Federico da Montefeltro: il mecenate

Un grande uomo, un condottiero, un mecenate il più importante mecenate della storia.

Maria Catalano Fiore

Incredibilmente, a distanza di 600 anni dalla sua nascita, Federico da Montefeltro, Duca e Signore di Urbino, risulta il più intraprendente degli investitori nella cultura e nell’arte. La sua figura di comandante e mecenate emerge prepotentemente, nella sua Urbino, in due mostre a lui dedicate: una da giugno ad ottobre, un omaggio a lui ed alla sua corte di artisti, l’altra, appena inaugurata “Arte potere, in dialogo con Federico da Montefeltro”. Quale ruolo ricopre un mecenate e oggigiorno. Quale arte è possibile nei confronti di una committenza? belle domande…

Locandina della mostra

Il migliore omaggio che si può immaginare, per celebrarlo, è il recupero dell’intero secondo piano del suo Palazzo Ducale di Urbino, cominciato da tempo e concluso proprio in questo anno così importante.

Il nome di Federico da Montefeltro, evoca subito il bellissimo doppio ritratto eseguito, intorno al 1492, da Piero della Francesca (1412-1492).

Piero della Francesca: Federico da Montefeltro e sua moglie Battista Sforza

Sicuramente uno dei ritratti più noti di tutta l’epoca rinascimentale italiana. In questo “Dittico”, Federico da Montefeltro (1422-1482), è di profilo, pare quello migliore, guarda sua moglie e donna della sua vita, Battista Sforza (1446-1472). Un ritratto ispirato notevolmente dalla numismatica, le due figure si presentano di profilo, una posa che rende il ritratto molto verosimile, ma nello stesso tempo privo di emozioni. La loro unità indissolubile è data dalla continuità del paesaggio sullo sfondo. Quel paesaggio marchigiano su cui i Montefeltro regnavano. Notevole il contrasto cromatico tra l’incarnato più scuro del condottiero, abituato a vivere all’aria aperta, a cavallo, e il pallore di Battista Sforza. Pallore che oltre a rispettare le convenzioni estetiche in voga nel Rinascimento, allude quasi sicuramente, alla sua morte precoce, nel 1472, a soli 26 anni. Battista, una donna di grande cultura, probabilmente morta, debilitata, per le numerose gravidanze ravvicinate.

Piero della Francesca: retro del dittico

Federico colpisce tutti per quel suo naso importante, e “sconciato”, come lui stesso lo definiva, e l’occhio destro “guercio”, resi tali nel corso di un incidente durante un allenamento militare. Un ritratto quasi fiammingo, immerso in un panorama in rigorosa impostazione prospettica. Un risultato ineguagliabile.

Sul retro delle tavole, i Duchi sono effigiati mentre vengono portati in trionfo su carri, le iscrizione e i simboli di virtù che li accompagnano inneggiano ai valori morali della coppia. La presenza di questo doppio fronte pittorico lo rende, appunto, un “Dittico” espositivo, e non un semplice ritratto da parete.

Il Dittico nella sua collocazione presso la Galleria degli Uffizi a Firenze

Federico ha bisogno di un erede maschio e finalmente, quasi come ultimo atto d’amore, Battista da alla luce l’erede Guidobaldo III duca di Urbino (1472-1508) che assume il governo a soli 10 anni, guidato dal fratellastro legittimato, Antonio da Montefeltro (1445-1508). Anche Guidobaldo si dimostra un valente capitano militare, piegato solo da Cesare Borgia (1475-1507), reintegrato da Papa Giulio II, della Rovere (1443-1513), il Papa guerriero, che lo nomina “Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa”, nel ruolo già di suo padre Federico. Guidobaldo è ucciso dalla gotta, e nonostante il matrimonio con la giovane Elisabetta Gonzaga (1471-1526), non lascia eredi, con lui si estingue la discendenza dei “da Montefeltro”. Nel 1509 Francesco Maria I della Rovere (1490-1538) sposando una Gonzaga, diventa, ufficialmente, Signore di Urbino.

