Il caffè con il lettore

Bliken (in copertina), cerca la tregua e la pacificazione definitiva. Netanyahu spinge per gli assalti e la conquista

Gianvito Pugliese

Il nostro cenacolo

Carissime/i ospiti del caffè, da alcuni giorni le notizie più rilevanti del mondo arrivano dagli States. Da un lato la storia infinita del duello tra Trump e la giustizia americana, da un altro la richiesta di protezione ai servizi Usa di una candidata alle primarie repubblicane, ma ciò che davvero conta è la netta divisione tra democratici, interessati alla pace in medio oriente e i repubblicani, che da buoni sponsor dei fabbricanti di arti (e di morte) spingono per finanziare la guerra a Gaza di Netanyahu.

Antony Blinken, credo sia il miglior segretario di Stato che l’America potesse desiderare. Scavalca a piè pari tutti i fallimenti delle sue proposte di pace e, senza il minimo tentennamento, li ripropone tali e quali, aggirando l’ostacolo (Netanyahu) e costruendo solide alleanze intorno al progetto dell’amministrazione Biden in Palestina del “due popoli due stati”.

In fotografia di copertina lo vediamo a colloquio, avantieri, con l’emiro Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani del Qatar. Blinken è ospite del Lusail Palace, a Doha. Un colloquio che segue ai risultati molto positivi dell’accordo raggiunto con gli Emirati arabi sul futuro di Gaza. Emirati e Qatar sono i soli due possibili alleati degli Usa in questa missione di pace.

Gli Emirati arabi sono decisi a non ripristinare rapporti diplomatici e commerciali con Israele finché durano gli assalti a Gaza. Il Qatar potrebbe assumere presto lo stesso atteggiamento. Per posizione geografica e prodotti forniti sono due Paesi indispensabili per l’economia di Israele.

Antony Blinken sa bene che la popolarità di Benjamin Netanyahu e degli estremisti di destra che lo appoggiano è ai minimi storici e, comunque, sotto il 15%. Il premier israeliano non è mai stato politicamente così debole. Blinken sa che è un’arma a doppio taglio, se da un lato la debolezza dovrebbe portarlo a più miti consigli, il non aver più nulla da perdere può spingerlo alle mosse più avventate e furiose, com’è nel personaggio.

Da quel gran diplomatico che è, personalmente lo trovo al livello, se non un gradino sopra, del premio Nobel Henry Kissinger, Blinken ha scelto ormai di mettere da parte le trattative dirette e gli incontri col leader israeliano, rivelatesi tutte fallimentari per l’ottusità e la totale mancanza di diplomazia dell’interlocutore.

Ora lo sta aggirando, alleandosi con coloro che, come l’America in primis, sono indispensabili ad Israele per la sua stessa sopravvivenza. Non dimentichiamo che la Gerusalemme di Netanyahu è ormai ad un passo dal conflitto aperto col Libano e, di conseguenza, con i Paesi alleati a quest’ultimo, a cominciare dalla potente Iran. Se Emirati arabi e Qatar si dovessero associare ai libanesi, sarebbero accerchiati senza scampo che la flotta americana, finora gli ha sempre assicurato dal mare, ma che potrebbe anche venir meno repentinamente.

Netanyahu sta giocando la carta pericolosa del ricatto a Biden di far appoggiare dagli ebrei americani Donald Trump alle presidenziali. Sbaglierò ma è più un bluff che altro in questa pericolosissima partita di telesina. Biden sa che il Primo Ministro israeliano incide al massimo sul 15% dei suoi connazionali e se, come è probabile, più o meno è la stessa percentuale d’influenza sugli ebrei d’America, l’appoggio di Biden e dei democratici può svanire come neve al sole.

A domani.

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