Capacità di proiezione

La capacità di proiezione nonostante sia ostica va conosciuta per comprendere bene le sorti di un conflitto

Orio Giorgio Stirpe

Oggi ci provo: è un argomento con il quale ho sempre esitato a cimentarmi perché mi rendo conto che è particolarmente ostico a chiunque non abbia masticato abbastanza a lungo pianificazione militare e provato anche a metterla in atto.

Ritengo sia necessario parlarne perché tanto gli attuali commenti che vanno per la maggiore sulla situazione stagnante in Ucraina quanto i recenti avvenimenti in Medio Oriente con l’attacco missilistico iraniano contro Israele, richiedono un minimo di comprensione dell’argomento per poter essere trattati.

Oggi parliamo della “Capacità di Proiezione”.

Non si tratta di opinioni o di posizioni preconcette: in realtà è elementare buon senso applicato a situazioni reali complesse.

Le operazioni militari consistono nel cercare di ottenere determinati effetti sul campo allo scopo di perseguire obiettivi (tattici, operativi e strategici) il cui conseguimento complessivo consenta la realizzazione delle condizioni fissate dal potere politico. Condizioni queste che dovrebbero – secondo logica – condurre ad una situazione complessiva (assoluta, ma anche relativa, cioè in rapporto a quella dell’avversario) che sia MIGLIORE di quella di partenza: ove questa situazione complessiva migliore non si venga a concretizzare, non è possibile parlare di “vittoria”.

Per ottenere gli effetti di cui sopra, si fa uso del potenziale militare disponibile (per la definizione di “potenziale” vi rimando alle lezioni di Fisica delle Superiori); questo potenziale complessivo, che in passato ho genericamente distinto in “generale” e “offensivo” per semplicità ma la cui analisi è assai più complessa, si applica attraverso una serie di capacità combinate e ben distinte tipiche delle unità militari.

In realtà sono queste capacità ad avere caratteristiche più o meno idonee a supportare manovre offensive.

Fin qui, stiamo parlando in astratto; se andiamo nel mondo reale, dobbiamo cominciare a confrontarci con le dimensioni, nel tempo e soprattutto nello spazio. Questo in quanto occorre distinguere chiaramente quando e soprattutto “dove” vogliamo ottenere i nostri effetti.

Quasi tutti possono ottenere l’effetto di riuscire a “fare una passeggiata”… Non tutti possono ottenere quello di riuscire a farla lungo una spiaggia di Tahiti; pochissimi possono ottenere quello di riuscire a farla OGGI POMERIGGIO.

Il potenziale militare di un attore (Nazione, Alleanza, o Parte di conflitto che sia) si compone di una serie di capacità che normalmente vengono individuate a priori in base agli scopi strategici fissati dal potere politico dell’attore stesso, nonché dalle sue possibilità intrinseche, che a loro volta dipendono dalla natura, dalla storia e dalla volontà di lungo termine dell’attore. Per questo è irragionevole che un attore come l’Austria ambisca oggi al potere marittimo o che la Lega Araba crei un programma per l’addestramento artico.

Esaurite le banalità, avviciniamoci al punto.

Le capacità possono essere valutate a livello sia qualitativo che quantitativo: un attore può disporre di una specifica capacità che sia la migliore del mondo, ma disporne in quantità minima; oppure averne un’ampia disponibilità, ma di valore limitato. È il caso di chi ha pochi carri armati eccellenti e di chi ne ha tantissimi ma obsoleti. Ma è anche vero che un attore può disporre di molte capacità differenti, oppure di poche ma magari di buona qualità e in misura adeguata. Dipende, come detto, dalla natura, dalla storia e dalla postura strategica dell’attore considerato: maggiore è il potenziale assoluto di un attore, frutto della sua natura e della sua storia, più vasta sarà la gamma di capacità a cui può avere accesso e maggiori saranno le risorse da destinare al loro sviluppo tanto quantitativo che qualitativo.

Per posizione, dimensione, storia e postura strategica gli Stati Uniti dispongono oggi del potenziale assoluto – e quindi di quello militare – di gran lunga più elevato al mondo.

La Cina rispetto agli USA dispone di una popolazione molto superiore e di una superficie paragonabile, ma è fortemente svantaggiata dalla sua storia (che l’ha dotata di frontiere più complesse e di vicini meno amichevoli) e dalla sua posizione geografica (che la vede circondata da montagne, deserti e mari chiusi).

La conseguenza della diversità dei potenziali assoluti è che sono diversi anche quelli militari, a causa della diversa possibilità di sviluppo delle rispettive capacità: gli Stati Uniti dispongono oggi di un numero superiore di capacità differenti, qualitativamente tutte superiori e quantitativamente variabili a seconda della loro natura. In sostanza la Cina dispone di un vantaggio esclusivamente quantitativo in quelle capacità dove si può permettere che la qualità corrispondente sia bassa.

