Il caffè con il lettore

Partiamo da Il Riformista: “Autonomia differenziata, al Sud crescono i malumori. E i vescovi sono sul piede di guerra”

Gianvito Pugliese

Benvenute/i care/i ospiti del caffè… di stamane. Lo spunto per trattare l’importante argomento del giorno, ne va del futuro del nostro povero Paese, Michele Campione scriverebbe “l’Italia non è un Paese povero, ma un povero Paese“, viene da un bell’articolo del Collega Stefano Caldoro su Il Riformista di ieri “Autonomia differenziata, al Sud crescono i malumori. E i vescovi sono sul piede di guerra“.

Francamente vedo i duo Meloni-Gasparri e Sallusti-Sechi e relative compagnie cantanti, in grossa difficoltà nel formulare la consueta e trita e ritrita accusa che sono “i soliti comunisti a non capire e criticare le riforme innovative della destra“. Questa volta sull’economia differenziata sono “sul piede di guerra i Vescovi“. Vero che la faccia tosta non manca, ma definire comunisti i vescovi mi pare troppo anche per quella quadriglia che della verità non ne ha fatto la propria bandiera, salvo riferirsi al quotidiano La Verità, che tra titolo e contenuti appare, veramente, più satirico di Charlie Hebdo, il noto settimanale francese.

Per Caldoro, ed è un fatto, non una sua impressione “La chiesa si fa sentire! Si è pronunciata con accenni molto critici sull’autonomia differenziata, esprimendo forti preoccupazioni“.

In un incontro in Campania voluto dall’arcivescovo di Benevento Felice Accrocca, i vescovi presenti: “L’autonomia differenziata può rischiare di separare ancora di più le zone interne, quelle aree più distanti geograficamente dai centri di servizi, di assistenza sanitaria e sociale. Per questo noi vescovi ci confrontiamo per una nuova Pastorale delle aree interne del Paese”. Tra i presenti il Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Particolarmente significativo l’intervento del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano: “L’autonomia deve coniugarsi con i diritti del malato e qualsiasi organizzazione deve mettere alla sua base questi principi altrimenti fallisce”. Ed i contestuali tagli al bilancio della sanità pubblica, secondo molti medici, l’anticamera della sua fine, ce la raccontano tutta.

Alla preoccupazione dei vescovi, a me sembra una vera e propria protesta, ma ai vescovi è d’obbligo la moderazione, da voce Avvenire, il quotidiano della Cei, che ha così titolato la notizia dell’approvazione dell’Autonomia differenziata nel primo ramo del Parlamento: “Più autonomi o più soli?”.

Il malumore anche tra i vescovi, non facili a dure prese di posizione come oggi, si estende a macchia d’olio, tanto che il cardinal Zuppi denunzia: i vescovi del Sud “sono sul piede di guerra”. Nel suo autorevole ruolo non può ignorare le parole di fuoco di tantissimi rappresentanti delle diocesi del Sud. Monsignor Gianni Checchinato, arcivescovo di Cosenza: “Stanno dalla parte dei ricchi in maniera pregiudiziale?” E rincara la dose “Ma i cristiani presenti e votanti in Senato hanno dimenticato la Scrittura, i Padri della Chiesa?”. Non fa sconti neanche Monsignor Francesco Savino, vice presidente della Cei e vescovo di Cassano all’Ionio: “Se dovesse passare questa legge, diventeremo ancora più poveri”. Ed il progetto di regionalizzare la sanità regionalizzata va vedere rosso (“ecco la prova, sono comunisti”) ai vescovi della Sicilia: “Non ci dovrebbe essere nessuna differenza nella cura tra un cittadino siciliano, uno veneto o uno lombardo”, e proseguono chiedendo come vi sarà la “possibilità di aggiungere prestazioni che altre Regioni non saranno in grado di assicurare”.

Si fa sentire dalla Sardegna Giuseppe Baturi, Segretario Generale della Cei e arcivescovo di Cagliari: “la nascita su un territorio piuttosto che in un altro incide sulla possibilità di avere o meno accesso alle cure”. Fra i più diretti Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli. Per l’alto prelato si tratta solo di “egoismi, … di un progetto perverso che indebolisce il sud e che allargherà la forbice della duale separatezza del territorio nazionale”. Don Mimmo Battaglia non la manda a dire e fa un appello alla mobilitazione, nega categoricamente che l’Autonomia “sia un’esplicazione di quanto già contenuto nella Costituzione, come i suoi promotori sostengono…Perché differenziata significa che l’autonomia non è uguale per tutte le Regioni, che essa, appunto, si differenzia tra quelle forti, che con l’autonomia diventeranno più forti, dalle regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli”. Poi l’arcivescovo di Napoli si supera e lo qualifica: “Un disegno separatista, che avviene quando due debolezze si intrecciano pericolosamente, quella della politica e quella del Meridione, mettendo a rischio i livelli minimi di assistenza. Ed è un fiume in piena: “I Lep, (ndr, livelli essenziali delle prestazioni) quella parola che la povera gente neanche capisce, usata per coprire la furbizia dei potenti”.

I promotori della legge mentono presentandola come “Una inversione di rotta in grado di superare anche quella che è stata, ad oggi, la vera sciagura per le popolazioni meridionali: il riparto delle risorse sulla cosiddetta “spesa storica”. Un meccanismo, per sottofinanziare nel sud la sanità, l’istruzione, l’ambiente e la mobilità nelle Regioni meridionali. E guarda caso ogni anno da 25 anni il nord sottrae (in realtà ruba) al sud la modesta cifra di 62 miliardi ad anno, Fate voi il conto di quanto è stato scippato al sud, promotori cinque lustri or sono Berlusconi e Calderoli.

Ma la parola riassuntiva spetta all’arcivescovo Battaglia (di nome e di fatto): “Il vero inizio del buon cambiamento si avrà quando tutti partiremo dal Sud. È uno sguardo culturale prima che politico”. Un invio al legislatore a partire dai bisogni e dalle diseguaglianze.

Mi conoscono, sia gli ospiti che i lettori, e sanno quanto io sia profondamente laico e convinto “che vada dato a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio“, ma devo riconoscere, senza alcun tentennamento, che la sortita imprevista della chiesa cattolica attraverso i suoi vescovi, riequilibra una situazione che pareva del tutto pregiudicata.

Questa maggioranza senza pudore non teme il giudizio degli elettori forte di una Rai monopolizzata e di una stampa asservita, che giornalismo non è, che li prende in giro dalla mattina alla sera, per ricominciare il giorno dopo. E l’opposizione, sgangherata e disgregata com’è, è del tutto incapace di opporsi a provvedimenti, come l’Autonomia differenziata che mirano a riportarci al medio evo, all’epoca cioè dei Comuni e delle Signorie.

Ma con la discesa in campo dei vescovi si pone un grosso problema a cominciare dai parlamentari di Fratelli d’Italia, la cui stragrande maggioranza fonda il proprio elettorato sulle diverse comunità parrocchiali del proprio territorio; avranno voglia di andare allo scontro diretto? Tutti loro, ben conoscono la chiesa ed i suoi rappresentanti e sanno altrettanto bene che non hanno la memoria corta.

Se non faranno un velocissimo dietrofront fermando la legge nel secondo ramo del Parlamento possono dare addio al seggio parlamentare, pure a quello comunale, se vogliamo. E vedendo come si sono inchiodati alle poltrone non credo proprio che siano così sciocchi da credere di poter far fronte alla perdita del voto di opinione con le sole truppe cammellate.

Staremo a vedere. A domani.

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