App ‘Immuni’: pro e contro.

Essere tracciati può servire e tornar utile al contenimento del coronavirus, soprattutto dove la diffusione è ancora limitata. Ci sono anche diversi contro. La soluzione? Il vaccino.

Vito Marangelli

In attesa che ci facciano sapere come e da chi verremo tracciati, sempre al fine della nostra salute s’intende, non possiamo che seguire gli sviluppi della discussione che ormai anima giornali e social relativamente alle caratteristiche dell’app scelta dal Governo e dalla Protezione Civile. Hanno deciso di chiamarla ‘Immuni’, un nome rassicurante e in qualche modo beneaugurante, se non fosse che è fatta per segnalare soggetti infetti o, detto con maggiore eleganza, COVID-19-positivi, individui che ognuno di noi potrebbe avere incrociato nel corso delle precedenti due settimane.

Database centralizzato in possesso di aziende private e organismi statali, oppure dati identificativi degli incontri limitati ai soli telefonini?

La prima ipotesi è quella perseguita nella fase di sviluppo dell’app italiana da una società con sede olandese e proprietà variegata con la quale la Protezione Civile avrebbe già firmato un contratto per la gestione tecnica della funzionalità e quindi del database di raccolta dei contatti (questa strada è stata però abbandonata).
La seconda, attualmente preferita da alcuni paesi che alla privacy ci tengono veramente, è quella proposta congiuntamente dai giganti dei sistemi operativi per smartphone, Apple e Google, per le piattaforme iPhone e Android. Sarebbe questa la scelta definitiva anche per ‘Immuni’.

Il sistema prevede l’utilizzo della tecnologia Bluetooth, abbreviato BT, il sistema che usa le radiofrequenze a piccola distanza per consentire il colloquio tra i numerosi strumenti di cui non possiamo più fare a meno nel quotidiano. Ho recentemente appreso che il BT consente di stabilire la distanza tra due telefonini, capacità che torna utile in questa situazione per identificare, grazie allo scambio di particolari segnali super-codificati quali telefonini sono venuti ‘in contatto’ al di sotto della distanza di sicurezza. Grazie al software che le due società stanno per distribuire ai governi e ai loro sviluppatori, per ora sotto forma di API, poi incorporato nel sistema operativo vero e proprio, i cellulari archivieranno i codici degli incontri ‘ravvicinati’ per poterli confrontare con quelli resi disponibili dall’elenco dei soggetti positivi e consentire al telefonino stesso di segnalare l’avvenuto incontro. Grazie a Dio, il software potrà anche segnalare il grado di rischio del contatto distinguendo un fuggevole incontro di qualche secondo da contatti ripetuti e prolungati.

Pro e contro.

Sapere che si è incontrato un soggetto positivo sembra un evidente pro. Naturalmente sarebbe un bene che lo sapessero le organizzazione sanitarie, forse meno che lo sapessimo noi senza sapere peraltro chi potrebbe averci infettato o dove. L’uso della geolocalizzazione è escluso e quindi l’informazione sul dove non sarebbe teoricamente disponibile, ma bisogna crederci.

I contro sono numerosi e vanno dai possibili falsi positivi (generati da imperfezioni del segnale cui conseguirebbero, visti i grandi numeri di cui si parla, valanghe di notifiche ansiogene da smentire successivamente) ai soliti criminal-deficienti in vena di procurato allarme. Un elemento critico è questo: chi deve segnalare la positività dell’individuo portatore del telefonino? che sia il soggetto stesso sembra poco saggio, più prudente sarebbe affidare questo compito a un organo sanitario che possa confermare la situazione.

Esistono insomma molteplici dubbi di natura applicativa, ma soprattutto esiste un dubbio sovrano: funzionerà questo sistema? la domanda nasce dal fatto che il caso Corea, indicato come modello di successo della tecnica, è stato realizzato in condizioni di iniziale diffusione pandemica locale, oltretutto con il supporto di tecniche tradizionali ‘uomo-dipendenti’ messe a punto nella precedente epidemia di SARS. Nel nostro caso, con intere Regioni già ampiamente positivizzate, non ci sono garanzie che la cosa funzioni uguale: bisognerà aspettare. In Puglia e nelle zone d’Italia con un numero di casi limitato l’app potrebbe essere molto utile, particolarmente in vista del rientro dal Nord di molti nostri conterranei o dell’arrivo di futuri turisti.

Quanti vorranno installare l’app sul proprio telefonino? Anche questa è una bella incognita, si leggono percentuali-soglia per l’efficacia dell’app piuttosto variabili scese dal 60% al 20% delle ultime dichiarazioni.

In ultimo bisogna chiedersi se possano esistere profili di violazione del segreto professionale legati al tracciamento dei contatti per quelle professioni che abbiano obblighi di riservatezza deontologici: i medici e non solo. Con le modalità ultime sembrerebbe di no.

Vedremo che piega prende la faccenda, in attesa del vaccino, la vera fonte dell’immunità, si spera. Certo dovrà esprimersi il Parlamento. Una decisione esclusiva del Governo non sarà sufficiente.