Il caffè con il lettore

Donald Trump in tribunale per il suo secondo processo per diffamazione. In copertina l’arrivo della Caroll, la parte lesa.

Gianvito Pugliese

Torniamo in America e precisamente a New York, dove Trump, piacente o nolente, si è dovuto presentare ieri dinanzi ad un tribunale dove si teneva l’udienza per il risarcimento di dieci milioni di dollari, richiesto dalla giornalista e scrittrice E. Jean Carroll, per diffamazione. La Caroll a maggio aveva vinto un processo per abusi sessuali che hanno portato alla condanna di Donald Trump a cinque milioni di dollari in favore della sua vittima di abusi.

Ci limiteremo oggi, care/i ospiti del caffè, a discutere della fattispecie più attuale. Non è che mi sia rassegnato al fatto che più emergono malefatte di Trump, che vanno dall’evasione colossale, alla truffa in commercio, al tentativo di colpo di Stato, alla totale dipendenza da Putin, alle malefatte sessuali, che spaziano dalla corruzione di una porno diva per nascondere i suoi rapporti con la stessa alla violenza perpetrata nei confronti della Caroll, più cresce il peso della sua candidatura alle primarie nelle fila repubblicane.

Non mi ripeterò, ricordando che anche in Italia non è che soggetti discutibili non abbiano avuto grossa fortuna politica e momenti di consenso esorbitante, ma l’America è sempre il paese di tutto big.

Mi ricorda la barzelletta di un uomo, che viene indotto all’ultimo momento dagli amici a fare una gita a New York. Parte privo di tutto ed appena sbarcato, mentre raggiungono l’albergo, ferma il taxi davanti ad una farmacia ed entra per chiedere spazzolino e dentifricio “per un paio di giorni”. Il farmacista gli incarta un tubo da dentifricio da mezzo chilo ed uno strumento più simile ad una brusca per cavalli che ad uno spazzolino. Il cliente chiede spiegazioni, avendo chiesto la misura minima ed il farmacista gli risponde: “Ha visto. arrivando dall’Italia, le nostre strade, le nostre auto i nostri grattacieli? In America è tutto big“. Poi, garbatamente, gli chiede se serve altro. Il cliente risponde prontamente: “In realtà mi servirebbero anche delle supposte di glicerina, ma preferisco comprarle in Italia”.

Penso che sdrammatizzare gli editoriali non sia affatto un male.

Tornando all’argomento, il nostro corrispondente da New York. che era davanti al Tribunale in attesa delle parti, ha visto la Caroll scendere dal taxi e percorrere a piedi, reggendosi da sola l’ombrello la breve distanza dall’ingresso del tribunale e, pochi secondi dopo, sopraggiungere un corteo di auto, a sirene spiegate, alcune delle quali, compresa quella in cui viaggiava Trump, sono entrate nel garage dello stesso tribunale, dove immediatamente dopo sono state chiuse le porte.

E. Jean Carroll sostiene di essere stata diffamata da Trump per e dopo la condanna dello stesso per abusi sessuali nei suoi confronti. Il Tycoon, infatti, che la Caroll sostiene l’abbia “violentata in un camerino di un grande magazzino newyorkese, negli anni novanta“, ha ribadito con un post pubblicato sul social Truth (il suo) che il processo voluto dalla Caroll si fonda “false accuse” che risalgono “forse a decenni fa, quella donna non sa neanche quando”. In sostanza ha dato alla Caroll della imbrogliona e della truffatrice. E siccome Trump non si contenta e non si ferma mai, non ha un minimo di giudizio e di freni inibitori, ha anche accusato Lewis Kaplan, il giudice federale che presiede il caso: “E’ estremamente ostile nei miei confronti, tristemente, non so perché, è un odiatore di Trump al 100%“. 

La difesa di Trump nel giudizio per diffamazione è patetica e ridicola: “Giurerà -riferiscono i suoi avvocati- di non sapere chi diavolo sia quella donna”. Siccome non è il processo per violenza e stupro, nel quale è già stato condannato, non si capisce a cosa serve una dichiarazione sotto giuramento manifestamente mendace quanto estranea alle accuse di cui deve rispondere.

Ma i guai giudiziari di Trump non si fermano qui.

Come è noto la Corte Suprema del Maine ha rinviato la questione dell’ineleggibilità di Trump, responsabile di tentativo di colpo di stato per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill, alla Corte Suprema degli Stati Uniti che l’8 febbraio si dovrebbe pronunciare in merito al ricorso contro la decisione presa dalla Corte Suprema del Colorado di escludere l’ex presidente dalle schede elettorali dello stato.

L’ineleggibilità di Trump è motivata in base alla sezione 3 del 14esimo emendamento, che vieta a chi ha giurato sulla Costituzione e ha partecipato a un’insurrezione di candidarsi di  nuovo. L’emendamento, com’è noto “è stato ratificato nel 1968 ed è stato usato per impedire ai leader confederati di ritornare a candidarsi, terminata la guerra civile, a cariche elettive“.

Se è vero che faccio fatica a capire come il partito repubblicano, una formazione politica di conservatori che, per natura e tradizione, dovrebbero volere candidati moralmente assolutamente ineccepibili, possano essere caduti così in basso. Ma poi penso che un Paese dove muoiono a raffica bambini e giovani, uccisi da esaltati armati fino ai denti, in cui la vita dei propri figli e nipoti è seconda alla libera circolazione delle armi, ci si può aspettare di tutto. E se la lobby delle armi impone i propri interessi come primari ai repubblicani, per loro davvero non c’è più speranza e Donald Trump è il degno e giusto rappresentante.

Mi duole, credetemi. Non ho dimenticato che senza gli States noi saremmo sotto il dominio nazista, Non ho dimenticato il Piano Marshall, piano per la ripresa europea, che ci ha consentito di rialzare il nostro Paese distrutto dalla furia nazifascista. Ma tutto ciò è consegnato alla storia, e l’America si appresta a candidare alle presidenziali un soggetto che, se eletto, ha già dichiarato di non essere disposto a difendere l’Unione Europea ed i suoi Paesi, se attaccati da qualcuno.

In parole povere se al posto di Franklin Delano Roosevelt, 32° Presidente Usa dal 1933 al 1945, ci fosse stato un Trump, noi oggi saremmo schiavi dei nazisti. Aveva perfettamente ragione Antonio Gramsci quando sosteneva che “… la storia insegnama non ha scolari“.

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