Tensioni in Serbia dopo le elezioni parlamentari

Manifestazioni di protesta e accuse di frode agitano il paese balcanico dopo il trionfo del partito di Vučić

Rocco Michele Renna

Le elezioni parlamentari in Serbia hanno scatenato una serie di controversie e proteste, con gli oppositori che contestano la vittoria assegnata al 47% del Partito Progressista Serbo (Sns) guidato dal presidente Aleksandar Vučić, noto per la sua stretta relazione con Mosca. Da oltre 10 giorni, migliaia di manifestanti scendono quotidianamente per le strade, occupando persino la carreggiata con una tendopoli.

L’opposizione, sostenuta da diverse irregolarità denunciate, sta chiedendo una revisione dei risultati delle elezioni parlamentari. I sospetti di frode a favore del partito al potere sono alimentati dai serbi, ma le autorità locali negano categoricamente ogni accusa. Vučić stesso ha etichettato i manifestanti come “rivoltosi e delinquenti”.

Secondo Marko Banović, analista del Digital Forensic Center con sede a Podgorica, in Montenegro, i funzionari governativi serbi e russi stanno diffondendo costantemente disinformazione. Affermano che “l’Occidente sta organizzando una rivoluzione colorata e cercando di destabilizzare la Serbia”.

Il Cremlino va oltre, sostenendo che l’Occidente sta preparando un “Maidan” in Serbia. Sorprendentemente, il governo serbo ha ringraziato l’intelligence russa per queste informazioni, mentre i manifestanti rispondono ironicamente sventolando bandiere dell’UE e dell’EuroMaidan.

Inoltre, l’accusa di 40.000 voti pilotati provenienti dalla Bosnia ha intensificato la tensione. Milorad Dodik, leader della Republika Srpska, ha difeso l’alleanza con Vučić, sostenendo che una “Grande Serbia” è garanzia di pace. Dodik ha dichiarato che la protezione del Cremlino non interferisce con il dialogo con l’UE.

In un’intervista, Dodik ha sottolineato l’importanza delle elezioni anticipate, affermando che una Serbia forte è un prerequisito per la pace nei Balcani. Ha invitato i serbi della Republika Srpska a sostenere Vučić, respingendo le accuse di influenze russe negative.

Quando interrogato sulla possibile adesione della Bosnia all’UE, Dodik ha evidenziato le trasformazioni avvenute nel blocco europeo, criticando le politiche relative a migrazione, identità e ideologie di genere. Ha sottolineato la preferenza per un’UE basata su relazioni economiche e sociali tradizionali.

Infine, sulla questione del Kosovo, Dodik ha sottolineato le difficoltà dei serbi nella regione, affermando che la Serbia sta facendo il possibile per proteggerli. Ha ribadito il ruolo della Repubblica di Serbia come garante della vita del popolo serbo al di là della Drina, sottolineando la complessità della situazione nella regione.

In conclusione, la situazione post-elettorale in Serbia si presenta come un intricato scenario di tensioni politiche e sociali. Le manifestazioni di protesta, le accuse di frode e le controversie legate al processo elettorale hanno contribuito a una crescente instabilità nel paese balcanico.

Le dichiarazioni contrastanti tra le autorità serbe e l’opposizione, le influenze straniere, in particolare quelle di Mosca, e le connessioni internazionali complesse mettono in evidenza un contesto delicato e suscettibile di ulteriori sviluppi imprevedibili.

L’interrogativo riguardante un presunto coinvolgimento di Putin nel sostenere un secondo fronte in Europa attraverso il malcontento in Serbia è fonte di preoccupazione. Le tensioni geopolitiche nella regione e il coinvolgimento di attori esterni aggiungono un elemento di incertezza al quadro complessivo.

Mentre il presidente Vučić respinge le accuse e le autorità serbe negano qualsiasi interferenza esterna, la comunità internazionale rimane attenta agli sviluppi nella regione. La tensione tra le forze pro-europee e quelle che cercano un maggiore allineamento con la Russia continua a definire la politica interna, aumentando il rischio di divisioni e instabilità a livello nazionale.

In questo contesto, è fondamentale per la Serbia e la comunità internazionale lavorare per una soluzione pacifica e costruttiva. La necessità di un dialogo aperto e trasparente tra tutte le parti coinvolte è essenziale per evitare ulteriori escalations e per promuovere una stabilità duratura nella regione dei Balcani. La situazione, tutt’altro che tranquilla, richiede una gestione oculata e la volontà di perseguire soluzioni diplomatiche per garantire il benessere e la sicurezza della popolazione serba e della regione nel suo complesso.

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