connessi alle proprie limitazioni per ottenere gli obiettivi richiesti copre la maggior parte della pianificazione di dettaglio: si tratta, ovviamente, di una cosa estremamente complessa oltre che classificata, che solo gli ingenui possono credere consistere nel semplice “attaccare un po’ dappertutto in cerca di un punto debole dove poi sferrare il colpo decisivo”.

Considerata l’acquisita superiorità di manovra grazie ai mezzi occidentali e all’elevato morale delle proprie forze, il problema fondamentale si è rivelato essere l’inaspettata densità dei campi minati speditivi stesi dai russi: densità senza precedenti nella storia militare mondiale, tale da escludere un passaggio “a forza” attraverso di essi. Occorre aprire dei corridoi nei campi minati per consentirne la bonifica, e trasformarli poi in varchi per far passare i mezzi corazzati destinati a travolgere le difese statiche poste oltre di essi.

Per aprire i corridoi occorre però operare di giorno e all’aperto, esposti al tiro delle armi dirette dei difensori e della loro artiglieria.

All’artiglieria per fortuna adesso si può compensare grazie alla controbatteria ucraina, resa possibile dai mezzi occidentali (radar controfuoco, artiglieria a raggio più lungo e più mobile, ricognizione tattica e strategica), che hanno finalmente reso possibile colpire direttamente gli artiglieri russi sui loro schieramenti: per la prima volta nella guerra le perdite dell’artiglieria russa segnalate dalle fonti indipendenti (ORYX) appaiono molto superiori a quelle ucraine, e questo ha consentito l’avvio dei lavori a distanza dal nemico.

Il problema sono i lavori in prossimità delle postazioni russe che sparano a tiro diretto.

Osservando il terreno sulle foto satellitari e sulle carte topografiche, vediamo che questo è costituito in larga maggioranza da campi agricoli aperti, squadrati e limitati da filari di vegetazione ad alto fusto e da allineamenti di strade e centri abitati minori sulle poche linee di cresta. Ora, i campi minati sono quasi tutti nei campi coltivati, cioè dove dovrebbero muovere le formazioni corazzate in attacco: minare la boscaglia o i centri abitati e le strade asfaltate è molto più difficile e meno produttivo; inoltre è in tali terreni che si dislocano le unità russe che difendono i campi minati con le armi a puntamento diretto, perché è appunto lì che queste trovano copertura e protezione e ricevono i rifornimenti. Storicamente, una situazione che ricorda sinistramente il “bocage” in Normandia, usato dai tedeschi nel 1944 per trattenere per mesi gli alleati sulla via di Parigi… Solo più in grande stile e con molti più campi minati, e naturalmente gli ucraini NON hanno la superiorità aerea che avevano gli alleati nel ’44: ovvio che quindi ci mettano più tempo a passare…

Il problema tattico degli ucraini è dunque scalzare sistematicamente le forze russe dalle loro posizioni protette che servono a impedire lo sminamento dei campi aperti.

Il sistema adoperato è impiegare NON le unità pesanti armate con mezzi occidentali, bensì quelle leggere, per infiltrarsi attraverso le zone coperte, i filari di alberi, i piccoli centri abitati, e attaccare direttamente le forze russe attestate a difesa. Una volta conquistate le zone coperte, le unità leggere chiamano il supporto dell’artiglieria e delle riserve tattiche più pesanti per contenere l’inevitabile contrattacco delle riserve mobili russe, e intanto i genieri provvedono allo sminamento dei campi aperti posti alle spalle delle zone coperte appena conquistate. In questo modo si ottiene il duplice scopo di aprire lentamente i varchi per le unità pesanti e di costringere le riserve mobili russe a contrattacchi frontali che annullano il loro vantaggio di trovarsi in difesa: perché queste forze contrattaccando si espongono e così subiscono perdite elevate come se attaccassero.

Ovviamente si tratta di una procedura metodica, sistematica, snervante, che costa sacrifici e perdite considerevoli a livello umano, e che soprattutto richiede un sacco di tempo: così tanto tempo da far gridare al fallimento tanti osservatori privi di conoscenze tecniche specifiche.

Si tratta inoltre di una procedura che richiede un’accurata programmazione, in quanto si basa sul presupposto della superiorità locale di fuoco per neutralizzare l’artiglieria da campagna russa lungo gli assi prescelti per l’attacco (presupposto finora pienamente verificato) e sulla capacità di ruotare frequentemente le forze leggere destinate alla penetrazione della rete difensiva russa e anche quelle pesanti che le supportano. Anche questo secondo presupposto finora ha trovato riscontro: la rotazione continua viene spesso scambiata per esaurimento delle forze, ma questa teoria è smentita dal fatto che le stesse unità sono già tornate in azione dopo essere state ritirate più volte. Per le unità pesanti, la rotazione ha anche avuto l’effetto di far familiarizzare in azione le unità che hanno ricevuto materiali occidentali, facendo anche credere a tanti che le Brigate pesanti venissero “attivate” per alimentare lo sforzo, mentre invece si limitano ad inviare ciclicamente i propri battaglioni in supporto a quelle leggere che fanno il lavoro sporco.

L’operazione è in atto, ed è tutt’altro che conclusa. Apparentemente le direttrici di penetrazione all’interno della fascia difensiva russa sarebbero due: una lungo l’allineamento stradale per Berdyansk e l’altra lungo quello per Mariupol. In entrambi i casi sono direttrici oblique orientate da nord-ovest verso sud-est, seguono serie di abitati minori che forniscono copertura ai campi posti a nord-ovest rispetto ad essi, ed appaiono congrui ad un doppio sforzo volto a raggiungere il mare di Azov tranciando le vie di comunicazione fra Rostov e le forze situate nel “corridoio” più a ovest… Separandole così dal loro CoG e andando a colpire il CoG ucraino posto appunto – presumibilmente – su di esse.

Siamo ancora in fase di “shaping”: gli ucraini stanno creando le condizioni per lo sforzo principale, che deve ancora venire. Presumibilmente questo impegnerà una delle due direttrici già indicate… Ma non è detto: lo scopriremo quando sarà il momento.

Intanto, l’orso Vladimiro può dormire preoccupato.

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