Giorno 212

Escalation russa, praticamente inesistente sul piano militare, è solo una mossa di Putin per dare a bere al popolo russo di mirabolanti conquiste avvenute.

Orio Giorgio Stirpe

Aspettavamo che Putin trovasse il modo di imprimere una qualche forma di accelerazione alla guerra in risposta alla limitata controffensiva ucraina, e abbiamo avuto la risposta: referendum nei territori occupati e mobilitazione parziale.

La risposta del Regime è più politica che militare, come ci aspettavamo viste le condizioni delle forze armate russe, e per molti versi lascia il tempo che trova. I referendum sono platealmente illegali essendo praticati su territorio straniero, eseguiti in zona di guerra e sotto coercizione militare, e per di più senza alcuna supervisione internazionale; come tali sono già stati dichiarati nulli dall’ONU e dalla comunità internazionale. Quanto alla mobilitazione, ammesso che sia fattibile, potrà avere effetti non prima di alcuni mesi.

Lasciando perdere gli aspetti politici della questione, che vengono abbondantemente commentati da altri, concentriamoci sulle reali conseguenze militari di questa “escalation” russa.

I referendum non hanno alcun effetto militare diretto. Si fa un gran parlare di come questi autorizzerebbero in qualche modo la Russia ad un primo impiego di armi non convenzionali in difesa del proprio territorio – compreso quello eventualmente acquisito attraverso i referendum – ma questo ovviamente è un discorso per assurdo: postula, infatti, la fattibilità di un conflitto nucleare per cause che nulla hanno a che fare con la sopravvivenza nazionale della potenza nucleare in questione.

Poiché tanto la Russia quanto la NATO sono perfettamente a conoscenza degli automatismi previsti dalla dottrina nucleare della controparte, entrambe eviteranno accuratamente di provocare la reazione avversaria: le guerre si combattono per ottenere una situazione migliore di quella prebellica, non una peggiore. Se anche un leader perdesse la testa, chi sta accanto a lui e detiene parte dei codici nucleari gli impedirebbe di provocare un danno irreparabile al proprio Paese. Come ripeto da mesi, nessuno nella Nomenklatura del Regime preferirebbe un mondo bruciacchiato e senza Russia ad una Russia senza Putin: tutti loro tengono alla propria famiglia, ai propri interessi e soprattutto alla propria vita.

I referendum hanno dunque soprattutto una valenza interna: Putin cerca di dimostrare al suo popolo che la guerra sta dando dei risultati, e che la Russia ne risulta accresciuta. Può apparire infantile, ma il patriottismo arcaico a cui si appella il regime è di stampo primitivo.

La mobilitazione parziale naturalmente un effetto militare generale lo ha: il richiamo alle armi – a quel che sembra di capire – di diverse classi che hanno effettuato in passato il servizio di leva biennale e che in teoria dovrebbero, quindi, avere un’esperienza militare tale da non richiedere un addestramento completo ma solo un “richiamo”.

Nel caos informatico in cui versa attualmente la Federazione, moltissimi elenchi di personale sono stati scaricati e sono finiti in rete, così è possibile vedere che in realtà risultano richiamate anche moltissime persone del tutto prive di addestramento, oppure che lo hanno ricevuto diversi anni fa. E’ presto per dare un giudizio definitivo, ma i numeri che sembra di leggere suggeriscono una certa confusione ed un ennesimo tentativo di supplire con la quantità alla qualità.

Senza voler prendere in considerazione il panico che sembra aver generato il provvedimento di mobilitazione e l’assoluta mancanza di quell’entusiasmo patriottico auspicato dalle autorità, occorre ricordare che una mobilitazione per quanto parziale richiede un’organizzazione capillare per accogliere i richiamati, equipaggiarli, alloggiarli, addestrarli in aree apposite, inserirli in una catena di comando e in formazioni militari dotate di equipaggiamento da combattimento, ed infine per avviarli al fronte. Tutte queste attività richiedono risorse umane e materiali di cui la Federazione appare disperatamente a corto, e che infatti hanno determinato la necessità della mobilitazione stessa… Tanti più saranno i richiamati, tanto maggiori saranno i problemi per gestirli.

Ove tutto andasse nel migliore dei modi, il personale richiamato comincerebbe ad affluire ai reparti di assegnazione non prima di due-tre mesi (magari anche prima, ma in questo caso sarebbero privi di capacità militari anche solo basiche e rappresenterebbero solamente un intralcio).

