Il caffè con il lettore

la Meloni, giustizialista all’ennesima potenza. contro Chiara Ferragni.

Gianvito Pugliese

Siamo tornati, carissime/i ospiti al caffè, come Dio comanda, al mattino, quando è più che giusto sorseggiare la bevanda che ci aiuta e talvolta riesce a darci la forza e l’energia per tirare avanti fino all’ora di pranzo.

Ieri, a causa di numerosi disguidi sfavorevoli siamo arrivati ad incontrarci a tarda sera, più adatta alla camomilla che al caffè. Scherzo non tradirei mai il mio amato caffè con un infuso, che non nego abbia i suoi effetti benefici, ma diciamolo è roba per inglesi, con tutto il dovuto rispetto, nonostante siano stati cosi fessi da votare per la brexit e mo’ piangono lacrime amare, come il coccodrillo che si è mangiato i figli. La discussione è stata alquanto stringata ma soddisfacente. Era troppo tardi per scrivere l’articolo riassuntivo. Proverò a farlo una di queste sere, forse oggi stesso.

Intanto, giusto per non fare lo snob non trattando un argomento, sul quale hanno dissertato cani e porci, più porci che cani a dirla tutta, stamane orienterei la mostra chiacchierata sul caso “Panettone-Ferragni. Se un lettore, affetto da grave sordità, non avesse sentito proprio nulla in proposito, temo che “Panettone-Ferragni” gli farebbe pensare ad uno di quei filmetti natalizi a basso costo e di scarsa qualità produttiva, ma record di affluenza e d’incassi, con protagonista Chiara Ferragni.

Non è così. tutti hanno assolto o condannato nettamente, qualcuno più saggio con i distinguo, dal momento che le notizie si sono sovrapposte e contraddette. Stamane l’ultima: il produttore del panettone (non lo cito per non fargli pubblicità subliminale e pure gratuita) si dichiara responsabile di tutto e scagiona Chiara Ferragni da ogni colpa, con buona pace dei vari De Agostino, supergiudici della supercassazione galattica, che tutto sanno e di tutto sproloquiano.

La verità è che si sapeva già da giorni della multa salata dell’antitrust a Ferragni, che aveva annunciato di voler proporre ricorso. Una cosa di poco conto in realtà, se la Meloni in chiusura di un Atreju senza un solo guizzo, neanche uno piccolino come quello dei pesciolini rossi, in chiusura di una kermesse totalmente fallita non avesse cercato ed ottenuto lo scoop dell’attacco e della condanna, chiaramente di marca “giustizialista” della Ferragni. Meloni ha dimostrato di saper contare: trenta milioni di follows solo su Instagram fanno della signora Fedez una dea del web e nel mondo, pericolosissimo per la politica, degli influencer.

E poi, piccolo particolare Ferragni è una icona della sinistra, anche quella intellettuale, che un po’ se ne vergogna, Chissà perché poi.? Sia chiaro non sono un fan sfegatato della bella Chiara, non ho lesinato critiche da queste pagine quando Franceschini ebbe la “geniale” idea nella campagna sulle bellezze italiane del suo ministero di utilizzare un’immagine della Venere di Botticelli «influencer» davvero molto simile a uno scatto del 2020 di Chiara Ferragni. Era evidentemente lo stesso, riveduto e corretto per l’uso e l’occasione. Li era una questione di rispetto per l’arte è, per come la vedo, Franceschini si era messo “a bestemmiare in chiesa, durante una messa”.

Detto questo la Meloni in rapida successione ha attaccato le due donne di sinistra Schlein e Ferragni (chi prima e chi dopo poco conta), ambedue ovviamente non presenti. Ma la mamma, alle sorelline (quando erano piccole) Arianna e Giorgia Meloni, ha mai spiegato che inveire contro l’assente, che perciò non può risponderti, si chiama Maramaldeggiare, ovvero comportarsi come colui che fu etichettato dalla storia come “Vile! Tu uccidi un uomo morto”. Non c’è nulla di più abietto e volgare di una cosa del genere. Piaccia o no Giorgia, è un dato oggettivo, ammesso che bon ton ed educazione siano noti, e non questi sconosciuti.

Devo dire che ho sbagliato ritenendo che poco avrebbe fatto, chi governa con il consenso di meno di un terzo degli italiani aventi diritto al voto, contro chi ha trenta milioni di follower, senza bisogno di alcun partito alle spalle, per non contare tele Meloni-Kabul, già servizio pubblico Rai, e la trilogia di un indefinibile (per carità di patria) giornalismo, che ha la faccia tosta di definirsi stampa libera, ma se fosse di partito, forse avrebbe più pudore.

Se la Ferragni dovrà pagare la multa o ne uscirà intonsa, non lo so e neanche ci perdo il sonno.

Però l’episodio mi fa riflettere a proposito del dichiarato garantismo della destra tutta (quando difendeva Berlusconi, eterno imputato) ed il giustizialismo, oggi nei confronti della Ferragni, ieri di Aboubakar Soumahoro, il quale non ha mai ricevuto il benché minimo avviso di garanzia, per fatti eventualmente (direbbe un garantista) commessi dalla compagna e dalla madre di lei, sui quali non esiste una sentenza passata in giudicato ed ai quali è penalmente estraneo.

Ovviamente in entrambi i casi la triade Belpietro (La Verità), Sallusti (Il Giornale) e il neo direttore di Libero, Sechi (anche capo ufficio stampa di Palazzo Chigi con la Meloni) che non ha dato nessuna svolta al quotidiano fondato da Vittorio Feltri, rinnegato tutto lo sventolato garantismo, hanno tirato fuori la ghigliottina mediatica forcaiola.

E a proposito l’unica voce da destra non assolutoria, ma di non condanna alla Ferragni, letta in questi giorni è proprio quella di Vittorio Feltri.

Per il resto. all’insegna del pensiero unico e dell’ “ipse dixit”, dopo cotanta dichiarazione, nessuno osa ricordarsi delle battaglie della destra garantista, contro il giustizialismo forcaiolo di sinistra o, versione preferita, dei sinistri.

Un’ospite, poi dice che non è vero che le donne sono più attente e riflessive di noi uomini, durante la discussione seguita mi ha corretto quanto alla mancanza di guizzi o di scoop di Atreju. Donzelli presentando alla Rai atreju ci ha informati che “praticamente la Meloni ha abolito la disoccupazione”. Mi corre obbligo d’informare Donzelli che il tasso di occupazione a ottobre (ultimo dato disponibile) è salito al 61,7% ergo il 38,3% degli italiani in età da lavoro risulta disoccupato o inoccupato. Altro che scomparsa, si è moltiplicata invece la quantità d’italiani sotto la soglia di assoluta povertà che sfiora ora gli ottomilioni. Donzelli, patriota e bugiardo non sono la stessa cosa.

Mi chiedo francamente se informare Donzelli, che evidentemente aspira al Guinness dei primati (in inglese Guinness World Records), che la categoria Fake news non è stata ancora compresa, nonostante il libro “edito annualmente dal 27 agosto 1955, raccolga tutti i primati del mondo, da quelli naturali a quelli umani, a quelli più originali”. Non demorda, mi raccomando, per lui ci sono ottime speranze.

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