Cantone procuratore a Perugia

Raffaele Cantone nominato Procuratore della Repubblica di Perugia. La decisione del Csm non è stata unanime. Nino Di Matteo, vota contro e contesta.

Gianvito Pugliese

Qualche riflessione sul caso, ma come diceva il più grande Maestro di giornalismo della nostra Terra, Michele Campione: “Prima il fatto in sintesi e, l’eventuale antefatto molto più sintetico”.

Il fatto. I “contendenti” al vertice della Procura di Perugia -che ha competenza anche sulle indagini che investono magistrati di Roma- sono due: Raffaele Cantone e Luca Masini. Raffaele Cantone, rientrato nelle fila della magistratura di recente, dopo essere stato per cinque anni presidente dell’Anac – Autorità nazionale anticorruzione- ora tornato al Massimario della Cassazione, Luca Masini, procuratore aggiunto di Salerno, ora reggente di quella procura.

Da un lato, molti giornali hanno titolato “si spacca il Csm” o giù di lì. Non si è spaccato, ha votato e preferito Cantone a maggioranza dei votanti. 12 a favore di Cantone, 8 di Masini, 4 astenuti. Certo, siamo tutti abituati alle trattative, che poi vituperiamo: la procura di Milano alla tua corrente, quella di Roma alla mia, quella di Palermo alla sua. Si, ma Roma vale più di Milano; cosa aggiungi? Va bene prenditi pure Foggia o Brindisi. Qualcuno le definisce il mercato della vacche. Non so se dargli torto. Non mi pare. Al fine di quelle trattative tutti, con rare eccezioni votano secondo l’accordo raggiunto e, quindi, apparente unanimità. In altri termini per una volta finalmente si sarebbe votato misurandosi sulle capacità, almeno in apparenza, poi i retroscena eventuali, a noi comuni mortali non è dato di conoscere.

Entra a gamba, decisamente, tesa Nino Di Matteo: “Ritengo che non sia opportuno che Cantone vada a dirigere proprio quella procura che è competente su ipotesi di reato commesse dai colleghi che lavorano negli uffici di Roma e che possono investire procedimenti che a vario titolo riguardano i rapporti tra magistrati e politici vicini o appartenenti alla stessa compagine politica decisiva per la nomina all’Anac”.

Scusi Di Matteo, con tutto il rispetto per la sua persona e la sua storia di magistrato. La nomina all’Anac, all’anticorruzione, detta sintericamente, certo è una nomina politica ma ne più ne meno che la nomina al Dap (Dipartimento affari penali). Mi faccia capire? Se è offerta a Lei -e poi ritirata- va bene e non crea legami col Ministro, e se qualcosa di simile -ma formalmente più distante dal potere politico- la ricopre un’altro, nascono sospetti?

Se ha qualcosa da dire nei confronti di Cantone la dica. Ma un’argomentazione convincente. per favore. Altrimenti, accetti democraticamente la decisione della maggioranza, che anche nel Csm è bene che ci sia e finisca quell’unanimismo da Regimi totalitari. Nessuno può contestarle o accusarla per come ha votato. Ma. se l’argomentazione è quella. la prego. Tornando al Dap si è scordato la fiducia che finì per riporre Falcone nei confronti del suo Ministro, Martelli? Se lo ha fatto Falcone, vuole non lo facciano i “non eroi”?

Anche Piercamillo Davigo è intervenuto con un’argomentazione strana. La bozza della riforma del Csm, targata Bonafede, prevederebbe due anni di limbo al rientro nelle fila della magistratura “attiva”, anche per gli incarichi connessi al ruolo. Non potrebbero quindi candidarsi i rientranti in quei due anni ad incarichi dirigenziali, ergo sarebbe stato opportuno non nominare Cantone. Davigo, detto da un giurista come Lei? In soldoni, non applico il regolamento vigente, ma quello che potrebbe venire in un prossimo futuro? Ricordo le sue disquisizioni giuridiche con Borrelli e Colombo. Una meraviglia per chi amava il diritto.

Ad essere sincero non è che apprezzi tanto il lavoro fatto dall’Anac in questi anni. Premetto, non l’ho seguito con la lente d’ingrandimento; parlo, così, a lume di naso. La corruzione non è per nulla diminuita, ed è un dato, anzi. Nella pletora di norme legislative o regolamentari, sovrapposte e contraddittorie, così come nei tempi mai perentori, ma sempre ordinatori per la P.A, c’è tutta la radice della corruzione. Quando le norme non sono lineari, “s’interpretano con gli amici, si applicano coi nemici”. Avrei scritto coi non amici. Ma Einaudi la coniò cosi, e chi sono io per modificare una citazione del grande Giulio Einaudi, che Voi tutti m’insegnate, fu sì il padre dell’economia, ma era un laureato in Giurisprudenza ed anche un fine giurista.

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