Menti di guerra e menti di pace

Voi gente per bene che pace volete?
La guerra, la pace, le armi e il nuovo fronte giallo-verde

Giovanna Sellaroli

Giorno 70 della guerra in Ucraina, l’offensiva si allarga, dalle 6 di ieri mattina otto regioni dell’Ucraina sono sotto i bombardamenti dell’esercito russo: Dnipropetrovsk, Kirovohrad, Leopoli, Vinnytsia, Kiev, Zakarpattia, Odessa e Donetsk. Lo ha scritto su Facebook lo Stato Maggiore delle Forze Armate dell’Ucraina citato dall’Ukrainska Pravda.

La Bielorussia avvia intanto, dopo la telefonata tra Putin e Lukashenko, un’esercitazione su vasta scala dell’esercito per “testare la prontezza delle forze di reazione dell’esercito bielorusso“, secondo quanto riferisce su Telegram il ministero della Difesa di Minsk.

E un altro ometto, Kim Jong-un, sempre più eccitato dal suono e dai colori dei missili russi, in preda a un orgasmo irrefrenabile ha dato l’ordine di lanciare un altro missile, sembrerebbe balistico, verso il mare del Giappone, in quella che è la quattordicesima dimostrazione di forza dall’inizio dell’anno.

Menti di guerra verrebbe da dire.

E mentre stamane,  nel suo intervento a Strasburgo, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen  ha annunciato l’embargo graduale e ordinato del petrolio russo e l’esclusione da Swift Sberbank,  “di gran lunga la più grande banca della Russia, e altre due grandi banche“,  per rendere più solido il completo isolamento del settore finanziario russo dal sistema globale, in Italia si fa sempre più accesa la battaglia ideologica tra guerra e pace.

Il 2 maggio, a Roma, il teatro Ghione ha registrato il pienone per l’iniziativa promossa da Michele Santoro, “Pace proibita”, il cui tema centrale era dire basta alle armi in Ucraina.

Hanno risposto in molti alla kermesse tra intellettuali, attori, artisti, “Noi non siamo filo putiniani, siamo pacifisti. Siamo stati messi all’angolo solo perché dissenzienti dal mainstream, ma fanno schifo le guerre della Russia come quelle della Nato“, hanno detto i partecipanti. E ancora: “Perché essere filoamericani se questo significa assecondare una corsa al riarmo? L’Europa ha dimenticato come si costruisce la pace“.

Al grido di “e allora la Nato?” i ‘pacifisti’ italiani si sono ripresi la scena, quella che a loro dire gli è stata sottratta in questi due mesi di narrazione del pensiero unico.

Tutti col dito puntato contro Biden, la Nato e le colpe dell’Occidente così intriso di atlantismo. Hanno perfino creato un cartone animato il cui protagonista, un piccolo generale ha spiegato come la Nato da oltre 20 anni sia diventata la reale minaccia per la sicurezza in Europa. Mica Putin, il cui nome non è praticamente mai uscito.

Insomma, bisogna sconfiggere la guerra (e lo credo bene), mica chi la sta facendo da più di due mesi.

Perché l’unica guerra giusta è quella che non si fa (e ci credo!), ha detto il professor Tommaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, nel lanciare un appello “ai pochi maschi, anziani, ricchi che sono i padroni della Terra: fermatevi!”

Insomma non è Putin che si deve fermare, ma la guerra. Peccato che la guerra la sta facendo Putin!

Un pacifismo ideologico, anti occidentale, ipocrita e direi anche in malafede, quello magnificato, che rispecchia l’Italia del “sì, però…”, e che, in un certo senso offende chi pacifista è, e non chi fa il pacifista.

Secondo l’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, malgrado il dibattito sulle responsabilità del conflitto continui a imperversare, gli italiani continuano a essere piuttosto netti: oltre 6 su 10 individuano nel Presidente russo Vladimir Putin il principale responsabile, percentuale che sale al 74% se si escludono gli indecisi. Rimane tuttavia un 22% di italiani che pensa che il principale indiziato del conflitto in corso sia da ricercarsi nella NATO (17%) o, minoritariamente, nel Presidente ucraino Volodymyr Zelensky (5%).

Uno zoccolo duro, il 22%, ma il dato più pregnante è sull’invio di armi; su questo, l’opinione degli italiani è molto divisa: le percentuali di coloro che sono a favore o contrari sostanzialmente si equivalgono. Al 38,6% di no si contrappongono il 28,6% di intervistati d’accordo con l’invio di armi e il 9,1% che vorrebbero fornire a Kiev armi ancora più potenti. Fa riflettere anche il 23,7% di incerti: si tratta evidentemente di un quesito che coinvolge anche considerazioni di carattere morale su cui è difficile prendere una posizione netta.

Insomma i nostri pacifisti non hanno dubbi: gli ucraini si difendano con la mazza fionda, anzi, meglio, si arrendano!

Eppure, persino Papa Francesco, nella sferzante intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera, esprime il beneficio del dubbio: “Non so rispondere, sono troppo lontano, all’interrogativo se sia giusto rifornire gli ucraini”.

Parole di peso, dense di significato, e certamente non  una risposta categorica, come ci si potrebbe aspettare, sul no alle armi.

E ancora: “Non si può pensare che uno Stato libero possa fare la guerra a un altro Stato libero. In Ucraina sono stati gli altri a creare il conflitto”. Parole altrettanto di peso.

E sottolinea: “Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin. Ma anche io sono un prete, che cosa posso fare? Faccio quello che posso. Se Putin aprisse la porta…”, ribadendo di non andare per ora a Kiev.

Il Papa chiama, Putin risponde? Chissà.

Inquieta l’inclinazione per il putinismo. Non sarà che la simpatia di una così alta percentuale di italiani per il nuovo zar aggressore e noto guerrafondaio, affondi le sue radici nel populismo dilagante di una certa politica italiana?

Senza fare dietrologia e rimanere all’oggi, si pensi solo ai tentennamenti e al NO al pieno sostegno all’Ucraina nel contrastare l’invasione russa del Movimento 5 Stelle, in particolare alle parole di Giuseppe Conte a proposito dell’invio delle armi: “non siamo disponibili a inviare armi sempre più letali, sempre più pesanti, abbracciando una spirale di progressiva escalation militare” ha detto in due interviste, ribadendo la contrarietà del Movimento all’invio di armi pesanti all’Ucraina.

E, solo una manciata di minuti fa, Matteo Salvini dice basta all’invio delle armi in Ucraina, chiedendo a Draghi un confronto parlamentare, proprio mentre il governo prepara il terzo decreto interministeriale che prevede la fornitura di armamenti più pesanti a Kiev.

Insomma, i vecchi amici di Putin, per il quale Matteo Salvini aveva avuto parole di grande ammirazione (“Putin è uno dei migliori uomini di governo che ci siano in questo momento sulla faccia della terra” ) sono usciti allo scoperto, e si è aperto un nuovo fronte, quello giallo verde, filo Putin e anti ucraino.

Ma questo ritorno dell’asse Conte-Salvini dovrebbe far riflettere su chi preferisce il populismo che rincorre i sondaggi elettorali, rispetto al riformismo delle idee e del programma per il futuro.

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