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Controffensiva ucraina che apre la strada per Kramatorsk

Orio Giorgio Stirpe

Nella chiosa del mio ultimo articolo (dove ho esaminato da un punto di vista tecnico la vera natura dell’operazione ucraina intorno a Kherson, giungendo alla conclusione che si tratti probabilmente di un semplice “fissaggio” volto a richiamare le riserve russe) avevo inserito una frase ben precisa: “…il loro Stato Maggiore adesso si sta scervellando per capire dove potrebbe arrivare il vero attacco ucraino…”.

Da ieri leggiamo notizie relative a puntate offensive ucraine intorno a Izyum.

Premetto che è di gran lunga troppo presto per dire: “ECCO! Il vero attacco ucraino è qui…” Per ora di vedono solo queste: puntate offensive. Cioè improvvise spinte localizzate di unità corazzate o anfibie, capaci di colpire dove fa male, ma non sufficientemente robuste da acquisire terreno in misura significativa e permanente… Fintanto che rimangono tali, sono atti tattici difensivi volti a indebolire l’avversario, e non atti offensivi intesi a respingerlo.

D’altra parte, i primi atti di un’offensiva possono facilmente assomigliare a semplici puntate offensive.

Siamo in piena “Fog of War”, quella foschia bellica che ci impedisce di capire cosa stia esattamente accadendo, e questa foschia di solito favorisce l’attaccante, il quale riesce a lasciare l’avversario nel dubbio su dove possa abbattersi il prossimo colpo.

Il fatto stesso che si debba fare questa precisazione, implica la conferma di come l’iniziativa sia davvero passata agli ucraini, con i russi costretti a prepararsi a subire un contrattacco; e QUESTO è il fattore strategicamente importante da tenere a mente mentre esaminiamo la situazione.

Chiarito il punto fondamentale e ricordato come la situazione sia tutt’altro che chiara, andiamo a vedere quella che è la posizione tattica dei contendenti in questo contesto.

Abbiamo ribadito fino alla nausea come entrambi si trovino – per ragioni diverse – ad essere costretti ad un basso ritmo operativo a causa della mancanza di potenziale offensivo: agli ucraini mancano masse corazzate e superiorità aerea, mentre ai russi mancano personale e supporto logistico.

Come conseguenza abbiamo un fronte bloccato e una situazione apparentemente statica, ma l’equilibrio è precario.

La precarietà dell’equilibrio dipende dalla scelta scellerata dei russi di mantenere l’offensiva anche oltre il “culmination point” che avevano raggiunto già a giugno, in modo da obbedire alle direttive politiche di Putin. Qualcuno ricorderà che avevo spiegato come per i russi fosse ancora possibile mantenere una qualche pressione del Donbass solo mediante la “cannibalizzazione” delle Brigate schierate lungo il resto del fronte, che venivano così ad essere assottigliate oltre il limite del buon senso allo scopo di alimentare il tritacarne di Severodvinsk e dintorni.

Il risultato di tale pratica assurda è che adesso il fronte russo è pericolosamente sottile un po’ dovunque, e per essere mantenuto richiede il pronto intervento delle pochissime riserve tattiche ancora disponibili.

Osserviamo il fronte completo su una qualsiasi cartina topografica: ha la forma di un arco estremamente teso, una “C” rovesciata le cui estremità corrispondono a Kharkiv e a Kherson, e la cui pancia corrisponde al Donbass. La vera particolarità è che mentre i russi si trovano all’esterno di questa “C” rovesciata, gli ucraini sono all’interno: un “interno” estremamente vasto, superiore alla gittata delle armi russe e quindi piuttosto sicuro, ancora integro nelle infrastrutture principali, mentre le aree occupate dai russi, quelle a ridosso della “C”, sono devastate proprio nelle infrastrutture e infestate dalla Resistenza.

