Donne e Uomini di Puglia

Storie e curiosità dei figli della nostra amata regione. Nella foto di copertina la bellissima città di Terlizzi

Care lettrici e lettori de lavocenews.it, anzitutto. GRAZIE! Grazie perché questa semplice rubrica di approfondimento e curiosità, riscuote davvero  tanto interesse. Giornalismo è anche questo, far conoscere ai tanti lettori della nostra testata, ma soprattutto a chi si avvicina per la prima volta al nostro sito d’informazione: le storie, la vita , le opere di tante  Donne e Uomini nati nella nostra regione, e che nel corso della loro vita hanno regalato bellezza, sapienza e cultura. Questa settimana care lettrici e lettori de lavocenews.it , vorremmo raccontarvi la vita di due grandi personalità pugliesi:  il magistrato Carmen D’Elia  e Don Pietro Pappagallo.

Il Magistrato: Carmen D’Elia

Carmen D’Elia, nata nel 1962 a Fragagnano, Taranto, e in magistratura dal 1991, è stata giudice nel processo sulla truffa dei derivati contro il Comune di Milano, ma soprattutto era nel collegio della I sezione penale del Tribunale di Milano che il 22 novembre 2003 condannò l’avvocato Cesare Previti a cinque anni nell’ambito del processo Sme. 

Il magistrato Carmen D’Elia

E’ stata anche giudice a latere nel processo contro Pier Paolo Brega Massone, ex primario della clinica Santa Rita condannato in primo grado a 15 anni e mezzo di reclusione. Era il processo sulla cosiddetta clinica degli orrori: tra il 2005 e il 2007, 83 pazienti avevano subito interventi inutili e dannosi, abnormi e invasivi, al fine unico di gonfiare gli incassi personali dei chirurghi e della clinica.

Giudice della quarta sezione penale del tribunale di Milano, quella incaricata di giudicare Silvio Berlusconi, sottoposto dal 6 aprile 2011 a processo per direttissima con le imputazioni di concussione e prostituzione minorile (con Lei, Giulia Turri e Orsola De Cristofaro). Il 24 giugno 2013 i tre giudici lo hanno condannato in primo grado a sette anni (un anno in più dei sei chiesti dalla pm Ilda Boccassini), con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Il coraggio di un Uomo:Don Pietro Pappagallo martire della Chiesa del XX secolo

Nato a Terlizzi (Bari) il 28 giugno 1888. Don Pietro Pappagallo fu l’unico sacerdote fra le 335 vittime dell’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine del 24 marzo del 1944, difese e aiutò partigiani, alleati, militari ed ebrei, e per questo motivo fu barbaramente trucidato. La città di Terlizzi, fu  sede episcopale fino al 1818, poi soppressa ed entrata a far parte della diocesi di Molfetta-Giovinazzo-Terlizzi. Nato in una famiglia di modeste condizioni economiche: il padre, cordaio, fabbricava con canapa, iuta e giunco le funi così importanti per ogni terra che vive di agricoltura e mare; la madre, casalinga, sarà la prima a intuire e assecondare la vocazione di quel ragazzino che aveva appena iniziato la sua attività di garzone nella bottega paterna.

Don Pietro Pappagallo

Nel 1915, a Grande guerra da poco iniziata ricevette l’ordinazione e il giorno seguente, Pasqua di Risurrezione, distribuì l’immaginetta-ricordo della sua prima messa. Trascorsei primi dieci anni della sua vita sacerdotale nella sua Diocesi e poi a Catanzaro Fu trasferito a Roma nel 1925 nel Collegio collegato alla Basilica di Santa Maria Maggiore, fu vice parroco nella Basilica di San Giovanni in Laterano e segretario del card. Cerretti.

Tra Settembre del 1939 e Giugno 1940, Adolf Hitler scatenò la seconda guerra mondiale e l’Italia entrò nel conflitto. Preoccupato per le sorti dei profughi terlizzesi emigrati a Roma, da Gennaio a Settembre del 1942 tentò di aprire una scuola popolare nella quale impiegarli, ma il suo progetto non vide mai la luce a causa del divieto delle autorità fasciste. Nel frattempo il suo ex allievo di un tempo, Gioacchino Gesmundo dirigente del Partito Comunista Clandestino – prese contatto don Pietro chiedendogli di attivarsi per la produzione di carte di identità false per salvare disertori e perseguitati. Don Pietro non si tirò indietro e da quel momento in poi s’impegnò nel fornire aiuto a soldati, partigiani, alleati, ebrei e altre persone ricercate dal regime.

Da quel momento in poi il suo appartamento di via Urbana 2 divenne rifugio per molti. Era lì, infatti, che distribuiva i documenti falsi con i quali nascondeva partigiani ed ebrei, divenendo una figura di spicco della resistenza romana. Il 29 gennaio 1944, Don Pappagallo fu arrestato dalle S.S., dopo la delazione di una spia tedesca, lo scopo era eliminare una figura di spicco del fronte militare clandestino e della resistenza romana. Condannato a morte, fu giustiziato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine. Alcuni testimoni hanno riferito che, anche durante il periodo della prigionia, Don Pappagallo condivise e spesso si privò del proprio misero pasto, con altri detenuti, che non avevano ricevuto cibo.

Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo dell’anno 2000, ha incluso Don Pietro Pappagallo tra i martiri della Chiesa del XX secolo. Esiste una targa dedicata a Don Pietro Pappagallo, nella casa in cui visse a Roma, in via Urbana, che riporta questa scritta: “In questa casa nel tempo buio dell’occupazione nazista, rifulse la luce del cuore generoso di Don Pietro Pappagallo, accolse con amore i perseguitati di ogni fede e condizione, cadde nel segno estremo della redenzione e del perdono di Dio. Il Comune di Roma pose per ricordare che i caduti per la libertà sono le vive sementi di una umanità migliore”.

Targa dedicata a Don Pietro Pappagallo, nella casa in cui visse a Roma

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