La tragedia di Andria, per non dimenticare…

L’ultima giornata di una vittima raccontata da lei stessa ed il doloroso ricordo di un soccorritore. E’ il 12 luglio 2016 data del terribile scontro frontale tra due treni, nel tratto tra Andria e Corato. Morirono 23 persone e altre 50 rimasero ferite

Rocco Michele Renna

Ho finito gli esami, per questa sessione. Finalmente. Entro nella mia stanza e chiamo mia madre: “È andato pure questo, mamma. Adesso sistemo le ultime cose e torno dritta a casa. Fra poco ho il treno. Ci vediamo dopo!”.
Chiudo la valigia, butto il libretto universitario nello zaino e vado alla stazione.
Fa caldo oggi, molto. È un caldo asfissiante e il vento che soffia leggero mi brucia lentamente la pelle. Questa valigia pesa troppo. Non ce la faccio a trascinarla. E lo zaino mi schiaccia le spalle. Non vedo l’ora di salire sul treno.
Sono al binario; mi accendo una sigaretta nell’attesa. Due tiri e la butto. Prendo il cellulare e scrivo alla mia migliore amica: “Ci vediamo stasera. Organizza un aperitivo: ho voglia di far festa”. Lei mi risponde con una faccetta ridente: “Avverto gli altri”. Sorrido. La mia terra, la mia gente: finalmente. Quante ne faremo st’estate. E poi il lavoro, e la tesi. Sarà un mese di fuoco, letteralmente. Penso troppo alle cose che dovrò fare nei prossimi giorni, tanto da non accorgermi che il treno è arrivato. Quasi lo perdo. Torno con i piedi per terra e salgo. Quanta gente c’è. Oggi è affollatissimo. Spero di trovare un posto. Ah, menomale: c’è l’aria condizionata. Respiro. Attraverso uno, due, tre vagoni. Eccolo là, un sedile vuoto. Accelero il passo: il ragazzo lì in fondo potrebbe rubarmi il posto e io tutto il viaggio in piedi proprio che non me lo voglio fare. Butto la valigia sul portabagagli e mi siedo. Di fronte a me c’è una ragazza, carina ma con una voce troppo stridente per i miei gusti. Ha voglia di chiacchierare ma non sono in vena di socializzare. Mi infilo repentinamente le cuffie nelle orecchie. Sparo il volume al massimo: nessuno mi deve disturbare.
Il treno è in corsa: e guardo la terra bruciata dal sole cocente di luglio; e guardo le chiome degli ulivi che si smuovono allo sfrecciare del treno. E guardo la mia terra: quant’è bella. Quanto sono felice: pure quest’anno è andato. Dai, che la laurea è vicina. E poi? E poi la specialistica. Si, ma dove? Non lo so. Un problema alla volta sennò non risolvo nulla. Uh, devo avvertire il mio ragazzo: “Arrivo alle due. Mi vieni a prendere tu alla stazione”? “Certo! Alle due, giusto? Tranquilla che mi faccio trovare al binario”. Perfetto.
Corre il treno. Corre.
Scorrono i minuti sull’ipod. Parte un’altra canzone. E poi un’altra ancora.
E poi.
E poi si ferma tutto…
Un boato. Un fischio. La mia testa che rimbalza sul sedile. Una, due, tre volte. Rimbalza forte. Mi fa male.
Volo. Volo lontano. Mi ritrovo sbattuta per terra. Schiacciata. Confusa. Stordita.
Cadono tutti. E urlano tutti.
Ho caldo. Poi, di colpo, ho freddo. Poi di nuovo caldo. Sento qualcosa che mi scorre lungo l’addome. E’ sangue: ho una lamiera conficcata dentro. Ma perché? Che è successo? Chiamate mia madre. Voglio mia madre. Chiamate mia mamma. Non capisco che cosa sta succedendo. Ho paura. Ho tanta paura. Voglio tornare a casa. Chiamate mia mamma.
Poi non sento più nulla. Non vedo più nulla.
Sono morta così, in un incidente ferroviario. In una calda giornata di luglio. E dopo l’impatto, solo un gran silenzio. Rimangono solo gli ulivi imbrattati di sangue. Rimangono solo le vite spezzate. E i sogni schiacciati. E i programmi annullati. Rimangono solo storie sospese.
Ricordami tu, mamma. Ricordami raccontando quello che ero. Quello che volevo fare. Quelli che erano i miei progetti. Raccontami: raccontami nei difetti e nei pregi. Racconta di come me ne sono andata sotto il sole cocente di luglio, tra le lande della mia amata terra.
Ricordami tu, mamma. Mi mancherai.
(12 luglio 2016- Autore sconosciuto)

Questo è la storia di una dei tanti che si sono trovati quel maledetto giorno, su quella linea ferroviaria ad un solo binario, io mi trovavo sul posto con dei volontari per potere dare una mano agli esperti vigili del fuoco.
C’erano pezzi di lamiera ovunque, brandelli di tessuto e umani… Credevo di essere ormai abituato a quelle cose, alla morte che arriva di sorpresa a ghermire gli affetti e a distruggere le speranze, ma quella piccola scarpa da bambino, in mezzo a quelle lamiere, mi ha distrutto come un pugno nello stomaco. In quella giornata caldissima, sentivo una lacrima cominciare a scorrere sulla mia guancia… cosa mi succede? Ho visto tante volte la morte perché quella scarpina mi ha colpito tanto? Forse, perché anche io sono un genitore? Ho pensato a mille cose in quel momento, chissà come stava quel bambino? Come stava il suo genitore? Si saranno salvati o…
Dissero che fu un errore del capostazione. Il capostazione è, forse, il colpevole materiale, ma quello morale? O i colpevoli morali? Quelli se ne stavano e stanno al sicuro sulla loro preziosa poltrona. Nel corso degli anni hanno fatto tanti tagli, tolto i casellanti che sarebbero potuti intervenire e tentare di evitare la tragedia a monte…
Nel 2016 ci sono ancora linee ferrate a mono binario, non ci sono soldi per il sud, al sud ci sono le “pietre” e costa troppo, così diceva il ministro di allora… Le pietre? Costa troppo? La vita umana allora non vale niente? Forse, perché sono del sud? Eh sì tanto al sud si arrangiano e anche quando arrivano i soldi “spariscono” e magicamente tornano al nord…
Sono sempre più convinto che il sud si chiami “Mezzogiorno”, perché vengono tutti al sud a riempirsi pancia.

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