Questo fatto implica che mentre i russi devono manovrare “per linee esterne”, gli ucraini manovrano “per linee interne”: questo particolare vantaggio era l’ossessione di Napoleone, che lo ricercava costantemente nelle sue manovre attraverso l’Europa.

Per meglio capire l’entità di questo vantaggio, andate su Google Maps e provate a calcolare il tempo occorrente per spostarsi in auto fra Mykolaiv e Kharkiv; poi fate lo stesso calcolo tracciando un percorso da Kherson a Rostov sul Don, quindi a Belgorod e infine a Izyum. Ovviamente il risultato è relativo ad un movimento in auto in tempo di pace, ma rende l’idea della differenza: il secondo è tre volte il primo.

In realtà le cose sono ancora peggiori, in quanto appunto le strade del primo percorso sono libere mentre quelle del secondo sono per metà devastate e sotto la minaccia della resistenza… Inoltre i russi spostano il loro materiale pesante per ferrovia, altrimenti se lo perdono per strada per malfunzionamenti e rotture varie.

Insomma: gli Ucraini spostano un battaglione da un’estremità del fronte all’altra in una notte, mentre i russi impiegano una settimana.

L’azione ucraina contro Kherson – “fissaggio” o comunque altro la si voglia chiamare – ha richiamato le ultime riserve russe nel punto più lontano e logisticamente impraticabile dell’intero fronte, nella zona maggiormente battuta dai missili e dalle Forze Speciali ucraine, e da dove è più difficile estrarle nuovamente. A questo mi riferivo quando ho descritto come “panico” la risposta russa all’azione ucraina laggiù: si è trattato di una reazione scomposta dettata dalla priorità di Putin di “fare massa” per evitare il rischio di perdere una località dal nome importante ma di scarso valore militare.

Come ho spiegato nel post precedente, lo scopo principale del “fissaggio” – oltre ad infliggere perdite all’avversario – è richiamare le riserve nemiche nel punto desiderato, cioè naturalmente il più lontano possibile da dove NON vogliamo che si trovino.

Bene: le riserve russe sono state attirate nel punto più lontano possibile dal settore fra Kharkiv e Izyum.

La Reuters riporta oggi una improvvisa forte spinta ucraina in corrispondenza di Balakliia, cioè esattamente al centro di tale settore: il punto da dove è possibile incidere più dolorosamente sul fianco del saliente di Izyum, che costituisce la principale minaccia a Kramatorsk, quella che da maggio abbiamo individuato come la località-chiave del conflitto per Putin.

A differenza di Kherson, e pur non avendo un nome importante, Izyum è una località dal valore militare piuttosto elevato.

Andando a controllare, scopriamo che in zona, a differenza di Kherson, sono effettivamente affluite all’improvviso Unità della riserva centrale ucraina. Troviamo infatti in quel settore almeno due Brigate corazzate oltre a forze meccanizzate e a paracadutisti; di fronte a loro c’è ciò che resta della 1^ Armata Corazzata della Guardia, che era stata appunto anemizzata per alimentare l’offensiva nel Donbass.

Torno a ripetere che l’Ucraina non dispone di riserve corazzate sufficienti per alimentare un’offensiva prolungata; potremmo quindi trovarci di fronte ad un altro caso di “fissaggio”, volto a sconvolgere nuovamente il morale e il supporto logistico avversari e ad infliggere perdite oltre che a riguadagnare un po’ di terreno (questa volta militarmente significativo). Oppure potrebbe effettivamente trattarsi di una controffensiva tesa a perforare il fronte russo là dov’è più sottile e dove i guadagni territoriali sarebbero più significativi dal punto di vista militare.

In realtà questo non è particolarmente importante. Quello che conta veramente è sempre quanto affermato all’inizio: la Russia ha perso l’iniziativa nel conflitto, e l’orso Vladimiro è costretto a reagire in affanno alle azioni militari di un nemico che secondo lui non avrebbe neppure dovuto esistere.

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