Il caffè con il lettore

Lo scontro tra Hamas ed Israele, come prevedibile, si estende. Per ora ai soli Hezbollah libanesi, ma …

Gianvito Pugliese

Ieri gli Hezbollah libanesi hanno reso noto di aver ripetutamente attaccato postazioni dell’esercito israeliano al confine tra i due Paesi. Hanno anche rivendicato il primo attacco con l’utilizzo di droni e precisato che Israele, a sua volta, ha effettuato ripetuti attacchi aerei sul Libano meridionale. La violenza dello scontro starebbe crescendo di minuto in minuto.

A sua volta l’esercito israeliano ha confermato di aver reagito ai lanci dal Libano verso Israele, effettuando attacchi aerei contro Hezbollah, ed utilizzando carri armati e artiglieria per completare il bombardamento degli obiettivi da raggiungere.

Spiace prendere atto, dal momento che ho molta simpatia, anzi empatia nei confronti dei palestinesi, ma assolutamente nessuna verso Hamas, che se i fatti del 7 ottobre sono come ce li hanno raccontati (non è escluso che l’attacco dei terroristi in Israele sia stato favorito e lasciato libero di fare più danni possibile da Netanyahu e/o dai suoi fedelissimi allo scopo di rispondere a Gaza con qualcosa che sta a metà tra lo sterminio ed il genocidio) Hamas è riuscita nell’intento di provocare una reazione talmente violenta da parte di Israele che in soccorso di Hamas e dei palestinesi, vittime privilegiate di questa guerra a cui sono estranei, sarebbe arrivata buona parte del mondo arabo e dei mussulmani. Riuscire per Hamas a farne una guerra di religione significherebbe invertire il rapporto di forze, con Israele ridotta a nocciolina sotto uno schiacciasassi.

L’Agenzia di Stampa più prestigiosa è attendibile Reuters sostiene, infatti, che ” Hezbollah, sostenuto dall’Iran, ha iniziato uno scontro a fuoco con le forze israeliane attraverso il confine israelo-libanese da quando il gruppo militante palestinese Hamas e Israele sono entrati in guerra il 7 ottobre, nell’escalation più mortale alla frontiera dalla guerra del 2006″.

Riferisce ancora che “giovedì l’agenzia di stampa nazionale libanese ha detto che quattro persone sono state uccise vicino al villaggio meridionale di Hula durante i bombardamenti israeliani e che il leader di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah terrà venerdì il suo primo discorso dall’inizio della guerra”.

L’entrata in guerra con un attacco prevedibilissimo (le scaramucce al confine libanese erano già ordinaria amministrazione) del gruppo islamico sciita, che per l’occasione è arrivato all’appuntamento “pesantemente armato“, si è sviluppato “con 19 attacchi simultanei contro le posizioni dell’esercito con la stella di Davide in Israele utilizzando missili guidati, artiglieria e altre armi”.

Hezbollah ha rivendicato, altresì, la paternità dei due droni carichi di esplosivo andati a segno contro una posizione di comando dell’esercito israeliano nella zona contesa di Shebaa Farms al confine.

La reazione israeliana è stata i bombardamenti. Ed uno di questi contro la periferia della città di Khiyam a circa 6 km dal confine, ha ferito un civile, mentre, riferisce il sindaco della città, Ali Rashed; “La sua casa ha preso fuoco e la gente lo sta spegnendoL’intensità dei bombardamenti è stata più alta rispetto ai giorni precedenti. I bombardamenti e i contro-bombardamenti sono stati più di qualsiasi livello precedente e hanno coinvolto l’intera area”. Circostana confermata dalla National News Agency libanese.

E Hezbollah rivendica anche che prima di entrare in guerra a fianco di Hamas, un suo missile terra aria ha abbattuto un drone israeliano nel cielo libanese.

I confini tra chi provoca e chi reagisce sproporzionatamente alla provocazione, a ben vedere sono abbastanza confusi.

E’ giuso informare i lettori che ne fossero all’oscuro, che Israele occupa sal 1967 le Fattorie Shebaa, un’area di 39 chilometri quadrati e che Siria e Libano hanno sempre affermato con forza che le fattorie Shebaa siano libanesi.

Dalle ultime vicende appare chiaro che il conflitto si sta allargando, per ora con estrema gradualità, ma i segnali che possa espandersi a macchia d’olio con una chiamata alle armi per una guerra santa ci sono tutti.

Si spicciassero i grandi ad imporre la soluzione che Papa Francesco considera “saggia: due popoli due Stati. L’accordo di Oslo: due Stati ben limitati e Gerusalemme con uno status speciale“. Occorre arrivare alla Pace prima che i venti di guerra dilaghino e la storia di metta davvero male per il mondo e non solo per gli odierni belligeranti.

In tutto questo, quadro, al quale è possibile giungere senza dover essere necessariamente un Pico della Mirandola. Sono considerazioni banali conseguenti allo svolgimento dei fatti, giganteggia negativamente la nostra Giorgia Meloni che si oppone strenuamente alla tregue, perché, secondo lei, salverebbe la sopravvivenza di Hamas. Bel problema per l’Italia: finora non ne ha azzeccato neanche una, magari per sbaglio, In cambio le sue vittorie autoproclamate ed incensate non si contano.

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