Si tratterebbe di fanteria leggera come i territoriali ucraini che abbiamo già descritto in precedenza: uomini armati di fucile che si spostano a piedi senza equipaggiamento pesante, buoni al massimo per difendere trincee o centri abitati, e nulla più.

In nessun modo potrebbero alimentare una ripresa offensiva da parte russa se non con il metodo delle “ondate umane” che postulano perdite spaventose e richiedono un morale altissimo che rasenti il fanatismo: qualcosa quindi di non praticabile.

Insomma: anche la mobilitazione parziale avrà un impatto militare molto limitato.

Alla fine dei conti, l’”escalation” del Regime russo ha un impatto praticamente solo politico e di facciata. Come mai?

Esistono molti tipi di conflitto armato.

Quello in atto in Ucraina è quello che si definisce un “conflitto convenzionale simmetrico ad alta intensità”. Una guerra di tale genere si chiamava fino a pochi decenni fa “guerra totale”; non si chiama più così perché naturalmente una guerra oggi per essere “totale” dovrebbe includere anche le armi non convenzionali e questa come abbiamo ripetuto anche qui è ancora una guerra “limitata”, che non mette in discussione l’esistenza stessa di una Potenza nucleare.

Un conflitto convenzionale ad alta intensità è comunque una cosa dannatamente seria, quale l’Europa non vedeva dal 1945. Quasi tutti i conflitti cui abbiamo assistito negli ultimi decenni erano asimmetrici, cioè combattuti contro milizie e non fra eserciti moderni e sostanzialmente equivalenti. Abbiamo avuto anche qualche esempio di guerra convenzionale ad alta intensità come nelle guerre arabo-israeliane o contro l’Iraq, ma si è sempre trattato di conflitti brevi dove uno dei belligeranti era così manifestamente inferiore tecnicamente (e cioè privo di capacità simmetriche a quelle dell’avversario) da non permettere ostilità prolungate.

Un conflitto convenzionale ad alta intensità fra eserciti con capacità simmetriche come quello cui stiamo assistendo non si combatte con le sole risorse alla mano all’inizio delle ostilità: si combatte con la totalità delle risorse nazionali (demografiche ed economiche), gestite attraverso tempi prolungati.

L’Ucraina ha mobilitato all’atto dell’aggressione, a fine febbraio, come era da aspettarsi (cos’altro avrebbe potuto fare?). Ha posto la sua economia sul piede di guerra, aperto i magazzini, chiesto aiuto al mondo libero e cominciato ad addestrare il personale mobiliato mentre il suo esercito del tempo di pace cominciava a combattere per difendere il Paese.

Ci sono voluti sei mesi perché la mobilitazione avesse effetto: e infatti a settembre sono cominciate ad entrare in linea le nuove Brigate leggere, costituite da personale chiamato alle armi dopo l’inizio del conflitto… E infatti l’esercito ucraino ha cominciato proprio a settembre a comportarsi in maniera più aggressiva.

La Russia non ha mobilitato all’inizio della guerra: aveva pianificato fin dall’inizio di condurre la sua “operazione militare speciale” esclusivamente con il suo esercito semiprofessionale del tempo di pace. Questo apparentemente perché, come rimarcato su queste pagine fin da marzo, l’intera concezione russa della campagna in Ucraina era viziata dal principio dal pregiudizio politico di Putin secondo cui gli ucraini non avrebbero combattuto.

Da questo errore concettuale iniziale è derivato tutto il resto: la pianificazione errata, che prevedeva più un ingresso trionfale che non un’invasione contrastata, la mancanza di motivazione dei combattenti, colti di sorpresa dalla ferocia della resistenza incontrata, e soprattutto la mancata mobilitazione delle risorse umane necessarie per alimentare un esercito destinato a subire gravi perdite.

Nessun esercito di pace può resistere al logoramento dovuto alle perdite in combattimento durante un conflitto simmetrico, convenzionale e ad alta intensità: occorre alimentarlo costantemente con personale addestrato per evitare che si degradi eccessivamente, e così facendo si trasforma in un esercito di guerra. Si tratta di una regola di base dell’Arte Militare.

Ma evidentemente l’orso Vladimiro non ha ritenuto necessario studiarla… E adesso quasi certamente è troppo tardi.

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