Federico da Montefeltro ritratto nel suo studiolo, con la sua armatura e il mantello di Gonfaloniere della Chiesa, accanto il figlio Guidobaldo

Piero della Francesca è solo uno dei tanti artisti che frequentano il palazzo ducale di Urbino, e che comunque hanno un rapporto forte, tra di loro e con i duchi di Montefeltro, sono persino ospitati, ripetutamente. Senza dubbio un ambiente colto e raffinato che, in breve tempo, diventa uno dei più importanti centri culturali ed artistici italiani.

In quegli anni, 1470-75, Federico è anche all’apice della sua carriera militare. E’ considerato uno dei più prestigiosi “uomini d’arme” di tutta la penisola e, insieme, il più pagato. Accolto trionfalmente in molte città, compresa Firenze e la sua corte medicea.

Immagine dall’altro dell’incredibile Palazzo Ducale di Urbino

E’ un uomo d’armi, ma anche amante delle arti. Per progettare ed erigere il suo palazzo ducale chiama, dalla Dalmazia, l’architetto Luciano Laurana (1420-1479), già attivo a Venezia, e seguace di Leon Battista Alberti (1404-1472) architetto, scrittore, matematico, umanista, filosofo e musicista, promotore di tutto il linguaggio dell’architettura rinascimentale. Suo allievo Donato Bramante (1444-1514). Il Laurana, tra il 1465 e il 1472, intraprende la grande opera della costruzione del palazzo ducale di Urbino e della predisposizione della stessa “città ideale a scacchiera”, sull’onda della città ideale di Pienza costruita dall’Alberti e rappresentata da Piero della Francesca. Soluzioni architettoniche che avranno una enorme influenza su tutta la seguente progettazione urbana ed architettonica europea sino ai giorni nostri.

Piero della Francesca: “La città ideale” un incredibile, minuzioso, piccolo dipinto 20×60

Al Laurana subentra Francesco di Giorgio Martini (1439-1502) architetto, ingegnere e teorico dell’architettura, pittore e scultore, amplia il palazzo con un ulteriore piano, lo sviluppa e completa. In parallelo, con la crescita del palazzo, cresce anche il prestigio del Duca Federico, nominato “Duca e Gonfaloniere della Chiesa”, da parte di Papa Sisto IV della Rovere (1414-1484).

Si deve a Francesco di Giorgio Martini l’incredibile rampa elicoidale che permetteva a carri e cavalli, ora macchine, dalla valle, di raggiungere in alto il palazzo. Sua anche la progettazione delle grandi scuderie e stalle poste a metà altezza, nel seminterrato, attuali grandi garage di sosta per chi entra poi, in centro, con gli ascensori, un industrioso sistema a carrucole molto efficiente.

Sezione architettonica del Palazzo Ducale di Urbino

Bisogna visitare tutta la città di Urbino e il suo palazzo per comprendere il genio architettonico che ne ha programmato una struttura, valida a tutt’oggi, dove si circola liberamente, ed esclusivamente, a piedi raggiungendo velocemente tutti i suoi punti nodali, anche pubblici ed universitari. Ma anche dotata di un eventuale accesso per le macchine e di parcheggi sotterranei e ascensori che convogliano verso l’alto.

Lo studiolo di Federico da Montefeltro, probabilmente progettato dal Bramante ed eseguito a più mani in tarsie lignee

Al suo interno, il palazzo, è curatissimo, sempre sotto la direzione di Francesco di Giorgio Martini, operano il Bramante, lo scultore milanese Ambrogio Barocci (dati incerti) e molti altri. Fantastico lo studiolo, giunto a noi, quasi intatto. Da proporre, in foto, in ogni suo centimetro.

Per le decorazioni e dipinti operano, tra i tanti, Piero della Francesca, Paolo Uccello (1397-1475), Melozzo da Forlì (1438-1494) e il fiammingo Joos van Wassenhove noto come Giusto di Gand (1410-1480). Senza trascurare che questo è l’ambiente dove nasce e si forma Raffaello (Sanzio da Urbino) (1483-1520) una delle maggiori figure, di pittore ed architetto, di tutto il Rinascimento italiano.

