Il caffè con il lettore

Due racconti sui lupini per chiudere l’anno 2023

Gianvito Pugliese

Oggi, ultimo giorno del 2023 abbiamo concordato di non vederci e rimandare la nostra discussione a domani per il primo del nuovo anno.

E’ l’occasione propizia per chiuder l’anno con un racconto di Angelo Boccanegra sul venditore di lupini, ed un mio ricordo d’infanzia e, quindi la mia ricostruzione di un altro racconto sulle bucce dei lupini.

La domenica non potevano mancare sulla nostra tavola. Oggi li troviamo anche al supermercato. Una volta però c’era il venditore ambulante di lupini che per guadagnarsi da vivere, girava per le vie della città con i “panari” pieni e li vendeva dentro dei coni di carta, fatti al momento della vendita con maestria, grandi o piccoli, in base al quantitativo richiesto.Thank you for reading this post, don’t forget to subscribe!

Sembra ancora sentirlo urlare per strada con la sua voce quasi “familiare”; sembra ancora di vederlo sbucare dietro l’angolo con il suo carretto o la sua bicicletta con quell’aria un po’ da vagabondo.

Alzi la mano chi, in passato, passeggiando per le strade della città, non si è mai imbattuto nel venditore di lupini; non si è mai fermato a comprarli e chi, smangiucchiandoli, non si lasciava dietro la scia delle bucce dei lupini.

Ancora oggi, soprattutto nei lunghi pomeriggi estivi, quando il frastuono della città diminuisce (non come una volta, però), chiudo gli occhi e mi sembra di sentire ancora ancora la frase tipica dei venditori ambulanti di lupini della mia città: “comme so’ sapòrìte, so’ sapòrìte le salatìedde”.

Bei ricordi, delle cose semplici di una volta.

Angelo Boccanegra

Nella notte di capodanno un viandante, abbastanza malridotto, camminava per strada con nella mano sinistra un cono di carta piccolo con i lupini, altro non si era potuto permettere.

Camminando, si fermava davanti alle vetrine dei ristoranti, a guardare i più fortunati di lui che festeggiavano in veglioni con tavoli opulenti pieni zeppi di cibo raffinato e delizioso.

Ovviamente, si confrontava con costoro ed invocava il Cielo, dicendo: “Perché, Signore, io devo essere l’ultimo della terra, il più povero, il più miserabile. A capodanno solo un cartoccio piccolo di lupini. Non è giusto”.

Aveva appena finito di pronunziare mentalmente questa frase che gli venne di girarsi e guardare dietro un ombra che lo seguiva. E scoprì, così, di non essere l’ultimo. L’ombra dietro di lui, che era anch’essa un uomo, ancor più povero, lo seguiva per raccogliere e mangiare le bucce dei lupini che stava gettando lungo la strada. E da quel giorno non si lamentò più delle sue sciagure. GP

La morale della favola tiratela Voi. Intanto buon fine d’anno.

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