Smart working, lavorare da casa!

Ormai usiamo smart working, part time, ecc….parliamo italiano e cerchiamo di parlarlo correttamente

Maria Catalano Fiore

Bene usare parole ridondanti per questa formula, già usata per emergenza in questi mesi, ma già prevista dalla legge da almeno 10 anni ed applicata pochissimo. Ne vogliamo parlare?

E’ un argomento che negli anni scorsi mi ha interessata molto, come dirigente statale, Direttore storico dell’Arte del Mibact. Avevo problemi a recarmi tutti i giorni in ufficio, ora sono, in pensione. Nessun bonus, ho solo cominciato troppo presto. La legge lo prevedeva, bisognava inoltrare domanda, ok. Avere in casa una postazione PC efficiente, bene. Controllo di verifica…mai visto nessuno. Applicazione per accedere al Mibact, niente, inesistente.

Adesso, invece si riscopre che si può lavorare da casa, basta un portatile collegato e per di più funziona anche meglio! Addirittura, sia aziende pubbliche che private lo hanno imposto. Da casa si evitava totalmente, o quasi, il rischio di contagio. L’ufficio, spesso obbligato a chiudere per problemi vari; e poi per raggiungerlo, muovendosi in bus , treno ulteriori rischi di contagi. Con una sentenza rapidissima il tribunale di Grosseto sancisce che “Il lavoro agile è un diritto soggettivo che il singolo può far valere con il suo datore di lavoro, anche se questo è contrario”. “Si tratta di un principio innovativo di estrema importanza afferma il giuslavorista milanese Cesare Pozzoli, che potrebbe condizionare notevolmente le relazioni di lavoro e di vita. Ad inizio Coronavirus il lavoratore e le lavoratrici si erano trovati in grande difficoltà, con i figli a casa ed abitudini completamente ribaltate. Ad esempio, una madre, pendolare, per essere in ufficio alle 8.00, deve percorrere dei tratti a piedi, prendere un bus, treno o metropolitana con un tragitto di un’ora circa, è quindi costretta alla sveglia mediamente tra le 5.00 e le 5.30 del mattino, per badare a figli, colazioni …….., al rientro, se conclude il suo orario lavorativo alle 14.00, arriva a casa alle 16.00, se alle 17.00 arriva a a casa alle 19.00, stremata. Da quel momento deve controllare figli, preparare la cena, programmare per il giorno dopo ….. Stando a casa può alzarsi un po’ più tardi, accompagnare i figli a scuola, e non pagare tante ore di baby sitter. E’ più riposata, il suo lavoro lo svolge tranquillamente e sicuramente meglio e più velocemente, in particolare se deve archiviare fatture, documenti, posta di routine e tante altre cose. Lavorerebbe bene e di più. Questo sistema lo stanno adottando pian piano le poste italiane nei reparti meccanografici, con successo e notevole risparmio anche energetico. Una chiara statistica ha dimostrato che il 56% degli italiani occupati si sia trovato meglio. Tre sono in media, le ore di aumento di lavoro prodotto quando si svolge da casa. Anche uno studio statunitense ha dimostrato che lavorando in casa si è meno stanchi, più concentrati e che si tende quasi sempre a sforare l’orario di lavoro.

Ecco che si scopre una nuova forma vantaggiosa per aziende che così non hanno più bisogno di grandi sedi dai consumi e costi generali notevoli. Un lavoratore può produrre di più e meglio, può essere comunque sanzionabile se produce meno. Un giorno a settimana o al mese un summit ed adeguamento lavorativo a seconda dell’incarico.

Altra considerazione per le aziende, già in sofferenza: costi aggiuntivi per adeguamento degli ambienti di lavoro, separatori in plexiglass, e maggiore distanza tra scrivanie, adeguamento bagni e tante altre cose. Abbiamo considerato tutto questo? oltre alla sanificazione giornaliera degli ambienti…fate un po’ voi. Forse un piccolo vantaggio di questa crisi inaspettata sarà lo snellimento dei pendolari e una maggiore coesione tra i componenti famigliari, senza figli sballottati come pacchetti tra nonni e baby sitter.

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