Le politiche “green” non piacciono agli agricoltori.

La protesta degli agricoltori è divisiva. Non tutte le associazioni di categoria la condivide e cambia da un Paese all’altro

Vito Tricarico

In Italia non si registrano particolari azioni di protesta degli agricoltori contro le politiche europee, in Puglia, anzi, c’è ancora la raccolta delle olive ad allontanare ogni progetto di contrasto alle politiche CEE. Però, a preoccupare gli agricoltori italiani dopo la xylella, è arrivata la “Tristezza degli agrumi” col citrus tristeza virus, originario del sud est asiatico. Il virus causa la necrosi delle piante di agrumi, determinata dal blocco del flusso d’acqua e del processo di fotosintesi con conseguente pezzatura ridotta dei frutti, clorosi delle nervature e delle foglie, giallume diffuso, butteratura del fusto pianta e conseguente defogliazione e disseccamento dei rami. Questo virus è ora presente nell’area del Mediterraneo e in Italia ci sono focolai in Sicilia, Calabria e Puglia. Un altro pericolo per gli agrumeti in generale e per le piante di limone in particolare è il Mal secco degli agrumi, il Phoma tracheiphila, che si presenta col seccume dei rami superiori della pianta, mentre la parte inferiore è in vegetazione.

Come per altri virus patogeni di importazione, sotto accusa da parte delle associazioni agricole è il sistema di controllo alle frontiere dell’Unione Europea. Non essendoci controlli adeguati per una politica fin troppo permissiva, si consente il passaggio e la diffusione di virus introdotti con piante e frutti infetti. A questo proposito, rammento alcuni anni in cui ho prestato servizio alla frontiera di Modane con la Francia, e vedevo a malincuore essere rifiutati tantissimi carri contenenti frutta proveniente dall’Italia ed in particolare uva dalla Puglia. Venivano scartati dalla Dogana francese dopo i controlli fitosanitari e le agenzie di frontiera provvedevano a rispedire i carri a destinatari del Mercato Ortofrutticolo Generale di Milano. Per noi italiani, era uva commestibile … Questo, solo per un confronto fra i vari modi di operare alle frontiere.

Più in generale, le politiche green europee, sono nate per trasformare l’UE in una economia moderna, efficiente e competitiva, intervenendo in materia di clima, energia e trasporti per ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030. Le strategie individuate, però, non soddisfano gli agricoltori. Eccezione fatta per quelli pugliesi, incorsi nell’annata d’oro della olivicoltura sotto l’aspetto qualitativo, quantitativo ed economico, esse stanno provocando insoddisfazione e scioperi in molte nazioni europee. Molti fanno notare che la crisi dell’agricoltura europea è causata da un sistema agroalimentare fallimentare perché dipende dagli aiuti finanziari dell’Unione Europea.

Recentemente, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato:  “Dobbiamo garantire che il nostro approvvigionamento alimentare avvenga in armonia con la natura“. Il risultato è che la Germania è paralizzata dalla protesta degli agricoltori contro il taglio dei sussidi e delle agevolazioni fiscali deciso dal governo Sholtz. 

Alcune associazioni rimarcano che “In Germania la protesta degli agricoltori e autotrasportatori ha origine soprattutto dall’annunciata eliminazione delle agevolazioni per il gasolio, una protesta comprensibile ma non condivisibile, che in Italia viene abilmente strumentalizzata per contestare in particolare due impegni previsti dalla nuova condizionalità della PAC, l’obbligo delle rotazioni e l’obbligo del 4% delle aree agricole a seminativi da destinare alla conservazione della Natura. Misure ambientali sempre contestate dalle Associazioni agricole, in Italia in particolare da Confagricoltura, che confidavano nel rinnovo delle deroghe per tutto il periodo di attuazione della nuova PAC. Un paradosso, considerato l’esito della riforma della PAC 2023-2027 che ha confermato il sostegno all’agricoltura e zootecnia intensive dipendenti dal petrolio e gas, attraverso sussidi che promuovono l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi di sintesi e che favoriscono le grandi aziende agricole a discapito delle piccole, oltre l’80% dei fondi della PAC vengono ancora distribuiti al 20% delle aziende agricole europee“. (segue)

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