Palazzo ducale di Urbino: i giardini pensili di Federico

La straordinaria personalità di Federico, e dello straordinario ambiente culturale creato, si riflette nella straordinaria risposta degli artisti e dei letterati, di estrazione e provenienza diversa, che generano, per decenni, un clima culturale, mai più ripetuto, neppure nelle grandi corti papali.

Scrive lo storico, umanista, letterato, diplomatico e militare Baldassar Castiglione (1478-1529) nel suo “Cortegiano”, un dialogo in quattro volumi, che si svolge, nel 1506, proprio presso la corte di Urbino: “Federico edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta l’Italia si ritrovi; e d’ogni opportuna cosa sì ben fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva”

La “Bibbia di Federico da Montefeltro”

Nel suo palazzo, inoltre, Federico fonda una delle più ricche biblioteche del suo tempo, con oltre 1760 codici manoscritti. Dopo la morte del figlio Guidobaldo, la biblioteca cade in stato di abbandono e viene acquistata da Papa Alessandro VII Chigi (1599-1667), nel 1657, per soli 10.000 scudi. Da allora costituisce il nucleo più importante della “Biblioteca Apostolica Vaticana”.

Nel 1475, il Duca, investe oltre trentamila ducati (sufficienti ad erigere una Chiesa) per far miniare il “libro più bello del mondo”: una Bibbia in due volumi, eseguita in due anni, di dimensioni imponenti. Miniata da vari artisti tra i quali Domenico Ghirlandaio (1448-1494), conosciuta come “La Bibbia di Federico da Montefeltro”.

Una pagina della Bibbia: nella miniatura in alto, inginocchiato, e munito di armatura, lo stesso Duca

Grazie ai successi militari di Federico, nell’arco di 40 anni, il ducato triplica la sua estensione, Urbino da modesta cittadina diventa una delle capitali italiane dell’Umanesimo e del Rinascimento. Questa sua “febbre culturale ed edilizia” provoca un enorme risveglio economico, alle attività di agricoltura e di allevamento di animali, si aggiungono le attività artigianali e l’industria della lana. Nasce la “Cartiera di Fermignano” di proprietà dei da Montefeltro, che ha prodotto carta per quasi 500 anni, e, ovviamente, si intensificano la circolazione del denaro e l’attività bancaria.

La figura di Federico da Montefeltro emerge come quella di “colui il quale, come più sa farsi temere in guerra, così, insieme, sa meglio costruire la pace”. Tanti benefici effetti per Urbino, città in cui si sommano le aspirazioni del duca ad una città influenzata da Leon Battista Alberti e da Piero della Francesca, dall’assidua partecipazione di Luciano Laurana che innalza un palazzo al di sopra delle attività mercantili e sulle campagne circostanti. Un potente impeto edificatorio su un contesto di plurisecolare e lenta sedimentazione.

La città di Urbino, e le sue circostanti zone mercantili

Il dominio, anche psicologico, di Federico, si avverte in tutte le opere che lo circondano. In Federico da Montefeltro si legge completamente tutto il significato del Rinascimento nel rapporto necessario tra arte e potere, tra l’artista e il vero Mecenate.

Nell’attuale mostra, fruibile sino a gennaio, si sottolinea e si attualizza, proprio questo aspetto del Duca di Urbino nonché lo stretto rapporto tra gli artisti e potenti in ogni campo, dai signori alla politica, ed opere eseguite su commissione pubblica o privata. Anche per comprendere quanto la grandezza possa trovare nell’arte un mezzo per rappresentare se stessa e quanto il potere possa essere impiegato per migliorare il mondo.

La città di Urbino, 14.000 abitanti circa, è ancora oggi un poderoso centro di studi umanistici ed artistici, universitari e non solo, Istituti e Laboratori di Specializzazione post-laurea che tutto il mondo ci invidia.

Dal 1998 Urbino è città dell’UNESCO, tutta la città ed il suo centro storico sono classificati come “patrimonio dell’umanità”.

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