Mosca vieta l’accesso in Russia a Boris Johnson

Insieme al premier inglese, stessa restrizione per i segretari della Difesa e del Foreign Office di Londra

Gianvito Pugliese

Lo confesso, care lettrici e lettori, Voi mi conoscete, quasi certamente, meglio di tutti e sapete che, né vi mento, né vi nascondo qualcosa. Ebbene, non sarà politically correct, ma i comportamenti di Mosca mi fanno ridere. Ma scusate, che senso ha fare un decreto, anzi forse tre o più, per proibire qualcosa a tre persone, a cui non sfiora neanche nell’anticamera del cervello l’idea di poterla fare?

Johnson ha tutti i difetti del mondo, e non sono mai stato tenero nei suoi confronti, la Brexit, che Donald Trump lo indusse a rendere esecutiva, ingannandolo, non gliela perdonerò mai e più di me gli agricoltori inglesi che sono stati rovinati da quell’innovazione. Ne è perdonabile mettere i cittadini in lockdown e partecipare a feste goliardiche al 10 Downing Street.

Ma il biondo che fa impazzire il mondo, per dirla con Luciana Litizzetto, è al tempo stesso il primo che ha capito che andare a parlare con Putin, è puro masochismo elevato alla massima potenza. Non ti da una risposta che sia vera, l’indomani farà l’esatto contrario di quello che dice. Allora che ci vai a fare? Per farti una bevuta di vodka? Che altro ottieni? Ma non te la puoi fare al bar dell’angolo di casa tua, senza tutto quell’amba aradam per andare al Cremlino a riverire sua Signoria?

Johnson, avendolo scoperto da tempo, e non essendo né in campagna elettorale come Macron, né dipendente dal gas russo come Scholz (e su questo oggi una riflessione nell’editoriale), non ci sarebbe andato mai e poi mai, né avrebbe mandato a perder tempo due suoi collaboratori di alto rango.

Perché Putin lo fa allora? Perché è stupido? Per tenere in esercizio i suoi burocrati a scrivere decreti? Né l’uno, né l’altro, ma per rifilare ai russi, nella narrazione farlocca della propaganda del Cremlimo, la storiella del grande e potente leader russo (lo zar Putin) che tira sberle ai leader occidentali, bloccando la scala santa dei leader questuanti, inginocchiati dinanzi alla porta del Cremlino a pregare di essere ricevuti.

Andiamo a quanto avvenuto. Come abbiamo accennato la Russia (o meglio Putin) ha deciso di bandire l’ingresso nel Paese al primo ministro britannico, Boris Johnson, nonchè a Ben Wallace segretario della Difesa e Elizabeth Truss del Foreign Office. Lo ha annunciato urbi et orbi il ministero degli Esteri di Mosca, secondo il quale sono state previste altre sanzioni individuali che riguardano “alti funzionari di alto livello”. Ma al Cremlino sono andati a scuola o solo tutti in palestra a praticare karatè?

“Si è deciso di includere membri chiave del governo britannico e una serie di personalità politiche nella ‘stop list’ russa a seguito delle azioni ostili senza precedenti del governo britannico, espresse in particolare nell’imposizione di sanzioni contro alti funzionari della Federazione Russa”.
Secondo il ministero una risposta alla campagna informativa e politica di Londra volta a isolare la Russia a livello internazionale, contenerla e strangolarne l’economia.

Il ministero ha infine accusato il Regno Unito di “infiammare deliberatamente la situazione intorno all’Ucraina, inviando armi letali a Kiev e spingendo altri Paesi a imporre sanzioni contro la Russia”. La lista che attualmente comprende un totale di 13 funzionari del Regno Unito, potrebbe essere ampliata “nel prossimo futuro” fino a comprendere politici e membri del parlamento.

Resta da domanda: “Ma chi è così pazzo da un Paese ostile, come li definisce Mosca, ad andare in Russia dopo l’esperienza Navalny?”

Ricorderete certamente che la prima condanna, che ha portato in carcere Navalny, è stata per aver lasciato la Russia senza le, non meglio precisate, prescritte autorizzazioni. Ma Alexandrey Navalny lasciò il Paese mentre era in coma, consegnato dalla sanità russa alla Germania, che lo fece curare in apposita struttura sanitaria, scoprendo che il coma era stato provocato da un avvelenamento con sostanze utilizzate normalmente dalla Fsb, il servizio di sicurezza russo, erede del famigerato Kgb. Una condanna pretestuosa, in un procedimento farlocco, in un Tribunale peggiore di una fogna, con le arcinote femmine di topo a fare da magistrati.

E qualcuno dovrebbe voler venire a farsi una villeggiatura il Siberia? Ma mi faccia la cortesia, avrebbe detto l’indimenticabile principe Antonio de Curtis, in arte Totò.

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