Avviciniamoci ora al punto: per proiettare una capacità di combattimento specifica allo scopo di ottenere un effetto su un obiettivo distante, occorre una capacità ulteriore che consenta tale proiezione. Non si tratta semplicemente di capacità di trasporto generica (indipendentemente che si tratti di trasportare soldati o esplosivi), ma di capacità di un trasporto che sia sicuro (tale da prevenire problemi trasporto durante), che sia preciso (che la destinazione sia raggiunta nel punto e nel momento voluti) e che sia sostenibile (che consenta la sua ripetizione per i tempi e nei volumi necessari).

Questa “capacità di proiettare altre capacità” si chiama “Capacità di Proiezione”.

La capacità di proiezione, per sua stessa natura, richiede di essere di elevata qualità (come visto, in termini di sicurezza, precisione e sostenibilità).

Ma perché gli effetti a distanza abbiano un valore strategico effettivo e duraturo (e che quindi supportino l’intento dell’autorità politica dell’attore in gioco), occorrerà che le capacità proiettate per ottenerli siano anche quantitativamente tali da garantire tali effetti: quindi anche le capacità che ne garantiscano la proiezione dovranno essere quantitativamente numerose.

Insomma: le capacità che garantiscono la proiezione non solo devono essere qualitativamente elevate, ma anche quantitativamente numerose. E vanno a sommarsi a quelle specifiche da combattimento destinate ad ottenere il famoso effetto a distanza.

La capacità di proiezione, in sintesi, è estremamente costosa sia da costituire e mantenere (il “potenziale”) che da impiegare e sostenere in operazioni.

Ne consegue che la stragrande maggioranza degli attori mantengono un potenziale militare capace solo di operare “a contatto” con il proprio stesso territorio, oppure si attrezzano a proiettare a distanza capacità qualitativamente elevate ma quantitativamente minime e destinate a sommarsi a quelle di altri alleati (caso dell’Italia, che può proiettare capacità solo in ambito NATO o EU)), oppure ancora a proiettare a distanza capacità qualitativamente scarse e in misura variabile (caso del terrorismo, capace solo di eventi spettacolari ma con impatto militare minimo).

La capacità di proiezione dell’Iran dipende dal potenziale assoluto dell’Iran quale attore strategico, che dipende dalla sua natura sostanzialmente povera e dalla sua storia recente poco fortunata: economia e tecnologia penalizzate dalla situazione contingente non consentono lo sviluppo di capacità qualitativamente sufficienti a garantire una capacità di proiezione adeguata e quantitativamente tali da sostenere un conflitto a distanza. Dotarsi di una componente missilistica (balistica e di crociera) è una scelta strategica con efficacia essenzialmente difensiva, ma spenderla con intento offensivo senza disporre delle capacità necessarie a garantire l’effetto desiderato sul bersaglio (cioè in questo caso l’arrivo “sicuro” su Israele) è militarmente uno spreco inutile in quanto l’effetto che si può ottenere è puramente tattico (in questo caso con impatto esclusivamente mediatico) e non supporta quindi l’intento dell’autorità politica.

La capacità di proiezione di Israele in termini qualitativi è molto superiore… Ma non tale in termini quantitativi da poter conseguire effetti strategici sull’Iran. Sarebbe forse possibile ottenere effetti puramente distruttivi e di breve durata (distruzione di centrali o raffinerie) e con elevato costo politico, tale da renderli di dubbia conseguenza. Però la capacità israeliana è tale da garantire effetti a distanza intermedia, in Siria e Libano ove ritenuto necessario dall’autorità politica.

La capacità di proiezione ucraina è minima anche se in crescita, ma garantisce esclusivamente effetti distruttivi del tipo appena indicato per Israele: il targeting preciso ma numericamente limitato di basi aeree e raffinerie. L’effetto strategico è a lunghissimo termine (gli effetti reali oltre che spettacolari si vedranno solo fra anni), e quello tattico è limitato. La capacità di condurre operazioni in profondità in territorio nemico che producano effetti strategici o anche solo operativi, è al momento nulla.

La capacità di proiezione russa in termini di distruzione è dello stesso livello qualitativo di quella ucraina, solo molto superiore in termini quantitativi… Ottiene quindi risultati tattici in misura superiore, ma non tale da sostenere l’intento dell’autorità politica.

Il problema russo è che anche la sua capacità di proiettare le proprie capacità operative (e non solo distruttive) oltre la linea di contatto è praticamente nulla, ed è per QUESTO che insisto a negare la possibilità di una vittoria militare russa. Le capacità necessarie ad ottenere gli effetti strategici che supporterebbero l’intento dell’autorità politica russa (Putin) richiederebbero il raggiungimento da parte di forze di terra di obiettivi in profondità molto oltre la linea di contatto (Kramatorsk, Odesa, Kharkiv… Per non parlare di Kyiv). Si parla di capacità di manovra di forze combinate, di capacità anfibia e aeromobile, di capacità di sostegno logistico in profondità, di Targeting di precisione e di interdizione aerotattica…

Un esercito che avanza sostanzialmente a piedi ha una capacità di proiezione pari a quella di un soldato appiedato.

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