Il quarto stato

Il più noto e famoso quadro dipinto da Giuseppe Pellizza da Volpedo

Gianvito Pugliese

Dopo esserci cimentato e misurato con la poesia e la letteratura, uscendone, spero indenne, in realtà con la soddisfazione di un ritrovarmi affiancato da un certo numero di lettori che mostrano autentico gradimento per quei “pezzi”, come talvolta mi piace chiamare gli articoli, indifferentemente se miei o di altri autori, è arrivato il tempo di misurarsi con le arti visive e figurative.

Certo la scelta della prima opera non è certo ispirata ad un comportamento prudente. Ma se non fossi stato per natura temerario non avrei gareggiato con le moto cc125 a sedici anni e nelle gare automobilistiche a partire dai diciannove con la Lancia Fulvia Coupè da Rally. Mi sto dicendo che avrei dovuto scegliere un’opera più tranquilla dove procedere sul sicuro. Un quadro, una scultura, una creazione, appena ultimato da un artista poco conosciuto, senza troppe recensioni alle spalle, che può essere motivo di confronto da cui è facile uscirne a pezzi.

Ma questi sono i giorni del coraggio i giorni di Alexei Navalny e Julija Borisovna Naval’naja, i giorni di Julian Assange, che se estradato in Usa si ritroverebbe con una quasi certa condanna a 175 anni di carcere, per aver fatto correttamente il giornalista, cioè di fatto una condanna a morte, né più, né meno del più noto oppositore russo e se loro hanno affrontato e affrontano prove di quel genere, è ridicolo farsi tremare i polsi per una cosetta da nulla.

In effetti non è proprio da nulla. Sono fortunato, in tutto nella mia vita ho avuto i migliori maestri che avrei potuto desiderare, e nel giornalismo il mio Maestro è stato l’immenso Michele Campione. Tutti lo conoscono come giornalista, tanti come scrittore di racconti e poesie. Forte pochi, ma non tanto, lo conoscono come critico d’arte a livelli ineguagliabili nella nostra terra. Con tale Maestro non posso permettermi di fallire. Ma ora basta continuo a girare attorno per aggirare l’ostacolo: mi piaccia o no lo devo saltare.

Lo riposto qui in dimensioni maggiori e quindi più visibile, dopo averlo utilizzato come foto di copertina.

Non datemi del matto. E’ una dei quadri che amo maggiormente e di cui ho letto parecchio, ma sto sforzandomi di cancellare tutto ciò che ho appreso e commentarlo da “tabula rasa”.

L’unica disubbidienza con Michele è stata quella di essermi sottratto a commenti su opere figurative. E non è che lui non abbia insistito. L’ho conosciuto che facevo, con successo, l’editorialista o opinionista, come preferite, per BariSera. Mi fece coltivare la mia vocazione, ma m’impose di diventare un cronista a 360°. Mi fece misurare con articoli di ogni genere che scrivevamo per la pagina regionale del Corriere del Giorno, il più antico quotidiano di Puglia. Oggi, Michele, è arrivato il tempo di obbedire anche a quell’unico tuo desiderio che non ebbi il coraggio di assecondare.

L’autore, Giuseppe Pellizza da Volpedo certamente dipinge un quadro documentario di un’epoca. Partono le prime rivendicazioni sociali e Pellizza da Volpedo vuol lasciarne traccia. Se sia la rappresentazione pittorica di un autentico corteo visto dall’autore o frutto totale della sua fantasia e della voglia di narrare la sua epoca ed i fermenti sociali che spuntano come fiorellini appena sbocciati, non lo so, ma di certo i personaggi hanno una tale forza espressiva che può essere solo frutto della mano e della mente di un grande pittore.

Sullo sfondo la massa dei lavoratori che gesticola vivacemente e sembra discuta le prime rivendicazioni, magari suggerendone di nuove o discutendo del peso reale e l’opportunità delle richieste da avanzate.

Poi alla testa del corteo tre figure emblematiche dei lavoratori dell’epoca. Da sinistra il vecchio, il giovane e la donna. Nel vecchio e nel giovane una dignità nell’incedere, nonostante i vestiti modesti e laceri che si usano sul lavoro. Il vecchio indossa una camicia aperta, forse priva di bottoni o con le asole talmente usurate da non reggere la chiusura, la giacca la porta appesa sulla spalla sinistra. Il più giovane al centro indossa un gilet ben chiuso, con la mano destra regge la giacca portata in maniera decisamente sobria ed elegante come al passeggio domenicale con le fidanzate di un tempo, seguiti a breve distanza dai parenti della ragazza, che diversamente sarebbe stata compromessa. La donna a piedi nudi, mentre regge in grembo una creatura pure nuda, col gesto della mano pare invitare il suo uomo, il giovane “elegante”, a desistere dal guidare il corteo, dall’esporsi alle inevitabili ritorsioni che quel ruolo comporta.

Su tutto regna sovrano il sole del sud ed il calore infuocato lasciato nei campi e nelle strade sterrate su cui procede il corteo, ne sono testimoni i volti abbronzati, anche se l’oscurità sul fondo ci lascia pensare che siamo poco dopo il tramonto, e lo confermano le fiaccole accese al lato delle strada sui muri che la delimitano.

Mi ha colpito, devo confessarlo l’accuratezza nella riproduzione dei volti del corteo che segue i tre. Fin dove distingui i lineamenti vedi che nessuno è uguale o molto simile all’altro. Un’accuratezza da miniaturista.

Posso solo dire che resta un quadro tra quelli che preferisco e che, tutto sommato, superata la ruggine iniziale, mi sembra sia stata, almeno per me una bella esperienza. Spero anche per Voi.

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