Giorno 532 – 9 agosto 2023

Dopo l’analisi tecnica le responsabilità della disfatta russa, ormai inequivocabile: la prevaricazione del potere politico sui militari

Orio Giorgio Stirpe

I concetti tecnici che ho cercato di riassumere in maniera accessibile ai più nell’articolo precedente servono per mettere a fuoco alcuni aspetti fondamentali utili a capire le dinamiche in atto nel conflitto in Ucraina.

I punti fondamentali del discorso sono il rapporto pratico fra l’autorità politica e i vertici militari durante il processo di pianificazione, e quello logico esistente fra l’End State, il Centro di Gravità (CoG) e gli obiettivi militari nell’ambito del processo stesso. L’analisi di tali rapporti ci mostra se lo Stato in esame agisce in maniera funzionale o disfunzionale.

Nel primo caso (Stato funzionale) le aree di responsabilità fra potere politico e vertici militari sono delimitate in maniera precisa e gli attori sanno rispettare i reciproci limiti di autorità; analogamente, l’End State determina il CoG e il CoG determina gli obiettivi militari.

Nel secondo caso (Stato disfunzionale) le aree di responsabilità si sovrappongono o si mescolano, l’End State risulta abbastanza vago da non consentire una chiara individuazione del CoG, e gli obiettivi militari risultanti appaiono incongrui e addirittura improvvisati.

L’End State dell’”Operazione Militare Speciale” è stato espresso da Putin in diretta TV il 24 febbraio 2022: “Lo scopo di questa operazione è proteggere le persone che, ormai da otto anni, affrontano l’umiliazione e il genocidio perpetrati dal regime di Kiev. A tal fine, cercheremo di smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, nonché portare in giudizio coloro che hanno perpetrato numerosi crimini sanguinosi contro i civili, compresi i cittadini della Federazione Russa.” (http://en.kremlin.ru/events/president/news/67843). Si tratta, come ovvio, di un fine politico che sostanzialmente si concretizza con la neutralizzazione delle forze armate ucraine, con la rimozione e cattura del governo ucraino e con la sottomissione dello Stato ucraino alla volontà del Regime russo. Qualsiasi analisi militare dell’End State porta a individuare il CoG dell’invasione russa nell’area di Kyiv e nel complesso dell’amministrazione statale ucraina colà dislocata: questo in quanto l’acquisizione di tali elementi avrebbe concretizzato la realizzazione dell’End State fissato dall’autorità politica russa e quindi la “vittoria” militare. Gli obiettivi connessi a tale CoG sono da ricercare fra quelle località topografiche e quelle capacità ucraine che occorreva acquisire e/o neutralizzare in modo da raggiungere e acquisire il CoG stesso. Ogni altro obiettivo previsto deve essere connesso – direttamente o indirettamente – al CoG in modo da facilitarne l’acquisizione.

In quest’ottica il piano apparente dell’Armata russa così come posto in essere il 24 febbraio 2022 appare coerente: l’offensiva su Kyiv è l’unica che abbia previsto una seconda linea di attacco (cioè una seconda Armata alle spalle di quella che eseguiva l’attacco, in modo da dare “profondità” all’offensiva e sostenerla), e quella che ha ricevuto il maggior supporto in termini di aviazione, di forze aviotrasportate e di Forze Speciali. Tutti gli altri settori hanno invece visto semplici avanzate su una sola linea, e che quindi hanno raggiunto livelli di penetrazione relativamente scarsi, tranne che di fronte alla Crimea dove le difese erano più deboli e le forze attaccanti di migliore qualità.

Il problema che però evidenzia una prima disfunzionalità da parte russa risiede nell’ambito dei “vincoli e limiti” posti dall’autorità politica per la pianificazione: l’idea di base che i soldati ucraini NON avrebbero opposto una resistenza organizzata e che tale resistenza sarebbe stata posta in essere solo dalle “milizie naziste” presenti sul territorio.

Tale assunto nella pianificazione è reso evidente ormai da numerose testimonianze di prigionieri di guerra e da prove fisiche raccolte sul terreno. Poiché appare molto strano che l’intelligence militare russa possa aver preso un tale abbaglio, e vista la chiara titubanza espressa in diretta TV da rappresentanti dell’intelligence stessa, appare chiaro che ci troviamo davanti ad un classico caso di prevaricazione da parte del potere politico sui suoi stessi tecnici e quindi sui vertici militari, che sono stati costretti a pianificare basandosi su premesse errate.

Già qui la disfunzionalità del sistema-Paese russo appare evidente.

Il fallimento della pianificazione originaria russa che ne è risultato, con la sconfitta nella battaglia di Kyiv e la conseguente ritirata dal nord, ha condotto ad un drastico cambio dei fondamenti stessi della pianificazione russa. Quella pianificazione, che verosimilmente aveva richiesto almeno sei mesi, ha dovuto essere completamente rivista in pochi giorni basandosi su un End State completamente differente.

Tale nuovo End State può nuovamente essere dedotto dalle dichiarazioni dello stesso Putin, che ad aprile 2022 ha sostanzialmente affermato consistere nella “liberazione del Donbas”.

Come più volte rimarcato nei post precedenti, la conformazione del terreno e l’andamento del fronte portavano a porre quasi automaticamente il CoG della rinnovata offensiva russa nell’area di Kramatorsk: area la cui acquisizione avrebbe portato all’effettiva presa di controllo dell’intera zona del Donbas da parte russa.

