Riflessioni

Ci sono momenti in cui rifletti
…..su questo mondo, su quello che siamo diventati o ci hanno fatto diventare….forse la seconda ipotesi è la più esatta: Seccati, apatici, annoiati.

Maria Catalano Fiore

Se riflettiamo, ci guardiamo attorno, osserviamo soprattutto i giovani, vediamo solo indolenza e noia. Anche se, ovviamente, non si può generalizzare.

Possibile? E’ questa la conclusione di una lunga evoluzione, cominciata anni addietro, ma di cui noi non ci siamo resi conto? Noi, che eravamo giovani tra gli anni ’70 e gli anni ’80, che giravamo per le strade chiedendo “Libertà e Lavoro”, che volevamo cambiare il mondo, lavorando e pensando a come fare per inventarci un mondo migliore.

Noi che eravamo la generazione dell’amicizia, dello scambio di idee, noi che abbiamo giocato nel cortile di casa, con i nostri coinquilini, nei cortili o stradine di nonni o parenti con ragazzini con cui facevamo amicizia. Noi, che crescendo, “attaccavamo bottone” in autobus con chi faceva il nostro percorso, che frequentavamo i compagni di classe, da sempre, persino quelli più grandi, per darci arie da vissuti, da interessanti o semplicemente attraenti.

Anche mia figlia ha giocato con le sue amichette nel giardinetto del condominio, a scuola ha stretto amicizie, alcune perdurano ancora oggi, ma non si è annoiata e meno che mai è stata noiosa. Anche tra mille problemi non ha mai pensato alla parola noia.

Poi, preannunciata già da qualche scienziato che analizzava virus in laboratorio da un po’ (HIV, Ebola, peste suina ecc…), è arrivata la pandemia di Covid-19: segregazione in casa, morte di parenti ed amici, una vera disgrazia. I ragazzi hanno smesso di andare a scuola, di socializzare, di giocare, di prendere un autobus, di vivere normalmente. Si sono buttati sul letto o divano di casa, soli con i loro cellulare, si sono trascinati come zombie inappetenti a tavola, sino a sconfinare nella noia più profonda.

Le parole “incomunicabilità” o “noia” poco usate nel nostro hanno cominciato ad imperversare.

Mentre con la mente ripercorrevo tutto questo, stamattina sul presto, scorrendo i messaggi sul cellulare, ho trovato uno scritto molto interessante di Bruno Aurisicchio, docente di filosofia, autore di testi didattici, sociologo ed anche bravo poeta, autore di recensioni e di numerose sillogi edite di cui ho avuto l’onore ed il piacere di recensire l’ultima, un paio di mesi fa: “Il Senso delle Parole”. Il senso di parole che implicano silenzio.

Ecco quello che Bruno Aurisicchio ha scritto e che mi ha colpito:

“Un momento di vita. Riflessioni. Me l’aveva quasi gridato “che noia, che noia, che noia”. La parola noia aveva attirato la mia attenzione, forse, non tanto per la parola in se stessa, quanto per il modo con cui era stata pronunciata. Mi chiedevo poi, che cosa effettivamente significasse questa parola, da dove derivasse e mi ero messa a cercare il suo significato. Presto conclusi che da sola, forse, non significava nulla, ma detta o riferita a contesti specifici assume giusta significazione.

Frugando tra le mie reminiscenze classiche, mi era venuto nella mente il romanzo letto in età giovanile di Alberto Moravia (1907-1990) intitolato “La Noia” (ed.1960) e poi “La Nausea” di Jean-Paul Sartre (1905-1980). Entrambi parlano di una generazione in disfacimento, dove i valori morali non contano, conta solo trascinarsi la vita più o meno bene, ma facendosi del male a vicenda soprattutto con l’uso delle parole.

Pensai tra me che, se ricordavo bene, tra noia e nausea vi è una grande differenza anche se credo che la seconda sia una mutazione progressiva della prima, anzi un processo sequenziale della prima. Forse uno stadio più avanzato. Comunque sia, la noia è una condizione, transitoria o duratura di insoddisfazione frustrante, di indifferenza inquieta e di disaffezione dolorosa verso una realtà esperita, come priva di significato. Anche come stato di passività, di passività, di pigrizia e inerzia morale, contrapposta all’amore creatore, nel senso cristiano.

Una connotazione spiccatamente esistenziale assume il concetto di noia nella riflessione del matematico e filosofo Blaise Pascal (1623-1662), “La nostra natura” osserva Pascal, “è nel movimento. Il riposo totale è la morte”; infatti, “nulla è insopportabile all’uomo quanto essere in un completo riposo, senza passioni, senza realizzazioni. L’uomo evidentemente, avverte il proprio nulla, il proprio abbandono, la propria insufficienza, la propria dipendenza, il proprio vuoto” (“Pensieri”, Pascal) in questa condizione, allora, dal profondo dell’animo umano insorgeranno la noia e la disperazione.

Per il filosofo Artur Schopenhauer (1788-1860) la noia scaturisce dal punto centrale dei poli tra i quali oscilla l’esistenza umana, il riposo e l’agitazione. Se si consegue quello che si desidera, il desiderio si placa, si raggiunge un punto di quiete e questa diviene sazietà, insopportabile attraverso la noia che produce.

Per il teologo-filosofo danese Soren Kierkegard (1813-1855), per il quale la noia è un sentimento che appartiene allo stadio estetico dell’esistenza, è il lato chiaro del piacere. Comunque sia la vera autentica Noia è quella che ci invade quando “Ci si annoia” diventando “una Noia profonda che, come nebbia silenziosa, si raccoglie negli abissi del nostro esserci, accomuna uomini e cose, noi stessi con tutto ciò che è intorno a noi in una singolare indifferenza. E’ questa noia che prende l’esistente nella sua totalità.

Sono ritornato alle mie riflessioni e, tra me, concludevo che il dire di chi mi ha gridato “che Noia”, non era veramente Noia, ma soltanto un momento di flessione pessimistica e transitoria.” (Bruno Aurisicchio)

Aurisicchio, secondo me, ha perfettamente ragione, ora sta a noi scuoterci e scuotere dalla noia, muoverci anche in piccole cose, leggere, scrivere… spronare i nostri ragazzi figli o nipoti a far qualcosa, non vivere su letti o divani, ma sentirsi vivi, uscire, guardare il mare, il cielo, sentirsi vivi e riprendere a dialogare con il prossimo, tirar fuori opinioni e sentimenti, solo così non si atrofizzeranno i loro cervelli, ne seguiranno le opinioni altrui come un branco di pecore….

Ringrazio il professore /filosofo/poeta per questa riflessione. Catrin Welz-Stein per le immagini, disponibili e acquistabili sul Web.

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