Il caffè con il lettore

Draghi: per l’Europa nessun compromesso sui valori fondanti

Gianvito Pugliese

Pensando stamane a Draghi ed al suo intervento in un evento organizzato dal Financial Times mi si è risvegliata la memoria della pubblicità di un’auto italiana di successo, la Panda. Mario Draghi, infatti, è come la Panda, se non ci fosse occorrerebbe inventarlo. A molti l’affermazione dispiacerà, ed il dispiacere trova la sua più profonda ragione nel fatto che quanto sostenuto è assolutamente vero.

Mario Draghi, indimenticato ed indimenticabile Presidente della BCE (Banca Centrale Europea), era stato un illuminato Governatore della Banca d’Italia. Invitato da Mattarella a presiedere un governo si tecnico ma di ampie intese politiche (unici partiti rimasti fuori Fratelli d’Italia e Sinistra italiana) ci ha fatti dapprima rientrare nel novero dei tre grandi dell’Ue (Unione europea), ottenendo quindi di rivestire il ruolo di primus inter pares nella triade Draghi. Macron e Scholz.

Mi piace ricordare a me steso prima che a Voi, gentili lettrici e cari lettori, che quando una congiura di palazzo, ben orchestrata, lo indusse alle dimissioni (essendo venuti meno, non i numeri per governare, ma la natura della coalizione di ampie intese) godeva del gradimento del 67,91% degli italiani.

Fu al Draghi amato dalla stragrande maggioranza del Paese che Conte, immediatamente dopo il colloquio “riservato” con l’Ambasciatore russo, provò ad imporre dieci condizioni per la permanenza in maggioranza dei Pentastellati, perfettamente consapevole dell’impossibilità di accettare i diktat dei variegati partiti di quella maggioranza. Poi si associarono a Conte gli altri due, dichiaratamente “amiconi” di Putin, Berlusconi e Salvini (in ordine di anzianità, non di peso politico), che ebbero però, a differenza del primo, il pudore di non votare la sfiducia, ma di uscire dall’aula, lasciando a Conte l’onere di assicurare il numero legale e la vergogna di votare quella sfiducia che ha spalancato le porte di palazzo Chigi al destra-centro di Giorgia Meloni. Questa la storia nuda e cruda. Poi, ognuno liberò di dare interpretazioni diverse, ma i fatti sono innegabilmente questi.

E se penso che eravamo i primi in Europa ed ora siamo alleati del solo Orban, che peraltro ci è talmente amico, da mettere il veto sulle proposte Meloni in Consiglio d’Europa, mi si accappona la pelle ed il cuore, di uno che ama l’Italia, senza pretendere di essere un Patriota, non regge al dolore. Si dolore, non semplice dispiacere.

Premessa troppo lunga, anche se necessaria, in un Paese dalla memoria cortissima.

Ma vediamo i concetti fondamentali espressi da Mario Drgahi in quel prestigioso convegno, con un parterre di prima grandezza.

Al centro del discorso il suo “pensiero  sulla guerra in Ucraina sulla Russia nel G8 e sui tanti errori commessi dall’Unione europea nel recente passato primo tra tutti quello di cedere sui propri valori per motivi di opportunità politica diplomatica o economica”, Così ho letto sulla recensione del convegno del quotidiano economico Italia Oggi.

Per Draghi è un giorno felice perché è quello in cui la Commissione europea (il Governo d’Europa) raccomanda ai rappresentanti dei 27 Stati membri di aprire formalmente i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia. Ma non per questo addolcisce i toni del suo discorso.

Apre con “Non dobbiamo mai scendere a compromessi sui nostri valori fondamentali” e prosegue “La guerra in Ucraina è stata preceduta da una lunga serie di arretramenti sui valori fondanti dell’Ue, quali pace democrazia, libertà, sovranità nazionale … l’ammissione della Russia al G8 nonostante il mancato riconoscimento della sovranità ucraina, la promessa mancata di un intervento in Siria nel caso in cui Assad avesse usato il gas come arma, la Crimea e il ritiro dall’Afghanistan”,

Ha già detto, quanti altri presunti leader si sognano di sostenere nell’intera vita, ma non ha finito: “Quello che non possiamo fare è starcene fermi, senza reagire. Abbiamo scoperto che ciò che per molti anni avevamo dato per scontato non lo era affatto, e dobbiamo combattere per difenderlo. Ma non ho dubbi sul successo finale … non c’è alternativa che vincere questa guerra“.

Seguono le ricette per il progresso europeo di uno dei più grandi economisti sulla scena mondiale. Ampliare gli investimenti nella tecnologia, ridurre la spesa per la difesa, razionalizzandola attraverso la difesa comune europea, abbattere i prezzi dell’energia. Deve crescere “la produttività perché l’economia europea possa ritrovare in fretta la competitività perduta negli ultimi 20 anni … Abbiamo bisogno di una produttività molto più alta, anche per sostenere una società che invecchia: possiamo riuscirci solo attraverso investimenti ad alto valore aggiunto e ad alto tasso di tecnologia” .

In chiusura del suo intervento afferma: “Il modello geopolitico sul quale l’Europa si è retta dalla fine della seconda guerra mondiale – sostegno dagli Stati Uniti per la difesa, esportazioni dirette principalmente in Cina, approvvigionamenti di energia a poco prezzo dalla Russia – non esiste più. Per poter esprimere una visione politica unica e potente nel mondo di oggi, l’Europa ha bisogno di molta, molta più integrazione“.

Vallo a far capire ai nazionalisti e sovranisti di casa nostra, che liquidano il tutto tra una birra ed un rutto con: “Ecco è tornato a parlare il trombone”-

Viva l’Italia.

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