Arnold Bocklin dall’isola dei morti alla peste…

Andando a ritroso nel tempo troviamo artisti sempre più compenetrati e drammatici. In copertina l’opera ” L’isola della morte ” dell’artista svizzero Arnold Bocklin, fine 800. Poi sarà la volta di Pieter Brueghel, poi sospendo, le immagini del medioevo sono veramente da incubo.

Maria Catalano Fiore

Arnold Bocklin in un suo” Autoritratto con la morte che suona il violino” olio su tela 75×61, 1872

Arnold Bocklin, nato a Basilea nel 1827, morto a Fiesole il 1901. Pittore, disegnatore e grafico svizzero, nonché uno dei principali esponenti del simbolismo tedesco. Figlio di un noto mercante di sete, ma con avi artisti di chiara fama. Nel 1845 diventa allievo dell’Accademia di Belle Arti di Dusseldorf. Tra il 1847 ed il 1848 viaggia tra Bruxelles ed Anversa per ammirare e studiare la pittura dei grandi autori fiamminghi. Studiando questi, sviluppa una naturale inclinazione per il paesaggio di fondo, il paesaggio maestoso delle Alpi. Si stabilisce anche a Ginevra, pur di star vicino ai paesaggi alpini, ma sempre irrequieto, alla ricerca di un modo personale di esprimersi, si reca a Parigi, città, senza dubbio, in quel periodo densa di fermenti artistici. Arnold Bocklin rimane fatalmente colpito dalle opere innovative di Eugene Delacroix e Camille Corot. Con la rivoluzione francese è costretto ad abbandonare anche la Francia ed a rientrare a Basilea, dove approfondisce la sua amicizia con Jacob Burckhardt, storico del Rinascimento italiano e della cultura europea, che lo convince a recarsi in Italia per recuperare l’autenticità Rinascimentale.

Arnold Bocklin “l’isola dei vivi”olio su tela 94×140, 1888 una specie di antitesi alle ben 5 opere dell’ “Isola dei morti”

Nel febbraio del 1850 si stabilisce a Roma, trovando, finalmente, la sua linfa artistica e producendo le sue leggendarie traduzioni dall’antichità e dal medioevo di scene epiche e di sfondi rinascimentali. A Roma l’impatto con un altro paesaggista tedesco, Franz Dreber. Bockin amava immergersi nelle rovine dell’Appia e della Flaminia. A Roma si formò addirittura un gruppo “I Tedeschi di Via Ripetta”. Nel 1853 sposò anche Angela Pascucci, un’umile 17enne romana.

Autoritratto con giovane moglie

Questa semplice e graziosa ragazza lo aveva affascinato e lo amava tanto da sostenerlo in ogni sua fase, gli diede ben 12 figli, 6 però morirono in tenera età. Angela si rivelò proprio una autentica e tenace donna romana. Roma gli stimolò anche dei cambiamenti stilistici e lo portò anche ad accettare la cattedra di insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Weimar. In quel periodo eseguì una gran serie di opere su commissione, ma tra tutte queste emergono soprattutto i suoi veri dipinti, i suoi incubi, la serie dell’isola dei morti e l’Isola dei vivi e poi soprattutto il grande dipinto de La Peste nera.

Arnold Bocklin La Peste Nera” 1898, simbolismo o allegoria?

Ossessionato dalle morti in guerra e dalle epidemie, ecco la serie dei dipinti dell‘Isola dei morti. Cinque dipinti realizzati tra il 1880 ed il 1886. Tutti oli su tela che si rifanno a posti realmente esistenti, come l’ingresso del Cimitero inglese a Firenze. Ma, Arnold Bocklin, senza dubbio, uno dei maggiori esponenti del simbolismo tedesco, non poteva non essere ossessionato da la Peste nera. Il dipinto mostra la Morte che cavalca una creatura simile ad un pipistrello che viaggia sulle strade medioevali. La Peste è resa usando soprattutto sfumature di verde pallido, un colore spesso associato alla decomposizione dei cadaveri. Dopo il periodo di insegnamento a Weimar, dal 1883 in poi si stabilì definitivamente a Fiesole, alle porte di Firenze, città a lui congeniale e stimolante. La sua fama si era consolidata. Purtropp , dopo soli 4 anni morì, chiedendo di essere sepolto a Firenze, in quel Cimitero degli inglesi che tanto aveva dipinto.

Il simbolismo di Arnold Bocklin è fortemente complesso con diverse evoluzioni. Questa stessa ossessione per quell’accesso al Cimitero inglese è degno solo di Sigmund Freud.

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