Dai social

La nostra Amica Elena scoperchia uno dei vasi di Pandora del nostro Paese.

La redazione

La nostra amica cybernauta Elena @Elena81353537, sempre sulla notizia, scoperchia un vaso di pandora in cui è finito il giornalismo. Dei giornalisti, sia professionisti che pubblicisti, solo una parte fa vero giornalismo, racconta cioè, ciò che ha visto e ne pensa, onestamente al lettore. Un congro numero contribuisce ad alimentare a dismisura fake news, che tutta la stampa -in parte falsamente- dice di voler combattere. Ovviamente la fake del giornalista non è quella del leone della tastiera dei social. Da professionista della comunicazione ci mette un fondo di verità, per non essere smentito facilmente, ma la racconta distorta e la interpreta inneggiando al suo padrone. E soprattutto qui casca l’asino, il nostro padrone deve essere esclusivamente il nostro lettore.

Elena difende Sigfrido Ranucci (in copertina con Italo Bocchino), degno allievo ed erede di Milena Gabanelli, e la sua trasmissione d’inchiesta Report, attaccata da Bocchino perché, sostiene Elena, indaga sul Potere, soprattutto quello gestito dagli amici dello stesso Bocchino.

Diciamola tutta, cara Elena, non è che non ci sia la stampa libera e non è il solo Ranucci, ma tante testate che, avendo scelto di servire il lettore e non il dio denaro, che viene o dalla politica o dalla pubblicità, accettando di servire l’una e/o l’altra, lavorando a pane in corpo hanno poca possibilità di emergere e spesso meno visibilità di quanto meritino. A differenza dei venduti che, quando scrivono immondizia, si scatena la grancassa mediatica per pubblicizzarla.

E qui entra in gioco la cultura, la civiltà ed il progresso di un Paese. Certa stampa non dovrebbe avere un solo lettore, così come non dovrebbero avere un solo voto ed elettore il politico che mente. Smettiamola di dire la sciocchezza che l’elettore ed il lettore hanno sempre ragione. Spesso, ma non sempre. Sta di fatto che una cultura faziosa e di parte, fomentata dai partiti, fa sì che non si legga informazione differente e perciò utile ad avvicinarsi al capire, ma tutta dello stesso segno, riuscendo solo a ritenere credibile “che l’asino vola” o, se preferite, voli.

Ma siamo nel Paese di Coppi-Bartali, Mazzola-Rivera, Muti-Abbado. Finanche William Shakespeare, ambientando la sua più bella storia d’amore a Verona la presenta con Capuleti-Montecchi e sappiamo tutti come finirono Giulietta e Romeo. C’è una profonda morale, che spesso passa in seconda linea rispetto alla magnificenza dell’Opera, ed è rappresentata dagli effetti tragici di certi dualismi familiari, ed aggiungiamo noi politici, sportivi e finanche artistici.

La contrapposizione netta ed insanabile è la negazione della cultura, anche se si tifa artisti come Abbado e Muti, o Ughi e Accardo… la tifoseria sempre opera d’incolti resta.

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