Gli ulivi di Marcello Rizzo

Marcello Rizzo, il cantore degli ulivi fiabeschi e di un salento fatto di sole di mare e di vento, in questa fase canta i suoi ulivi che l’uomo ha dissacrato e massacrato, ma che, nonostante tutto, non cedono.

Maria Catalano Fiore

Marcello Rizzo, salentino che ama la sua terra, tanto da decidere di non lasciarla, non allontanarsi, rimanere ancorato alle sue millenarie radici, in questa sua recente fase artistica, non usa più i colori, produce solo litografie. E’senza dubbio un grido di disperazione. Ulivi attorcigliati e stanchi, mai domati, ma che hanno perso le loro folte chiome… i loro colori intensi.

Seguo Marcello Rizzo e le sue fasi pittoriche da parecchi anni, io barese, lui salentino, siamo stati presentati ad una sua personale, in Via Margutta, a Roma nel 1996. A volte in un critico scatta una attrazione per delle opere, per il loro contenuto, per quello che va al di là dell’immagine stessa. Penso che questo mi sia accaduto in parecchi casi, nel corso degli anni. Soprattutto quando mi sono accorta di scelte variate, di stati d’animo diversi, di percepire un disagio, una stanchezza, l’esaurimento di un filone, magari fantasioso, per rientrare nella dura realtà. Cosi sento, sta succedendo tra Marcello Rizzo, i suoi amati ulivi, la sua terra, dove i suoi uomini stessi soffrono, si ammalano, muoiono.

Marcello Rizzo è un artista maturo, ha studiato molto, a Lecce, allievo del grande Raffaele Spizzico, poi a Napoli, ma è nel suo profondo Salento che ha deciso di vivere e dipingere. Ha ormai un curriculum lungo e vasto, ma continua a rimettersi in gioco davanti ad ogni tela o disegno. Il suo percorso artistico l’ha portato ad attraversare una realtà, di decenni passati, ancora bella, contadina, poi l’ha spinto ad interpretare i suoi ulivi umanizzandoli quasi. E’ arrivato a sognare, a spingere il suo Salento verso il cielo. Il suo percorso agreste, ricco di ulivi millenari, ricchi, a loro volta, di foglie e frutti dai riflessi argentei, contornati da campi ubertosi, di pennellate esplosive di gialli dorati e teneri verdi, azzurri vivi di mari e di cieli da trulli si trasformano elevandosi quasi a minareti. Valica il confine dell’Adriatico.

Ecco il Marcello Rizzo di oggi, ulivi scarni, via il colore, via quasi la vita, conservati sotto una campana di vetro per preservarne il ricordo. E’ una immagine forte, una immagine che per chi ama la Puglia o a chi è stato in Puglia, prende quasi allo stomaco. Sorge una domanda: può l’uomo distruggere tutto questo? Si certo! la dimostrazione in questi ultimi tempi l’uomo può distruggere anche se stesso!

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