Crisi: la pausa di riflessione è d’obbligo.

Un fine settimana in cui il Presidente incaricato, nella quiete della sua tenuta in Umbria, circondato dalla famiglia, potrà riflettere sul giro di consultazioni appena ultimate.

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I dati emersi dal primo giro di consultazioni sono talmente tanti e variegati che sembra di trovarsi dinanzi ad un complicatissimo puzzle che Draghi è chiamato a montare in tempi brevi e che per le alternative all’orizzonte non è assolutamente semplice.

I paradossi della politica sono tanti. In questi giorni ve ne ho segnalato uno: nel momento in cui il governo del centrosinistra, il Conte II, è arrivato al capolinea, segnando una brutta debacle per quel ramo della politica nazionale che non è riuscito a surrogare l’abbandono della maggioranza ad opera dei renziani, si sfascia totalmente l’unità del centrodestra. L’incarico a Draghi nella destra ha la potenza deflagrante di una bomba nucleare. Berlusconi, gioioso, si dichiara immediatamente a favore, Salvini stenta a dire di sì, ma poi capisce che il partito del nord (che nella Lega è il vero padrone) vuole l’accordo, e si piega ad un si “senza condizioni”. Quelle due parole pronunciate dal segretario leghista sono un lapsus freudiano. Sono, infatti, quelle che si usano per le rese incondizionate, non per indicare la disponibilità ad avviare un alleanza politica o di qualsiasi altra natura. Leggere le dichiarazioni di Salvini sul filing tra Lega e Draghi è esilarante quanto paradossale: sia chiaro la Lega antieuropeista non ha nulla a che vedere con SuperMario, indimenticato salvatore dell’Europa. La Meloni si schiera per il no, senza se e senza ma. Insomma la frittata è pronta da servire in tavola.

E la Lega che vuole entrare in maggioranza per avere voce in capitolo sui 209 miliardi dei fondi europei del Recovery plan, pone non pochi problemi a Mario Draghi. Il centrosinistra, dopo il fallimento del progetto Conte ter, si era rassegnato ad una maggioranza che allargasse il perimetro oltre il solo centrosinistra. Infondo la maggioranza Ursula, cioè dei partiti che avevano votato in Europa per Ursula von der Leyen alla presidenza della commissione. era una invenzione di Romano Prodi, padre nobile del Centro sinistra, per cui l’ingresso in maggioranza di Berlusconi e della galassia di partitelli che orbitano nel centrodestra era stata accolta o meglio digerita, come un amara medicina, ma indispensabile. L’ingresso invece della Lega in maggioranza, rappresenta un capitolo del tutto diverso. Sta decisamente inviso a molti a cominciare da Sinistra italiana, che se la Lega entrasse, rimarrebbe fuori. Ma la differenza dei numeri è nettamente a favore del partito di Via Bellerio. Il problema che Draghi non può non porsi è quello della governabilità. La sua autorevolezza e la scelta di ministri di alto profilo lo mette a riparo solo fino ad un certo punto. La politica italiana non ha pudore quando si tratta di difendere gli interessi dei padroni veri delle rispettive compagini, i grandi finanziatori. Draghi sa bene che la ripresa dell’Italia passa da un rigoroso programma d’investimenti che abbia un solo obiettivo: far crescere il Paese, riducendo al tempo stesso il debito pubblico, livellando i divari territoriali, e puntando su infrastrutture, ecologia e giovani. Draghi ha qualità assolutamente più uniche che rare, ma francamente non so come potrebbe far celermente procedere la macchina governativa verso questi obiettivi con una maggioranza così eterogenea da far invidia ai colori del costume del celebre Arlecchino.

In questo fine settimana Draghi, che assai abilmente nel primo giro di consultazioni ha molto ascoltato e poco detto, avrà modo di riflettere e decidere le mosse da fare nel secondo giro che comincerà alle 15 di lunedì con il gruppo misto della Camera e si chiuderà martedì alle 17 con il Movimento 5 stelle.

E che Draghi sentisse il bisogno di chiarirsi bene le idee per l’immediato futuro lo dimostra il fatto che abbia rinviato la convocazioni delle parti sociali e non abbia ancora fissato quel calendario d’incontri. In quella sede dovrà ascoltare certamente, ma anche e soprattutto fornire precise indicazioni sul suo programma, che indubbiamente sarà diverso a seconda del perimetro della maggioranza da cui Draghi sceglierà di essere circondato.

In chiusura di questo ragionamento permettetemi di ricordare a me stesso che siamo passati in pochi giorni da un’ipotesi di governo che non ha raggiunto una maggioranza ad un presidente incaricato che dispone di numeri tali e di consenso talmente allargato da poter scegliere la forma di governo che ritiene più utile al Paese: E questo un miracolo che ha compiuto il Capo dello Stato indicando un presidente incaricato della statura di Mario Draghi.

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