Donald Trump fa causa ad Hilary Clinton

La ex first lady avrebbe accusato Trump di collusione con i russi nell’elezioni del 2016

Gianvito Pugliese

 Donald Trump ieri ha citato in giudizio la sua rivale nelle elezioni presidenziali americane del 2016, l’ex first lady Hillary Clinton, e diversi altri democratici, che avevano sostenuto che Trump avesse tentato di truccare quelle elezioni utilizzando nella sua campagna elettorale l’aiuto della Russia.

Clamorosa nel 2016 la scoperta che le email della Clinton erano state integralmente copiate da hacker russi, presumibilmente al soldo del Cremlino. Poi recentemente, anche se Trump ha cercato di mettere tutto a tacere senza clamore, Yuri Shvets, ex spia Kgb: “Trump risorsa russa per 40 anni

La causa copre un lungo elenco di lamentele che l’ex presidente repubblicano ha ripetutamente mandato in onda durante i suoi quattro anni alla Casa Bianca dopo aver battuto Clinton, e arriva mentre continua a sostenere falsamente che la sua sconfitta alle elezioni del 2020 da parte del presidente democratico Joe Biden è stata il risultato di una diffusa frode contro i risultati elettoral,i verso i quali ha proposto ricorsi, persi ovunque e finanche dinanzi alla Corte Suprema che, alla fine della sua Presidenza Trump si era plasmato a suo profitto, nominando un giudice repubblicano al posto di una democratica defunta e squilibrandolo il rapporto di forze con sei repubblicani e tre democratici.

Agendo di concerto, gli imputati hanno cospirato maliziosamente per tessere una falsa narrativa secondo cui il loro avversario repubblicano, Donald J. Trump, era colluso con una sovranità straniera ostile”, afferma l’ex presidente in un passaggio saliente dell 108 pagine presentata in un tribunale federale della Florida.

La causa vuol dimostrare l’esistenza di un “racket” che farebbe capo alla Clinton e che avrebbe cospitato “per commettere falsità pregiudizievoli”, poi altre accuse generiche.

La Clinton non ha commentato.

La causa punta al risarcimento del danno. Trump afferma di essere stato “costretto a sostenere spese per un importo da determinare al processo, ma noto per essere superiore a ventiquattro milioni di dollari ($ 24.000.000) e continuando a maturare, sotto forma di spese di difesa, spese legali” ed altre connesse.

Jeff Grell, un avvocato considerato un’autorità in casi di racket, afferma che Trump avrebbe aspettato troppo ad adire la magistratura. Le accuse di racket civile si prescrivono in quattro anni, ha detto Grell, Resta da vedere da quando inizia a decorrere.

Grell evidenzia che la causa di Trump ignora l’immunità concessa agli agenti del governo, non stabilisce uno schema di racket e cerca di limitare l’esercizio della libertà d’opinione.

Si tratta comunque di processi lunghissimi, secondo Grell.

Grell non lo dice espressamente ma appare evidente che Trump gioca questa carta per poter sostenere per anni di essere stato vittima di un complotto democratico.

Trump cita come controparte anche Christopher Steele, un ex ufficiale dell’intelligence britannica.

Un dossier scritto da Steele e distribuito all’FBI ed ai media prima delle elezioni del novembre 2016, affermava che la Russia era in possesso d’informazioni imbarazzanti su Trump e alcuni dei consiglieri della sua campagna repubblicana e che Mosca stava lavorando dietro le quinte per sconfiggere la Clinton e portare Trump alla Casa Bianca.

Un rapporto di 966 pagine pubblicato da una commissione del Senato degli Stati Uniti a guida repubblicana nel 2020 ha concluso che la Russia ha utilizzato l’agente politico repubblicano Paul Manafort e il sito Web WikiLeaks per aiutare Trump a vincere le elezioni del 2016.

Manafort ha lavorato alla campagna presidenziale di Trump per cinque mesi nel 2016.

Mosca nega interferenze, ma è scattata un’indagine statunitense durata due anni e guidata dal consigliere speciale Robert Mueller.

Nel 2019, Mueller ha pubblicato un rapporto esauriente che descriveva in dettaglio numerosi collegamenti tra il governo russo e la campagna di Trump, ma non accusava nessun associato di Trump di una cospirazione criminale.

Mueller ha affermato nel suo rapporto che “il governo russo ha percepito che avrebbe beneficiato di una presidenza Trump e ha lavorato per garantire tale risultato, e che la campagna si aspettava che avrebbe beneficiato elettoramente dalle informazioni rubate e rilasciate attraverso gli sforzi russi”.

E chiaro il riferimento agli hacker russi che spiarono la corrispondenza elettronica della Clinton. Da non dimenticare che la Clinton nell’elezione presidenziale del 2016 prese molti più voti di Trump, che prevalse grazie ad un perverso meccanismo di attribuzioni di punti ai singoli Stati. Una vittoria di stretta misura dunque e senza l’appoggio di Putin e delle spie russe non sappiamo se Trump sarebbe riuscito a vincere.

Se l’ex spia del Kgb, Yuri Shvets, ha pure un minimo di ragione Putin si ritrovò alla Casa Bianca un suo collaboratore e la guerra congiunta dei due contro l’Unione europea, culminata con la brexit della Gran Bretagna, dimostra quanto Trump diede a Putin in cambio dell’aiuto elettorale avuto.

Trump sa di perdere questo giudizio, ma il tempo gioca a suo favore e gli permette di dipingersi come vittima di un’organizzazione criminale, il racket, governata dalla Clinton e formata dai principali democratici. E, mentre del suo social non si sa più nulla e pare l’ennesimo flop del tycoon, la sua discesa in campo alle elezioni del 2024 è certa. Ciò che è assolutamente incerto invece è se i repubblicani faranno il colossale errore di ricandidarlo o se darà vita, come ha più volte minacciato, ad un suo partito. Sempre che l’accusa di Alto tradimento e sovversione a cui sta lavorando una commissione parlamentare non lo metta fuori gioco definitivamente.

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