Il caso Open finisce in Senato ed implode l’asse Pd-M5S-Leu

I democratici dicono sì al conflitto di attribuzione, no dagli alleati

Gianvito Pugliese

Preliminarmente, cerchiamo di spiegare alle gentili lettrici ed ai lettori la materia del contendere. Renzi assume, dinanzi al Senato, che il materiale sequestratogli nel caso Open dai PM, e-mail e WhatsApp, è assimilabile alla corrispondenza dei parlamentari e che per sequestrarla occorreva il preventivo assenso del ramo del Parlamento (Senato o Camera) a cui il rappresentante del Popolo appartiene. Chiede, dunque, che il Senato rimetta gli atti alla Corte Costituzionale per giudicare sul conflitto di attribuzione, se cioè quel sequestro fosse nella piena ed esclusiva competenza della magistratura o se dovesse essere chiesta ed ottenuta la preventiva autorizzazione del Senato. Una tesi che i tecnici-senatori, come Pietro Grasso. ex procuratore della Repubblica, respingono in base alla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che non riconosce e-mail e messaggini su WhatsApp come assimilabili alla corrispondenza del parlamentare e, pertanto non soggetti a preventiva autorizzazione per il sequestro. Inutile, dunque sollevare il conflitto. Ma Renzi dal momento che la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi sulla legittimità delle prove acquisite dall’accusa, di fatto paralizza, perlomeno per il momento, il processo Open.

Ma non è del merito che dobbiamo discutere, quanto della implosione del centrosinistra che si è spaccata nettamente. Il centrodestra era imploso per le elezioni di Mattarella, il centrosinistra ora sulla concessione o meno del conflitto di attribuzione chiesto da Renzi.

Francamente, Renzi si contraddice. Nel caso Open appena appreso della richiesta di rinvio a giudizio per se ed altri 10 imputati parve brindare “finalmente i processo passa dai media ai tribunali” salvo poi ad horas denunciare i Pm che avevano appena chiesto il rinvio a giudizio. Ora un accanimento col sequestro di email e messaggini che assume siano stati acquisiti illegalmente non essendo stati preventivamente autorizzati dal Senato. Accanimento al punto di sollevare una questione nonostante la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione escluda l’assimilazione di entrambi alla corrispondenza, Dove vuole andare a parare dunque? Ognuno certamente ha una sua teoria in proposito, ed ora ha tutti gli elementi per elaborarla con alte probabilità di azzeccarla.

Ma l’alleanza giallo rosso va in frantumi. Renzi mando in frantumi il governo Conte due di centrosinistra, l’odierna richiesta di Renzi, sfascia l’Alleanza, si vede che è un “rottamatore” predestinato.

Dopo il no alla richiesta annunciato o da Giuseppe Conte per M5s, interviene in aula Pietro Grasso per Leu. Afferma. che il materiale sequestrato dai Pm. non può rientrare nello spazio di tutela previsto per la corrispondenza dei parlamentari. E cita la costante giurisprudenza delle Cassazione a supporto.

Ma Il Pd, al contrario, con Dario Parrini, annuncia il voto favorevole alla richiesta del leader di Iv.
Parrini ha definito “ragionevole l’argomento che mail e WhatsApp sono forme di comunicazione assimilabile alla tradizionale comunicazione scritta”. Conseguentemente è “fondato sostenere che debbano beneficiare dello stesso grado di protezione” e che non possano essere “sequestrati senza autorizzazione della Camera cui il parlamentare appartiene”.

Per Grasso è: “errato trascinare il senato in un conflitto di attribuzioni che non ha ragione di essere. Mi sforzo di credere che il senatore Renzi non abbia sollevato questa battaglia per difendere sé stesso, come ha detto. Manca la norma che si assume violata”. Grassi fa trapelare il dubbio che l’interesse di Renzi sia rallentare il più possibile il processo.

Leu e pentastellati contro dunque, dem a favore insieme al centrodestra, ricompattato dalla richiesta Renzi. Brutta pagina. Soprattutto un siluro al campo largo di Enrico Letta, che un tentativo di non sfasciarsi così l’avrebbe dovuto avviare. E’ il destino della sinistra. Quando la destra le apre un portone, come nella crisi quirinalizia, va sistematicamente a schiantarsi contro le colonne ai lati di quel fatidico portone aperto.

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