Una tale operazione era perfettamente alla portata dell’esercito russo, per quanto scosso dalla sconfitta subita a Kyiv, ma avrebbe richiesto un’adeguata fase organizzativa. Come abbiamo visto tale fase prevede tanto la pianificazione di dettaglio quanto l’approntamento delle forze; Putin di contro aveva fretta, in quanto politicamente riteneva necessario ottenere la “vittoria” entro la data-chiave dell’8 maggio (festa della vittoria del 1945), e quindi ha nuovamente prevaricato i suoi vertici militari imponendo una fase organizzativa ridicolmente breve, con una pianificazione improvvisata e soprattutto un approntamento felle forze e del sostegno logistico assolutamente inadeguati.

Conosciamo le conseguenze di questa nuova dimostrazione di disfunzionalità: a dispetto delle gravissime perdite subite, i russi non si sono neppure avvicinati al loro CoG e hanno anche subito due gravi rovesci lontano da esso, quando gli ucraini (che invece hanno avuto tutto il tempo di pianificare le loro operazioni) hanno sferrato i contrattacchi agli estremi opposti del fronte a Kharkiv e a Kherson.

Quando un sistema si rivela disfunzionale in guerra, quasi mai riesce a recuperare la sua funzionalità conflitto durante; al contrario, soprattutto quando è di natura autocratica, tende a sprofondare ulteriormente nella sua disfunzionalità in quanto l’autocrate non riconosce le proprie responsabilità e le attribuisce invece ai propri collaboratori. In questo modo la prevaricazione del potere politico sui vertici militari aumenta invece di diminuire, e tende a ricercare la collaborazione di elementi esterni politicamente motivati.

Abbiamo così la “mobilitazione parziale”, ordinata con modalità e soprattutto tempistiche imposte ad un apparato militare sempre più riluttante, e l’ascesa della PMC Wagner.

Come già osservato più volte, la mobilitazione ha sì portato quell’aumento di potenziale militare disperatamente necessario all’Armata russa, ma tale aumento non ha comportato una corrispondente crescita della componente offensiva del potenziale stesso: in sostanza ha messo i russi in condizioni di potersi difendere nei territori occupati, ma non di poter riprendere l’offensiva.

A questo punto la disfunzionalità ha cominciato a crescere in maniera esponenziale.

Da un lato i vertici militari – in particolare il Capo di Stato Maggiore Gerasimov, persona accomodante ma competente – hanno preso coscienza della situazione critica dell’esercito e preso una serie di misure prettamente difensive, quali lo scavo di postazioni di resistenza e lo stendimento di campi minati quali l’Europa non aveva mai visto prima per densità ed estensione; dall’altro, la PMC Wagner è stata incaricata di assumere l’iniziativa in campo offensivo, tornando a premere sull’unica direttrice possibile e cioè da Donetsk verso Kramatorsk passando per Bakhmut.

A partire da questo momento non si osserva più una pianificazione funzionale ad un disegno coerente e razionale, quanto piuttosto una serie di decisioni prese a livelli differenti più a titolo di emergenza che altro. I vertici militari hanno apparentemente fatto ricorso ad una pianificazione di contingenza (cioè basata sulle necessità del momento) in assenza di una chiara direzione politica, assumendo in sostanza una posizione difensiva e attendista, tesa a mantenere il controllo delle posizioni raggiunte: di qui la stesura di vasti campi minati speditivi, che oltre a ostacolare i movimenti avversari precludono anche successive avanzate proprie, e la dispersione del dispositivo militare lungo l’intero fronte, che rende difficile l’assunzione dell’iniziativa in un punto preciso.

Dall’altra parte il potere politico – frustrato dai fallimenti militari e dal degrado della situazione economica e diplomatica – si aggrappa alla propria stessa retorica, reclamando l’avvenuta assimilazione dei territori occupati e reclamandone di nuovi sulla base di un’ininterrotta e sterile offensiva condotta in un unico punto (sempre Bakhmut), utile più alla propaganda e a marcare il punto politico che non ad acquisire effettivi vantaggi militari.

L’esaurimento delle capacità offensive della PMC Wagner (corrispondente all’esaurimento della massa umana dei prigionieri reclutati) ha posto fine alla fase del “doppio binario” decisionale russo, che a sua volta aveva creato l’attrito fra la stessa Wagner e i vertici militari. L’offensiva su Bakhmut si è spenta (dopo essere stata brevemente presa in carico dall’esercito regolare), la PMC di Prigozhin è clamorosamente uscita di scena (vedremo se definitivamente o meno) e l’iniziativa è rimasta in mano agli ucraini, che si sono trovati alle prese con gli apprestamenti difensivi russi: è la situazione di oggi.

L’End State attuale non è stato esplicitato da Putin, ma appare nei fatti il congelamento della situazione del momento: in sostanza un armistizio (non una pace ufficiale) sulle posizioni raggiunte, che chiaramente non possono più essere migliorate ma potrebbero facilmente peggiorare. E il CoG? Data la situazione corrente sul campo e il capitale politico investitovi sopra dal Regime, appare decisamente essere la Crimea, la cui perdita sancirebbe la sconfitta del Regime.

In definitiva, la disfunzionalità del sistema-Paese russo nella gestione del conflitto appare abbastanza evidente, e spiega l’imprevedibile esito dell’”Operazione Militare Speciale”: è per via di questa disfunzionalità che un potenziale militare tanto superiore ha potuto essere consumato in maniera tanto rapida e con risultati così mediocri da essere posto sulla difensiva da un avversario inizialmente così manifestamente inferiore.

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