Il caffè con il lettore

Alexey Navalny è davvero morto? Probabile. Di morte naturale? Poco credibile. Assassinato? Quasi certo.

Gianvito Pugliese

Carissime/i ospiti del caffè… stamani ero convinto, alla luce della tragedia di Firenze nel cantiere per il centro commerciale Esselunga, che ci saremmo occupati di sicurezza sul lavoro. Ma il giornalismo non è una scienza esatta ed è, pressoché impossibile, far piani a lungo e medio termine, talvolta finanche a breve, come oggi. Ci ha raggiunti una notizia sconvolgente: “La morte di Navalny per torture in un carcere russo“. Si avvicinano le elezioni e Putin fa piazza pulita di avversari “fastidiosi“. L’assassino di Anna Politkovskaya e Boris Nemtsov, solo per citare le più note vittime di uno sterminio di giornalisti dissidenti, circa cinquanta, oggi ha replicato.

La prima informazione l’ho avuta da un bell’articolo su La Stampa di Iacopo Iacoboni, anzi prim’ancora da un suo post su X, inviatimi entrambi da una redattrice de lavocenews, giornalista amica di Iacoboni. Ho apprezzato particolarmente nel post la frase “mai avrei voluto scrivere questa notizia“. Una delicatezza non comune in chi fa il nostro mestiere.

Ottimo anche l’articolo del quotidiano di Torino, ma ho scoperto che la fonte primaria era la mia amata agenzia Reuters: “Alexei Navalny, leader dell’opposizione russa, muore nel carcere artico“. Ovviamente mi ci sono fiondato. Poco dopo cambia di due parole il titolo: al posto di “leader dell’opposizione russa” viene titolato con “importante nemico di Putin”, decisamente più incisivo.

Riferisce il corrispondente da Mosca che Navalny “è collassato ed è morto venerdì dopo una passeggiata nella colonia penale artica “Polar Wolf“, dove stava scontando una pena detentiva di tre decenni. “La morte di Navalny, un ex avvocato di 47 anni, priva l’opposizione russa del suo leader più coraggioso, mentre Putin si prepara per un’elezione che manterrà l’ex spia del KGB al potere almeno fino al 2030“.

Navalny si era dedicato al giornalismo d’inchiesta, ed aveva documentato, circa dieci anni or sono la “vasta corruzione e opulenza tra i “truffatori e ladri” che gestiscono la Russia di Putin. Dimostrando cioè non le solite malefatte dell’ex spia sovietica, ma l’esistenza di un sistema di potere costruito sulla corruzione e lo sfruttamento della povertà dei russi per mano di un gruppo di oligarchi nelle grazie del nuovo zar Vladimiro I.

Il servizio penitenziario russo ha reso noto che Navalny non si è sentito bene dopo una passeggiata nella colonia penale IK-3 a Kharp, a circa 1.900 km (1.200 miglia) a nord-est di Mosca... Ha perso conoscenza quasi immediatamente ed è morto poco dopo“. Conclude con” Vani i tentativi di rianimarlo“.

Yulia Navalnaya, la moglie di Alexey, parlando alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha affermato “di non essere sicura che suo marito fosse morto perché “Putin e il suo governo… mentono incessantemente”.

Ha, quindi aggiunto: “Ma se questo è vero, voglio che Putin, tutto il suo entourage, gli amici di Putin, il suo governo sappiano che si assumeranno la responsabilità di ciò che hanno fatto al nostro Paese, alla mia famiglia, a mio marito“, precisando: “Questo regime e Vladimir Putin devono assumersi la responsabilità personale di tutte le cose terribili che hanno fatto al mio Paese, al nostro Paese, la Russia, negli ultimi anni”.

I leader occidentali hanno reso omaggio al coraggio di Navalny, definito un eroe “combattente per la libertà”. Diverse la accuse al Cremlino di omicidio e le richieste di incriminare Putin come responsabile della morte. Tra queste accuse spicca quella di Antony Blinken, segretario di Stato americano, un attimo prima dell’incontro con Yulia Navalny: “La sua morte in una prigione russa e la fissazione e la paura di un uomo non fanno altro che sottolineare la debolezza e il marciume nel cuore del sistema che Putin ha costruito. La Russia è responsabile di questo“.

Leonid Volkov, capo dello staff di Navalny, in esilio come la maggior parte dei sostenitori di Alexey: “Non abbiamo motivo di credere alla propaganda di stato… Se questo è vero, allora non è che ‘Navalny è morto’, ma ‘Putin ha ucciso Navalny“.

Mi piace ricordare questo eroico oppositore del dittatore russo con le sue parole in un intervista concessa alla Reuters nel 2021 che gli chiedeva se avesse paura di continuare a sfidare Putin ed il suo sistema di potere: ” Questa è la differenza tra me e te: tu hai paura e io non ho paura…Mi rendo conto che c’è pericolo, ma perché dovrei avere paura“?

Ai filo putiniani di casa nostra e dell’intero occidente, che ovviamente negheranno responsabilità del loro idolo squallido e profano, mi piace ricordare due cose incontestabili. Quando Navalny fu avvelenato in Russia, Angela Merkel impose a Putin di far raggiungere a Navalny la Germania. Questi era, secondo i medici russi in coma irreversibile. I medici tedeschi non solo lo tirarono fuori dal coma. ma accertarono che Navalny era stato avvelenato in Russia, con un veleno normalmente usato dagli eredi del Kgb, mettendoglielo nella biancheria intima.

Condannare poi Navalny a trent’anni di carcere per aver lasciato illegalmente il Paese (in occasione della cura in Germania), mentre era in coma, e consegnato da Putin alla Merkel, ci racconta cosa sia la giustizia russa di Vladimir Putin.

Sono un garantista e di solito prima di rivolgere accuse a qualcuno mi piace averne le prove. Ebbene Putin, abbiamo le prove, fece avvelenare Navalny, lo consegnò alla Merkel, considerandolo spacciato, e fu scoperto e dimostrato il suo tentativo di assassinio. Lo faceva detenere grazie alla sentenza farlocca di un tribunale russo altrettanto farlocco?

Se credete che gli uomini di Putin hanno davvero provato a rianimarlo e non lo hanno invece ucciso, ora che si avviciniamo le elezioni e poteva essere un pericolo per il padrone della Russia e dei russi, allora cortesemente affacciateci alla finestra e confermatemi che “l’asino vola”!

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